La più votata alle regionali dell'Emilia-Romagna, con la lista Coraggiosa, racconta i prossimi obiettivi. «C’è un altro modo di fare politica, senza urlare slogan, senza aver paura di confrontarsi con le persone»

Elly Schlein
L’avanzata della destra che sembrava inarrestabile, si può fermare.

È questa la buona notizia che arriva dall’Emilia-Romagna e che può essere un segnale di speranza anche oltre i confini di questa regione.

Una bella vittoria di una coalizione ampia e plurale, con un riconoscimento forte anche a Stefano Bonaccini, che si può misurare nei tanti voti al solo candidato presidente e nel voto disgiunto.

Una parte del merito di questa vittoria va senz’altro alle meravigliose piazze spontanee e trasversali delle Sardine. Hanno cambiato il clima, aiutandoci a ritrovare un senso di comunità, dimostrando che se torniamo in piazza e ci stringiamo, siamo di più e più forti di chi ci vuole divisi. Oltre al numero di persone che hanno partecipato alle tante mobilitazioni, colpisce il fatto che si fermassero a margine delle piazze per salutarsi agitando la propria sardina di carta, per parlarsi. Per riconoscersi.

L’affluenza al voto è stata di trenta punti più alta delle scorse regionali del 2014, e in questo le mobilitazioni hanno avuto sicuramente un ruolo, insieme alla forte polarizzazione del dibattito che ha fatto capire quanto fosse alta la posta in gioco.

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Insomma, questa sfida non l’abbiamo vinta al centro, l’abbiamo vinta soprattutto perché si sono rimobilitate le persone che in questi anni avevano smesso di votare, o si erano rivolte altrove.

L’altra buona notizia è che la sinistra torna ad essere decisiva.

Siamo molto felici di aver contribuito a questa bella vittoria con un progetto innovativo, Emilia-Romagna Coraggiosa, l’unica lista di sinistra, ecologista e femminista all’interno della coalizione.

Un percorso che abbiamo costruito in un lungo giro di ascolto che ci ha portato in tutte le province per raccogliere proposte, bisogni e criticità, cercando l’equilibrio non semplice tra il mondo civico e associativo e le forze politiche che hanno sostenuto la lista mettendosi in gioco con generosità (Articolo Uno, Sinistra Italiana, È viva e il movimento transnazionale Diem 25 lanciato da Varoufakis).

Non era scontato che decidessimo di stare nella coalizione e sostenere Bonaccini, in questi anni abbiamo avuto motivi di rottura forte con il Partito democratico. Ma abbiamo fatto una scelta precisa e chiesto il sostegno con una doppia ambizione: contribuire a frenare una destra pericolosa, inefficace e bugiarda, ma anche condizionare le politiche future della regione.

Abbiamo tentato un’operazione nuova, culturale e politica insieme, riaggregando le forze attorno ad una visione condivisa del futuro, che desse risposte concrete alle grandi sfide su cui le persone si stanno mobilitando spontaneamente: la transizione ecologica e la lotta alle diseguaglianze, inscindibilmente connesse. Abbiamo scommesso su un nuovo patto intergenerazionale, creando sinergie tra culture politiche anche diverse, unendo un linguaggio nuovo all’esperienza di persone come Vasco Errani e Pierluigi Bersani che hanno fatto un pezzo di storia di questa regione. Siamo tornati a parlare di problemi concreti, abbiamo voluto uscire dai centri storici per andare nelle aree interne e dell’Appennino a chiederci, insieme a Fabrizio Barca, come rafforzare i servizi alle persone in quei luoghi che si sentono marginali e che temono di non essere più in grado di determinare il proprio futuro. Abbiamo affrontato di petto temi complessi, come quello dell’accoglienza, insieme a Pietro Bartolo, chiedendo più coraggio anche ai nostri alleati. Abbiamo riempito un teatro parlando di giustizia sociale e ambientale con lo sguardo fondamentale delle donne, insieme a Michela Murgia, Rossella Muroni, Annalisa Corrado, Marilena Grassadonia e Anna Falcone.

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E, soprattutto, abbiamo voluto costruire la lista in modo inedito, lasciando da parte ogni logica di partito, superando frammentazioni e personalismi, e individuando in ogni territorio le persone più credibili sulle battaglie sociali e ambientali, dei diritti e del lavoro. Una lista plurale e inclusiva che desse voce a tanti mondi che lavorano sul campo e che vivono discriminazioni sulla propria pelle, per costruire un piccolo spaccato della società. E abbiamo fatto un bel lavoro di squadra.

In una campagna difficile, di soli due mesi spezzati dalle feste natalizie, e con un simbolo nuovo siamo riusciti ad ottenere il 3,8 per cento dei consensi e due seggi che saranno determinanti per la nuova maggioranza nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Questo ci permetterà di essere decisivi nelle scelte future della regione, assicurando di realizzare le proposte su cui già abbiamo chiesto impegno a Stefano Bonaccini: un ambizioso Patto per il clima, da scrivere con tutte le parti sociali, per azzerare le emissioni climalteranti al 2050 e passare al 100 per cento di energie rinnovabili al 2035. Questo significa ad esempio un intervento di riforestazione per 4,5 milioni di nuovi alberi, efficientamento energetico delle strutture pubbliche, un grande piano contro il dissesto idrogeologico per dare lavoro di qualità nella cura del territorio, e il rafforzamento della rete del trasporto pubblico locale, rendendolo gratuito per i giovani per incentivare la mobilità sostenibile e aiutare le famiglie coi costi. Accanto al Patto per il clima, bisogna rinnovare il Patto per il lavoro siglato nel 2015 con il mondo produttivo e sindacale, che ha già prodotto buoni risultati. Perché anche se la disoccupazione è scesa, se si guarda oltre i dati, dentro a quel lavoro, si scopre che in questi anni di crisi è diventato più povero e più precario, e questo richiede risposte nuove.

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A tutto questo si aggiungono le 22.098 preferenze che mi sono arrivate, un risultato ben oltre le nostre aspettative e di cui sono enormemente riconoscente perché so che è il frutto di uno sforzo collettivo. Abbiamo chiesto alle persone che abbiamo incontrato in tre giri per tutte le province di prendersi un pezzo di responsabilità in questa importante sfida, aiutandoci a diffondere il nostro messaggio ed arrivare dove da soli non saremmo arrivati. E questo risultato mi fa piacere soprattutto perché dimostra che c’è un altro modo di fare politica, senza urlare slogan, senza aver paura di confrontarsi con le persone, anche e soprattutto quando sono arrabbiate, senza lasciare i social a Salvini e Meloni e stando davvero sul territorio. Pensate che regione straordinaria, l’Emilia-Romagna, in cui una figlia adottiva da quindici anni come me può risultare la più votata, nonostante questo cognome difficile. Perché questa è una regione che non ti chiede mai “da dove vieni?”, ma “che cosa possiamo fare qui, insieme?”.

È stata però anche una sconfitta di Salvini, che ha portato avanti una campagna aggressiva e prepotente, oscurando la sua candidata e dimostrando di non conoscere il territorio e il carattere di questa regione. Gli emiliano-romagnoli sono pragmatici e severi, non fanno sconti a nessuno, tantomeno ne hanno fatti in questi anni al Pd e alla sinistra.

Ma fare una campagna strumentalizzando intere comunità, cercando di dividerle per creare consenso, come accaduto a Bibbiano o al Pilastro, con il grave atto di citofonare per accusare un presunto spacciatore con telecamere al seguito, non ha pagato. Questo non vuol dire che il risultato della destra vada sottovalutato, resta impressionante in una regione come questa. E deve spingerci a lavorare con grande serietà e attenzione per affrontare le cause del disagio che si è fatto largo anche in una regione che funziona, ma in cui la crisi di questi anni ha aumentato le diseguaglianze sociali, economiche e territoriali. Un disagio che la Lega cavalca abilmente, senza però mai fornire risposte concrete. Salvini arriva, fa il comizio, fa due selfie e se ne va. Noi arriviamo col taccuino per ascoltare i problemi e provare a trovare soluzioni. È un altro modo di intendere la politica e la rappresentanza.

La visione che la destra ha proposto in questa campagna è una visione di chiusura, di intolleranza, di individualismo che nega alla radice quel che ha fatto la forza dell’Emilia-Romagna: la sua capacità di inclusione, di fare di diversità ricchezza, la consapevolezza che come comunità si cresce soltanto insieme, tendendo una mano a chi fa più fatica. Questo non deve farci dare nulla per scontato, perché di problemi e difficoltà ce ne sono e vanno affrontate. Ma come mi ha detto un ragazzo la notte della vittoria, «il tetto si ripara quando c’è il sole, non quando piove». E siamo qui per questo.