«Con la scusa del cane sta lì da stamattina», tuona Giorgio sotto la foto di un signore anziano, con mascherina e un labrador al guinzaglio. La foto l’ha scattata lui e poi l’ha postata sul gruppo Facebook di circa 300 persone “Segnalazioni per coronavirus”: uno dei tanti nati negli ultimi giorni sul social network per raccogliere scatti e denunce su persone che non starebbero rispettando gli inviti a restare a casa.
Giorgio, che sul suo profilo afferma di vivere a Rio de Janeiro ma scatta foto da Casoria nel napoletano, è uno dei tanti “vigili da balcone” che da un paio di settimane, complici le poche attività da svolgere in casa, hanno deciso di dedicarsi a immortalare h24 i comportamenti dei vicini e dirimpettai a uso e consumo degli utenti sui social. Un operaio che ripara un’insegna, una fila (a distanza di sicurezza) davanti a un negozio, gli immancabili runner: nessuno tra coloro che passa per la via davanti casa di Giorgio viene risparmiato dallo scatto della sua fotocamera.
Il sottobosco di pagine e gruppi del genere su Facebook è ampio e il loro numero in aumento. Quando diventano troppo grandi, allora anche i moderatori del social network si accorgono della loro esistenza e intervengono. “Segnalazioni coronavirus a piede libero”, altro gruppo dedicato esclusivamente alla delazione, dopo aver superato i millecinquecento utenti ed essere finito sui giornali online, è stato chiuso perché a quanto pare “viola gli standard di comunità”. Ma è come svuotare l’oceano con un secchiello: non c’è angolo dei social, dai profili privati alle pagine pubbliche, dai commenti ai post dei giornali locali ai messaggi a quelle dei politici, che sia immune alla ronda dei vigili da balcone.
Il termometro della situazione lo fornisce meglio di chiunque altro la pagina “Roma fa schifo”. Nata come blog nel 2009 per denunciare il degrado nella Capitale, è cresciuta grazie alle foto e ai video che immortalano i comportamenti incivili dei cittadini, accompagnati da commenti spesso al limite dell’hate speech. Da quando è iniziata l’emergenza Covid-19, le foto condivise con i suoi duecentomila follower hanno tutte un unico soggetto: i romani che non stanno in casa. Con casi eclatanti, come le folle che riempono i parchi per la corsetta della mattina e post dall’allarmismo decisamente non altrettanto giustificato. Uno scatto con due persone e un cane in piazza Navona (12mila metri quadrati di estensione ndr) e il commento: «E che non li porti i cuccioli a giocà?». O una madre con due figli in bicicletta apostrofati con «Aoh ma che nun ze ponno portà i pupi a fa un giro in bici? Machecazzovoi fattelicazzitua». Tutti salutati da decine di commenti feroci degli utenti, che augurano ai protagonisti degli scatti ogni tipo di male possibile, dal contrarre il coronavirus in sù. Ma la mutazione di Roma fa Schifo si vede in tutte le pagine simili: dove ieri si mandava la foto del cassonetto strapieno, oggi si manda quella del concittadino che è andato due volte in un giorno dal tabaccaio.
L’ansia da controllo dei social va avanti così: si identifica una categoria colpevole della pandemia e la si carica di tutti i mali. Moderni capri espiatori, questa sorte è toccata fino a oggi ai runner (ma non potete dentro casa?), ai proprietari di cani (ma quante volte deve farla?), a chi va a fare la spesa (non ci eri già andato ieri?). Una narrazione dell’untore che si costruisce su più livelli e viene rafforzata anche dalla pagine che fanno ironia con “meme” sulle categorie appena citate, accrescendo la percezione della loro centralità. La legittima preoccupazione di chi teme il contagio viene così incanalata ad arte tra una foto di denuncia, un appello a non uscire di casa e una vignetta divertente. Facile che poi dalla preoccupazione si passi alla rabbia e alla psicosi, come ha scoperto a sue spese una farmacista di Salerno di ritorno dal lavoro, accolta da una secchiata d’acqua da un vigile da balcone diventato vigilantes a distanza, che l’ha voluta punire perché ancora in giro per strada. E ora potrà vantarsene su Facebook.