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Cultura
aprile, 2020

Single disperati, coppie in crisi, sesso via Skype. L’amore soffocato dalla pandemia

"L'Amore ai tempi del Co...vid-19" di Tvboy
"L'Amore ai tempi del Co...vid-19" di Tvboy

Relazioni stabili che si sfasciano e altre che si rinforzano. Cene romantiche a distanza. Scambi di foto e pratiche in video. L’isolamento mette alla prova gli affari di cuore. E c’è chi riscopre il fascino dell’astinenza

"L'Amore ai tempi del Co...vid-19" di Tvboy

Nella guerra globale contro il Covid-19 esiste un fronte invisibile messo a dura prova dall’emergenza. Una galassia di donne e uomini coinvolti in relazioni sentimentali più o meno stabili, oppure abituati ad avere rapporti occasionali o extraconiugali. Coppie sposate, con figli o senza, inquadrate improvvisamente in un’organizzazione quotidiana militare.

Coppie lontane, in città e Paesi diversi per scelta e per lavoro, oppure in via di separazione, costrette a condividere lo stesso spazio per cause di forza maggiore e rinviare l’addio a data da destinarsi. Fidanzati che non riescono a frequentarsi se abitano in due quartieri della stessa città, che per senso di responsabilità decidono di non vedersi oppure trasgrediscono e rischiano la denuncia penale, magari mimetizzandosi di giorno tra la folla in fila per la spesa. Single abituati a una vita sociale intensa, anche virtuale, a conoscere partner diversi, spiazzati dall’improvvisa solitudine. Brevi distanze che diventano spazi infiniti, mentre per tutti lo spazio si restringe giorno dopo giorno.

Non è la prima linea, ovvio, ma l’amore e il sesso sono tra le vittime collaterali della pandemia. Se infatti non esiste alcuna evidenza che il coronavirus si trasmetta per via sessuale, si sa con certezza che passa attraverso la saliva. Anche un semplice bacio, quindi, può essere mezzo di contagio. «È un periodo molto complicato. La cartina di tornasole delle relazioni sentimentali ma anche il momento d’oro per la riscoperta di un’intimità monogamica», afferma Emmanuele A. Jannini, ordinario di Endocrinologia e Sessuologia medica dell’Università Tor Vergata di Roma, presidente dell’Accademia italiana della salute della coppia. Secondo il professore, per le coppie stabili la convivenza forzata, la clausura, presenta anche alcuni aspetti positivi: «Non è un momento di asessualità ma di riscoperta di un’intimità fatta anche di carezze, baci, sesso».

C’è chi prevede che, finita l’emergenza, assisteremo a un boom di nascite, ma anche di separazioni. Perché perfino le coppie più solide in questo periodo pagano un caro prezzo. E non è vero che le famiglie felici si somigliano tutte, come dimostra la storia di Andrea, 44 anni, farmacista a Spello, borgo medievale in Umbria. Un mestiere che, come altri in prima linea, lo espone al contatto con il pubblico. Sposato da nove anni con Maria, 39, tre figlie piccole e una quarta in arrivo.

«Qualche tempo fa ho avuto per due settimane i sintomi del coronavirus: febbre alta, difficoltà respiratoria, diarrea, dolori muscolari. La Asl mi ha fatto due tamponi e sono risultato negativo. In attesa della risposta mi sono chiuso in una stanza separata. Mia moglie è incinta, avevo paura di contagiarla», dice. Nel frattempo anche le bambine si sono ammalate, con febbre oltre i 40 gradi. Ora stanno tutti bene, Andrea ha ripreso a lavorare ma ha deciso di isolarsi di nuovo, anche in assenza di sintomi. «Sono tornato a non baciare mia moglie e non abbracciare le mie figlie. Quando torno a casa le saluto a voce, prima di lavare i vestiti, si tratta di una precauzione che preferisco adottare. Certo, è una situazione molto destabilizzante per la coppia, c’è il rischio di allontanarsi, di scontrarsi, ma da triatleta sono abituato a guardare oltre l’ostacolo», sottolinea il farmacista.

Per certi aspetti il coronavirus è come la livella, alcuni hanno detto. Se dal punto di vista sociale questa considerazione lascia il tempo che trova - le disuguaglianze purtroppo sono destinate ad accentuarsi - sotto il profilo sentimentale e sessuale l’emergenza contagia tutti in maniera trasversale, anche se alcune fasce della popolazione soffrono più di altre. Gli amanti, ad esempio. «Questo periodo metterà in crisi diverse relazioni extraconiugali che vivono di situazioni nascoste, tempi rubati alla quotidianità. Oggi non sono possibili: verranno messe alla prova, molte verranno meno», riflette Roberta Rossi, psicoterapeuta e sessuologa, presidente della Federazione italiana di sessuologia scientifica e autrice del saggio “Vengo prima io. Guida al piacere e all’orgasmo femminile” (Fabbri editore). Impegnata nel lavoro terapeutico (in queste settimane online), ragiona sulle situazioni più critiche. Come le donne che abitano con un marito violento, senza più occasione di uscire di casa per andare al lavoro e attenuare la tensione, oppure le persone in via di separazione che, «dopo aver elaborato, e in alcuni casi pregustato, la prospettiva che l’altro se ne vada, vedono tutto rimesso in discussione e temono di non riuscire a prendere la stessa decisione in un secondo momento».

Ci sono poi le relazioni a distanza, le coppie che non sono riuscite a ricongiungersi prima del lockdown, persone che abitano in città diverse, Paesi diversi, per scelta o per lavoro, travolte dall’emergenza e costrette alla lontananza. Anche in questo caso, il fenomeno è vasto e intergenerazionale.

Alberto, 57 anni, si è separato dalla moglie a novembre dopo 15 anni di matrimonio ed è andato a vivere da solo, a Milano. Su Facebook ha ritrovato Giulia, la sua prima fidanzatina, ex compagna di liceo. Non si sentivano da allora, lei oggi ha 54 anni, divorziata con due figli, e abita a Colmar, in Alsazia, tra le regioni francesi più colpite dal Covid-19. «Abbiamo iniziato a chattare, sono andato a trovarla e ci siamo rimessi insieme. Ci siamo visti tre volte, siamo molto innamorati. Poi è scoppiato il coronavirus e la vita ci ha separati di nuovo», dice Alberto, che racconta le sue giornate: «Ci sentiamo tutti i giorni su Skype, parliamo per ore. Ci diamo appuntamento a cena col pc ciascuno davanti, brindiamo con lo stesso vino. Qualche volta guardiamo in contemporanea lo stesso film o lo stesso tigì, con il telefono acceso per commentarli insieme. Ogni tanto facciamo l’amore in video, piangiamo, ridiamo, pensiamo a organizzare una vita insieme prima o poi, se questa cosa passerà».

Piani rinviati, speranze, riflessioni sul futuro. Fabrizio, 42 anni, abita a Edimburgo, in Scozia, dove ha un ottimo lavoro. Da luglio ha una relazione con Marta, 38 anni, che risiede a Roma. Nei mesi scorsi si sono frequentati spesso, nelle due città, poi a maggio Fabrizio avrebbe dovuto trasferirsi nella capitale per l’estate, lavorando a distanza. «È saltato tutto, da metà febbraio non torno in Italia. Abbiamo deciso di non viaggiare per senso di responsabilità», sottolinea Fabrizio, che aggiunge: «La nostra relazione è forte, la lontananza non è un grande problema. Certo, mi sono reso conto di quanto mi manca Marta anche dal punto di vista sessuale, ma cerchiamo di restare connessi mentalmente». Come tanti connazionali nel Regno Unito, Fabrizio è rimasto molto colpito dal discorso iniziale sull’immunità di gregge pronunciato dal premier britannico Boris Johnson, prima di invertire la rotta e sancire il lockdown. «Le sue parole mi hanno scioccato. All’improvviso ho realizzato la distanza tra la nostra cultura, cristiano-cattolica, e quella del Paese in cui vivo, calvinista, che non mette la salute al primo posto. Io e tanti colleghi italiani ci siamo domandati: “Vogliamo far crescere qui i nostri figli?”. Questo Paese mi ha dato molto ma prenderò in considerazione l’idea di tornare in Italia. Salute e vita privata valgono di più».

Per molti, in particolare i millennial e i loro fratelli minori, l’assenza si riempie con la tecnologia, le app che consentono chat, videochiamate, scambio di immagini erotiche, file audio e video. Livia, 30 anni, abita a Cagliari insieme a tre coinquilini, due ragazze un ragazzo, un cane e un gatto. Lei e Patrick, suo coetaneo originario del Gabon, si sono incontrati a Parigi e hanno cominciato a frequentarsi, una relazione sentimentale e sessuale «aperta da sempre, non esclusiva. Fino alla “quarantena” avevo rapporti con altri e lui con altre. Adesso è impossibile, non li cerco neanche», dice.

Ora anche Patrick è isolato in Francia, dopo il “confinement” deciso dal governo transalpino. «Facciamo sexting, scambiamo foto intime accompagnate da messaggi spinti che stimolano la fantasia. Gli rivelo i miei desideri sessuali e lui a me, facciamo sesso orale e altre pratiche erotiche. Poi c’è l’autoerotismo, non ci trovo nulla di male, per molte donne resta un tabù. Il sesso è un bisogno fisiologico, dovrebbe rientrare fra i beni di prima necessità», aggiunge Livia. Con il passare dei giorni il loro rapporto si è evoluto in qualcosa di nuovo. «Ci sentiamo prima di andare a dormire, mi rivolgo a lui se ho un problema, tra noi c’è attesa, proiezione nel futuro», conclude.

A detta degli esperti, ai tempi della pandemia i single rientrano nelle fasce più fragili. Disorientati, costretti all’isolamento, in difficoltà perché tra le altre cose anche le app per rimorchiare diventano inutili o quasi. Oppure, come si è visto con Tinder, si trasformano in un canale per avere informazioni di prima mano dai luoghi più colpiti dalla pandemia. «I single sono le principali vittime sentimentali del Covid-19 e la loro sessualità, dal punto di vista scientifico, è un campo di esplorazione nuovo», dice il professor Jannini, che sulle app e i social destinati agli incontri sessuali ha scritto un articolo pubblicato sulla rivista specialistica Sexual Medicine Reviews. «Al contrario del maschio, che parte in genere da istinti sessuali elementari, la donna per natura coltiva sovente la speranza che, a una notte di buon sesso, possa seguire una felice relazione anche sentimentale», afferma il sessuologo.

Per gli utenti delle app di incontri il gioco si è fatto duro. Giuseppe, 31 anni, avvocato, segue un master a Roma e utilizza Tinder e Inner Circle in maniera sistematica, a suo dire con grande successo. Da quando è rientrato a Messina dove abitano i genitori e la sorella, alla vigilia del provvedimento del governo che ha vietato gli spostamenti, tutto è cambiato. «È un fatto statistico: a Roma gli incontri sono più facili, ci sono milioni di utenti fra turiste e persone del posto, qui in Sicilia molto meno», dice, poi aggiunge: «La situazione è complicatissima, dal punto di vista mentale e logistico: sullo smartphone potrei impostare la geolocalizzazione nella capitale anche se non è vero, prendere contatti e poi approfondire dopo l’emergenza. Diciamo che potrei fare la semina, non l’ho ancora fatto ma non lo escludo». Malgrado le restrizioni Giuseppe ha continuato ad avere rapporti con una ragazza conosciuta nella città siciliana, poi lei si è tirata indietro per paura di essere denunciata. «La capisco, mi rendo conto che la situazione è grave, ma il problema resta. Fare l’amore risolverebbe parecchi problemi», aggiunge Giuseppe.

È abituato ad avere partner occasionali anche Nino, 38 anni, residente a Roma. Utente di Grindr, la app usata nella comunità gay che segnala gli utenti disponibili nelle vicinanze, anche lui è rimasto spiazzato dall’emergenza. «A gennaio avevo cominciato a frequentare un ragazzo, Marco. Poi da un giorno all’altro, quando è scoppiata l’emergenza coronavirus, è tornato nelle Marche dalla famiglia e non ci siamo più visti. Ora ci sentiamo, parliamo, ci scriviamo quasi tutti i giorni», dice Nino, che sostiene di non aver paura della solitudine. «Non saprei classificare il nostro rapporto, che forse non è mai nato. È strano, come stare nel limbo, ma non sono troppo in ansia», conclude con apparente distacco, quasi con nonchalance, mentre si affretta a rincasare con le buste della spesa. Poi si lascia sfuggure: «In realtà non vedo l’ora di tornare alla normalità». Già, la normalità. Di solito snobbata, quasi disprezzata, questa parola non ha mai avuto tanto fascino.

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