Nell'inchiesta sulla 'ndrangheta nella città scaligera emergono dettagli che riguardano l'attuale primo cittadino Federico Sboarina (non indagato) e il suo predecessore, indagato per concorso in peculato. Entrambi si sono rivolti a un'agenzia di investigazioni per problemi diversi, ma molto delicati
Verona non va associata alla mafia, si è affrettato a dichiarare il sindaco Federico Sboarina, dopo i 26 arresti tra colletti bianchi, manager e personaggi affiliati alla 'ndrangheta. Sarà, ma quel che è emerso nell'inchiesta “Isola Scaligera” della procura antimafia di Venezia e del servizio centrale operativo della polizia è la conferma che
la città ha un suo lato oscuro, poco raccontato, molto frequentato dagli emissari dei clan della 'ndrangheta. Il nome di Sboarina spunta negli atti di indagine, ma non è indagato. Avrebbe incaricato un'agenzia di investigazione per verificare la presenza di microspie negli uffici del Comune. La stessa agenzia a cui si è rivolto l'ex sindaco Flavio Tosi per altre questioni. Ma andiamo con ordine.
L'Espresso nel 2015 aveva rivelato i contatti delle cosche calabresi di stanza in Emilia e Veneto con l'industriale Moreno Nicolis e Flavio Tosi, l'ex sindaco della Lega (poi uscito dal partito di Matteo Salvini) ora indagato nell'indagine sulla 'ndrangheta veronese, che coinvolge i vertici della municipalizzata de rifiuti Aima.
A Tosi i pm non contestano reati collegati alla mafia, ma il concorso in peculato in relazione alla distrazione da parte dell'ex presidente della municipalizzata dei rifiuti Amia, Andrea Miglioranzi di una somma «non inferiore a 5.000 euro» per pagare la fattura di un'agenzia di investigazioni privata, su prestazioni in realtà mai eseguite in favore di Amia, ma nell'interesse di Tosi. il denaro, tra l'altro, è stato consegnato, si legge negli atti, con la fascetta “Verona Fiere”. Altra società collegata all'amministrazione di cui il Comune detiene quasi il 40 per cento delle quote.
Nelle intercettazioni emerge come
Tosi fosse interessato a capire di più su alcuni fatti che lo riguardavano: «Veneta investigazioni ha ricevuto un incarico da Flavio Tosi affinché si occupi di accertare alcuni fatti, forse legati ad alcune fotografie, ma che le ricerche non stanno dando gli esiti sperati», si legge nell'ordinanza di custodia cautelare del gip del tribunale. Ma non c'è solo l'ex sindaco che si sarebbe rivolto all'agenzia di investigazione per risolvere grane private. Anche l'attuale Federico Sboarina, secondo quanto si legge negli atti dell'indagine, avrebbe chiesto alla stessa agenzia di “bonificar" gli uffici comunali, in pratica avrebbero dovuto verificare la presenza di microspie. Il motivo di tanta preoccupazione è ignoto. In una nota inviata all'Espresso dopo la pubblicazione dell'articolo, il sindaco smentisce di aver dato incarico a società per la bonifica di cimici (
qui la replica del sindaco Sboarina e la nostra risposta)
Il boss della 'ndrangheta al centro dell'inchiesta è Antonio Gardino detto "Totareddu", vicino alla cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, provincia di Crotone. Di Tosi era emerso anche in passato la vicinanza ad alcuni imprenditori legati a uomini dei clan di 'ndrangheta. Su L'Espresso avevamo rivelato ormai cinque anni fa un pranzo particolare: «Mi sono incontrato con il sindaco e il vice sindaco di Verona, con Tosi e coso, e ancora stanno mangiando, lì da Moreno, sotto in taverna», riferiva un uomo della 'ndrangheta crotonese, parole agli atti della maxi inchiesta Aemilia sulla 'ndrangheta emiliana. Il braccio destro del boss dell'epoca si chiama Antonio Gualtieri, e raccontava,
come già rivelato dall'Espresso, del pranzo a casa dell'industriale veronese del ferro, Moreno Nicolis alla presenza di Tosi: «Mi sono incontrato con il sindaco e il vice sindaco di Verona, con Tosi e coso, e ancora stanno mangiando, lì da Moreno, sotto in taverna».
Raccontavamo anche di
un tentativo di speculazione edilizia. Tra i documenti in mano agli inquirenti infatti c'erano una serie di dialoghi in cui una donna fa riferimento all'area di Borgo Roma «vicino alla Glaxo», la multinazionale farmaceutica. E spiega che «Nicolis voleva barattare l'informazione del fallimento della Rizzi Costruzioni con il sindaco di Verona Flavio Tosi, in cambio della variazione sul piano regolatore di alcuni terreni destinati a costruzioni industriali, posti nei pressi della ditta Glaxo, in area commerciale». Di certo,
da quanto risulta all'Espresso la variante alla fine è stata fatta: la conferma, appunto, è nel piano degli interventi approvato dalla giunta di Tosi e dell'allora assessore Vito Giacino.
Insomma, vecchie ombre di cinque anni fa. Mai chiarite. Che diventano ancora più cupe ora, con ques'ultima indagine sulla città di Romeo e Giulietta.
Aggiornamento 9 giugno:
La replica di Sboarina e la nostra risposta