Oggi, dopo qualche giorno di tregua speso a seguire il caso di cronaca nera e il gossip (che a quanto pare devono dominare le prime pagine estive), dopo aver malamente archiviato, almeno nei discorsi pubblici, ciò che è accaduto alla caserma dei carabinieri di Piacenza e all’interno del carcere di Torino, è tornata la caccia agli untori che sono: 1) gli immigrati; 2) i ragazzi che frequentano discoteche; 3) chi per le vacanze è andato all’estero.
Non mi produrrò in alcuna difesa di queste categorie perché già c’è chi le difende o le criminalizza per racimolare una manciata di voti. Ma d’altro canto mi domando come sia possibile dare risposte granitiche sull’origine dei nuovi contagi - che ci sono e con i quali dobbiamo fare i conti - se non esiste ancora in Italia alcuna mappatura della popolazione. Non sono stati fatti tamponi a tappeto e, del resto, a leggere tra le righe, quando aumentano i tamponi eseguiti, aumentano anche i contagi, a prescindere dalle categorie di individui esaminati. Non vengono fatti i sierologici e le comunicazioni che la politica fa sono confuse e fuorvianti. Dagli ospedali campani lamentano la scarsa comprensione da parte delle persone dei comunicati diramati dalla Regione. Turisti con i trolley sono andati in ospedale direttamente dall’aeroporto - dicono - correndo il rischio di contagiare, se infetti, le persone in coda con loro.
Se il presidente De Luca annuncia che prevederà quarantena e (forse) tamponi per chi viene dall’estero (da qualunque estero, così da surclassare tutti i suoi colleghi governatori che hanno disposto tamponi e quarantena solo per viaggiatori provenienti dai paesi dove il rischio contagio si è dimostrato maggiore) e se quelle stesse persone, partite quando non c’erano restrizioni, devono rientrare al lavoro perché se non lavorano non guadagnano, che alternative hanno?
Credo ben poche, e pretendere che la sanità pubblica chiarisca subito le loro condizioni di salute senza bloccare in casa chi non può permettersi di essere inattivo e quindi improduttivo, sia un diritto a fronte di una politica che comunica troppo e spesso senza prima verificare le effettive capacità del sistema sanitario.
Ma dove tutto è determinato da strategie elettorali, dove tutto è deciso dalla politica, è normale che a farne le spese sia il cittadino comune. Come può un dirigente ospedaliero criticare una comunicazione fatta da quegli stessi politici da cui la propria carriera dipende? Più semplice e indolore prendersela con l’anonimo cittadino che, al cospetto dell’inefficienza dello Stato, cerca la via più breve per poter tornare al lavoro.
Stiamo per affrontare una sfida difficile quanto quella che ci siamo lasciati alle spalle, forse addirittura più drammatica perché ora sappiamo esattamente ciò che ci aspetta. Il mio invito alla politica è a fidarsi delle persone, a rispettarle, per evitare che, in una fase tanto delicata come questa, siano loro a perdere fiducia nelle direttive che devono essere concordate a livello nazionale, che devono essere ragionevoli e rispettose dei cittadini. E che, soprattutto, devono tenere conto delle reali possibilità di azione, senza scadere in una eterna smargiassata.