A New York il razzismo è una “crisi sanitaria pubblica”
La commissione della città ha votato la risoluzione. «Mentre continuiamo a combattere il Covid non dobbiamo smettere di lottare per una trasformazione concreta di un sistema che ha sempre tradito le aspettative della comunità di colore»
“Per costruire una New York più sana dobbiamo considerare il razzismo come una crisi sanitaria pubblica. La pandemia ha ingigantito le diseguaglianze, diffondendo una sofferenza sproporzionata nelle comunità di colore non solo della nostra città, ma dell’intera nazione. Queste diseguaglianze, però, non sono inevitabili, per questo considero storica la decisione di questa commissione di riconoscere ufficialmente questa crisi e, dunque, la necessità di agire per la sua risoluzione”. Dave A. Chokshi, presidente della New York City Board of Health, commenta con palese soddisfazione il voto che, qualche giorno, fa ha permesso alla città di New York di seguire le orme di altri stati e municipi che hanno stabilito formalmente lo stesso principio. La differenza, nel caso di New York, è tuttavia importante e sostanziale: non ci si limita, infatti, in questo caso, alla presa d’atto di un fatto incontrovertibile e colpevolmente ignorato per troppo tempo, ma si danno indicazioni precise sulle azioni che dovranno essere intraprese per puntare alla risoluzione della crisi. Non si tratta, è chiaro, di una trasformazione realizzabile in poco tempo, ma di un percorso preciso e dettagliato che include, fra l’altro, investimenti significativi nell’istruzione, nel trasporto pubblico, nelle abitazioni e, naturalmente, nel servizio sanitario.
“Il Covid ha devastato le nostre comunità - ha detto il presidente del Distretto del Bronx, Ruben Diaz - perché continuiamo a pagare il prezzo di un sistema sanitario non equilibrato. Per questo, mentre continuiamo a combattere questa pandemia che ha cambiato in maniera definitiva il nostro modo di affrontare la quotidianità, dobbiamo continuare a batterci per una trasformazione concreta di un sistema che ha sempre tradito le aspettative della comunità di colore”.
La disparità nell'accesso alla sanità pubblica influisce non solo su come viene trattato il Covid, ma anche sull'incidenza di patologie come il diabete, che ne complicano il decorso clinico. I lavoratori neri, poi, tendono ad essere impiegati in settori dove i salari sono più bassi, è spesso impossibile lavorare in smart working e il distanziamento sociale è complicato.
La New York City Board of Health, fondata nel 1793 per gestire l’epidemia di febbre gialla, ha sempre fornito un supporto importante per evidenziare le connessioni fra le emergenze della salute pubblica e i fattori ambientali. “Le condizioni mediche preesistenti - ha spiegato Chokshi - giocano indubbiamente un ruolo fondamentale. Ma perché si registrano indici più alti di ipertensione, diabete e obesità nelle comunità di colore? La risposta non va ricercata nella biologia, ma in fattori strutturali e ambientali come il taglio degli investimenti, la discriminazione e la disinformazione che, insieme, fanno sì che il peso più grande di queste patologie ricada in maniera sproporzionata sulle comunità di colore”.
Nell’ultimo anno, e soprattutto in seguito all’omicidio di George Floyd, sono stati 75 i dipartimenti di sanità, 100 le città e una decina gli Stati che hanno preso posizioni simili, aprendo la strada a una prospettiva completamente diversa nell’analisi dell’impatto del razzismo sulla salute pubblica. “Sono decenni - ha commentato Kassandra Frederique, direttore esecutivo della Drug Policy Alliance - che osserviamo direttamente i danni terribili causati dal razzismo: aumento incontrollabile delle morti per overdose fra neri e latini; politiche antidroga razziste che hanno distrutto comunità e dato il via libera alla violenza della polizia e forme di criminalizzazione che hanno portato a profondissime discriminazioni nell’ambito abitativo, nell’impiego, nel benessere dei bambini e in molti altri aspetti della quotidianità. Gli effetti del razzismo sulla salute pubblica sono stati catastrofici e le disparità sono state sotto gli occhi di tutti per decenni. Prenderne atto è sicuramente un passaggio importante, un punto di partenza significativo, ma non certo un punto di arrivo”