Politica
Il ddl Zan è morto: l’Italia resta senza una legge contro l’omotransfobia
Il Senato approva la tagliola: con il voto segreto tanti eletti nel centrosinistra votano come la destra. Cronaca di una giornata che ha visto ancora una volta il nostro Paese incapace di votare una norma a tutela delle persone Lgbt
Alessandro Zan, il padre della legge contro l’omotransfobia, segue dalla presidenza del Partito Democratico il voto. Da solo. Sul tavolo tazzine di caffè vuote e fogli sparsi, sono i conti di una serata passata al pallottoliere: chi sostiene il testo e chi voterà per la “tagliola”, quindi lo stop alla legge. L’incognita pende sugli ex colleghi di partito cioè Italia Viva, su parte del Misto, sul M5s. Nessuno si fida di nessuno. È un momento: si vince o si perde.
«Sulla carta si vince: 143 loro, 146 noi se Italia Viva vota». Lo ripetono per tutta la mattinata. Lo schiaffo che arriva verso le 13:40 però è dei più pesanti. Sentire le parole di Casellati è come una litania, «154 voti a favore. 132 contrari». Si perde. «Che sberla» commenta a denti stretti Elena Botto, ex M5s oggi Misto. Sono 23 i voti di scarto. Le previsioni erano sbagliate. Adesso si guarda ai numeri sul tabellone che segnano l’autopsia della legge contro l’omotransfobia, morta ancora una volta, in un copione che si ripete da 25 anni. Qui però al Senato è arrivata, «è già qualcosa» si consola un deputato di LeU. Al Transatlantico: mute, a testa bassa, sfilano la senatrice del Pd Monica Cirinnà, Barbara Masini, senatrice di Forza Italia fresca di coming out. E poi Alessandra Maiorino, senatrice del M5s. Un ballo triste. Mentre La Russa alla buvette festeggia la riuscita della sua tagliola: «Non comanda mica la Cirinnà», ride.
La giornata era iniziata in ufficio presidenza Pd. Pallottoliere alla mano, i voti ci sono. Se Italia Viva tiene. «Non conviene a Renzi - ragiona un senatore - la gente ha capito e andrà contro di lui». Calderoli in sala buvette fa i conti a mente: se votiamo entro le 12 è fatta. La legge è appesa all’orologio. Lo pensano anche dentro il Pd e dentro il M5s: se si vota dopo le 14 o alle 17 tutto cambia. Tutto. I leghisti saranno meno, i voti si riducono. Ma a ridursi ore dopo ore sono i voti che dovrebbero salvare il ddl: mancano i senatori Elena Fattori (SI) e Matteo Mantero (Potere al popolo). In Italia Viva mancano Ernesto Magorno, Gisella Vono, Nadia Ginetti. Il colpo d’occhio però è su Matteo Renzi, occupato in Arabia Saudita insieme al principe Bin Salman per un evento del FII Institute, la fondazione nel cui board siede proprio l’ex premier.
Nel Pd erano solo due gli assenti (Tommaso Cerno e Gianni Marilotti). Quattro nel MoVimento Cinquestelle. «Forse non ce la facciamo», commenta un senatore a metà mattinata. A metà mattinata emerge anche una possibilità. Un precedente: La tagliola sul ddl Zan si potrebbe votare con voto palese. È stato già fatto approfittando dell’art.113, comma 5 del regolamento: “Se la decisione della Presidente viene contestata, la Presidente può ove creda, convocare la giunta per il regolamento per rivedere la decisione”. Ma è un’illusione: slitterebbe domani. Meglio andare subito al voto.
La discussione è la sintesi di tutto ciò che è stato ripetuto sul ddl Zan negli ultimi due anni. Romeo, capogruppo della Lega, interviene con a fianco Matteo Salvini che annuisce: «Bisogna dare ai bambini il tempo necessario per essere ciò che vogliono. Si vuole obbligare i bambini a cambiare sesso». Quagliarello interviene a nome del suo gruppo Idea-Cambiamo: cita la biologia, il gender, l'identità di genere: «Il diritto all'autopercezione vanifica le lotte femministe. Atleti uomini che gareggiano con le donne e uomini che entrano nel braccio rosa delle carceri». Ronzulli di Forza Italia, urla: «Se volete imporre ai bambini di 3 anni le teorie gender fluid siamo qui per impedirlo. Non lo voteremo mai». La Russa di Fratelli d’Italia mette le mani avanti: «Per tanti anni mi sono sentito molto discriminato e non per motivi di sesso e religione ma appartenenza politica. E quindi sono molto sensibile alle discriminazioni. Ma il ddl Zan è un tentativo surrettizio di introdurre un pensiero unico». Calderoli, maestro di regolamenti parlamentari, spiega la tagliola: «Piuttosto che fare un mostro giuridico e piuttosto che fare porcata ed io di porcate me ne intendo. Fermiamoci oggi. Non è una bocciatura. Da una legge si può partire domani a esaminare un testo vero. Meglio uno stop oggi che un ahimè domani». Davide Faraone, a nome di Italia Viva annuncia voto contrario. Ma qualcosa non torna a fine mattinata. Il ddl non passa e lo scarto è enorme. «Giuda era uno. Qui c’è stata la fila, col numeretto in mano», commenta una senatore del Partito Democratico.
Monica Cirinnà non vuole commentare i numeri: «Migliaia di persone senza diritti - sospira - questo è il risultato della votazione risponderanno i 154 senatori. L’Italia si allinea di fatto all’Ungheria e la alla Polonia». Paola Binetti si presenta al transatlantico sorridente sotto la mascherina bianca: «È stato un gesto di libertà. Sa, non mi aspettavo che Letta assumesse tutte le posizioni radicali che ha assunto: questa legge, l’eutanasia, droghe libere. Ricordavo un’immagine diversa. Adesso sarà capace di ascoltare meglio la sensibilità del parlamento». Barbara Masini, senatrice di Forza Italia dichiaratamente lesbica è invece visibilmente delusa, accerchiata dai giornalisti sospira: «Non si sono trovati i punti di incontro necessari e si è andati in Aula. Ma ho votato in dissenso con il mio gruppo».
In Aula ha dovuto ascoltare la collega Licia Ronzulli che associava al ddl Zan il rischio di insegnare ai bambini di 3 anni a diventare gender-fluid: «Non condivido. Ma dentro Forza Italia si è aperta una sensibilità. C’è tanto lavoro da fare». Alessandra Maiorino, senatrice del M5s che per mesi ha girato tra le associazioni Lgbt e i Pride, risponde a Maria Elena Boschi («L’arroganza di Cinque stelle e Pd ha prodotto una sconfitta incredibile»): «I numeri sono schiaccianti - sospira Maiorino - e ci dicono qualcosa. Italia Viva continua a barcamenarsi in una posizione in cui si è infilata. Se si fosse limitata a votarla anche al Senato non saremmo arrivati a questo punto». Hanno tutti votato nel M5s: «Abbiamo tenuto», commenta. Il ddl Zan è morto. Si apre il tempo della paura, dei sospetti, delle vendette.
Davide Faraone è di fretta, in sala stampa sorride e accelera il passo. «Devo scappare a pranzo». E l’assenza del leader di Italia Viva? «Renzi è un perseguitato da parte vostra. Appassiona solo voi». Il centrodestra è un perimetro politico? «No purtroppo no. Ma a vedere l’amarezza per una legge che non c’è». È tardi il ristorante chiude. Faraone si dilegua.
Restano a fine giornata le parole di Alessandro Zan, serissimo e vestito di nero: «Una forza politica si è sfilata e ha flirtato con la destra sovranista solo per un gioco legato alla partita del Quirinale. Una battuta d'arresto che comunque non ci ferma è solo momentanea». Una legge nuova potrebbe riprendere tra sei mesi, dicono. Ma nessuno ci crede più. Oggi è soltanto il giorno del cordoglio per la comunità Lgbt che neanche ha deciso di organizzare sit-in o proteste. L’Italia resta senza una legge contro l’omotransfobia come succede ormai da venticinque anni. Oggi venticinque anni più uno.