Secondo una ricerca internazionale coordinata dal dipartimento di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma, le lavoratrici precarie sono più esposte alle molestie sessuali. La storia di Lara è una tra le tante che ci sono arrivate: continuate a scriverci

«Lavoravo come assistente alla poltrona in uno studio dentistico, facevo affiancamento ad una ragazza che se ne stava per andare. Soltanto dopo ho capito il perché» scrive Lara a #lavoromolesto, lo spazio anonimo di denuncia a cui, con Cgil Piemonte e Umbria, abbiamo dato vita per raccogliere le storie di violenze subite dalle donne in azienda, in ufficio, in fabbrica, durante l’orario di lavoro. Con l’obiettivo di dare forma a una nuova normalità in cui nessuna è più vittima.

 

 

«Il capo era molto invadente. - continua Lara - Un giorno sono rimasta da sola nello studio e si è avvicinato a me furtivamente. Non avevo idea di che cosa stesse per fare, così lo guardavo con aria perplessa, interrogativa. Ha fatto come per salutarmi, perché stava per uscire, e, invece, mi ha dato un bacio a stampo sulla bocca. Poi è corso via senza lasciarmi il modo di reagire o replicare». Il giorno dopo Lara va al lavoro con l’intenzione di parlare con il suo capo. Quello che è accaduto per lei è inammissibile. Lo affronta subito, diretta, senza giri di parole, un attimo dopo essere entrata. Lui sembra capire, non si scusa ma lascia intendere che niente di simile si sarebbe più ripetuto.

Passa una settimana. Tutto normale finché il capo non chiede a Lara di raggiungerlo nel suo ufficio. «Dovevo visionare dei nuovi materiali che erano arrivati in studio. Non mi ha neanche lasciato il tempo di entrare. Appena ho aperto la porta della sua stanza, ha preso le mie mani e stretto talmente forte che, per qualche secondo, non ho saputo come liberarmi. Mi tirava, mi schiacciava contro il suo corpo perché voleva che percepissi la sua eccitazione». Lara riesce rompere la presa. Si sgancia dalla stretta viscida di lui, si allontana. Va su tutte le furie ma poi, ancora una volta, passata la rabbia, si fida. Crede al capo quando le dice che non sarebbe successo di nuovo.

E, invece, qualche giorno dopo, mentre si stava cambiando, alla fine del turno, lui entra nello spogliatoio. «Spinge la porta e mi dice “perché non ci cambiamo insieme?” Riesco a malapena uscire in tempo». Trascorrono pochi secondi, neanche quelli necessari a prendere coscienza della situazione e Lara capisce che c’è qualcuno alle sue spalle. «Mi giro e vedo che ha il membro fuori dai pantaloni, mentre mi chiede di fare sesso. Scioccata non rispondo e scappo a casa. Dal giorno successivo una nuova ragazza ha iniziato affiancarmi durante i turni, pronta a sostituirmi nel lavoro». Lara non ha mai denunciato e per questo si sente in colpa, soprattutto perché suppone che quanto successo a lei potrebbe essere accaduto anche ad altre lavoratrici dello stesso studio.

Secondo una ricerca internazionale effettuata in 33 paesi europei, su un campione di oltre 60 mila lavoratori, coordinata dal Dipartimento di Psicologia della Università Sapienza di Roma, chi ha un impiego precario è più esposto, sul posto di lavoro, a comportamenti sessuali indesiderati e alle molestie, rispetto ai colleghi che hanno un impiego stabile. Le donne riportano di essere state oggetto di molestie sessuali con una frequenza tre volte maggiore degli uomini. In particolare, il rischio di violenza si alza, sia per gli uomini sia per le donne, quando il precariato è associato all’imprevedibilità degli orari e al fatto che i lavoratori debbano svolgere più incarichi contemporaneamente.

«La precarietà si accompagna quasi sempre a un rischio maggiore di perdita del lavoro - spiega Claudio Barbaranelli, uno dei professori di psicologia che ha realizzato la ricerca - per questo, il lavoratore può avere più esitazioni a denunciare le molestie sessuali, proprio per paura di perdere il posto. Inoltre, il livello più elevato di flessibilità e di turnover nel lavoro precario portano a un più alto grado di anonimato e al minor pericolo di essere scoperti in caso di molestie. Infatti, se la vittima è un dipendente precario o a tempo determinato, l’attuazione di molestie sessuali potrebbe essere percepita come meno rischiosa da parte del perpetratore».