l’anniversario
Ei fu. E Napoleone invade le librerie
A 200 anni dalla sua morte, l’editoria celebra il condottiero francese con numerose nuove uscite. Uno sguardo ampio e approfondito su una delle figure più dibattute della storia
Prodigiosa ma allo stesso tempo controversa. Si potrebbe descrivere così la storia del più famoso politico e generale francese, fondatore del Primo Impero di Francia e protagonista della prima fase della storia contemporanea europea, conosciuta proprio come età napoleonica.
Stiamo parlando di Napoleone Bonaparte di cui ricorre, il 5 maggio, il 200esimo anniversario della morte. E mentre nel mondo critici e studiosi si dividono sulla correttezza o meno di celebrare una simile ricorrenza, gli scaffali delle librerie si riempiono di scritti a lui dedicati.
«Gli anni che precedono l’Impero sono quelli in cui si snodò la parte più importante e più significativa della vicenda storica e politica dell’uomo. L’Impero mi sembra il segno di una perdita delle proporzioni, un passo all’indietro sulla strada della modernità, il prodotto, stavolta però posticcio e mal riuscito, della proverbiale capacità di Bonaparte di tenere assieme le posizioni più disparate, per non dire contrapposte». È lo sguardo critico con cui Antonino De Francesco racconta le gesta politiche del condottiero francese nel suo libro “Il naufrago e il dominatore. Vita politica di Napoleone Bonaparte”, edito da Neri Pozza e da poco arrivato in libreria: «La vita politica dell’uomo che più di ogni altro visse la rivoluzione e che di questa fu alla volta il naufrago e il dominatore».
Uno sguardo attento e scrupoloso che indaga le vicende umane e politiche del generale còrso, patriota devoto alla sua isola nativa ma allo stesso tempo abile e spregiudicato conquistatore, protagonista di quel periodo a cavallo tra il XVIII e XIX secolo che lo consacrò imperatore dei francesi e poi re d’Italia. Un racconto approfondito che, a 200 anni dalla morte, indaga una figura severa e rivoluzionaria, dall'orizzonte politico-ideologico ben definito, che la guidò nel suo cammino di condottiero durante tutta la sua vita.
L’incoronazione a re di Francia, avvenuta il 2 dicembre 1804 nella Cattedrale parigina di Notre-Dame, stabilì poi un profondo legame tra il sovrano e la popolazione francese e sancì la nascita di uno Stato nazionale che prendeva le distanze dal vecchio sistema feudale, come ricorda il saggio, «a conferma che il titolo, non a caso poi passato per plebiscito, derivava soltanto dalla volontà generale della nazione e manteneva dunque uno stretto nesso con il portato della cultura politica rivoluzionaria».
Ma le prodezze da dominatore, dopo qualche anno cedettero il passo alla solitudine da naufrago. Nel 1815, a seguito della sconfitta nella battaglia di Waterloo, Napoleone fu confinato sull’isola di Sant’Elena: «Il posto più isolato, più irraggiungibile, più difficile da attaccare, il più povero, il più insocievole e il più caro del mondo», come scriveva in uno dei suoi “Rapporti” il marchese di Montchenu, il commissario francese incaricato di sorvegliare la corretta esecuzione degli accordi presi durante il Congresso di Vienna, per la Restaurazione dell’Europa.
È la vita a metà, tra ospite e prigioniero, che racconta Luigi Mascilli Migliorini in “L’ultima stanza di Napoleone. Memorie di Sant’Elena”, per Salerno Editrice, uscito il 29 aprile. Un racconto degli ultimi giorni di vita del condottiero francese che nella solitudine di Longwood House, perennemente sorvegliata dai suoi guardiani, diventa un uomo introspettivo, capace di riflettere sulla sua vita e sul suo spazio interiore, ben più ridotto dei vasti terreni a cui era abituato nelle sue imprese: «I primi mesi a Longwood House furono i più sereni trascorsi da Napoleone a Sant’Elena. Era riuscito a trovare un equilibrio, incerto, doloroso, ma pur sempre un equilibrio. Era stato molto più difficile, ma aveva ritrovato, come all’Elba, la felicità possibile». Una felicità tuttavia effimera, compromessa dall’arrivo del «determinato» governatore Hudson Lowe, «senza il quale non sarebbe stato possibile fare, per un verso, degli anni di Sant’Elena l’archetipo moderno di un antico calvario», che lo porta ad abbandonarsi definitivamente, sopraffatto dalla malattia, alla sua “ultima stanza”.
E la morte di Napoleone viene anche raccontata nel saggio “Ei fu. La morte di Napoleone” di Vittorio Criscuolo, anch’esso appena pubblicato, ed edito da il Mulino. Un volume che ripercorre la leggenda napoleonica a partire dall’esilio fino alla sua morte e al grande eco che essa generò in tutto il mondo sancendo così la nascita del mito: «A porre la figura di Napoleone in una luce nuova contribuiva la sventura dell’esilio a Sant’Elena, che fu visto come una forma di espiazione dei suoi errori e conferiva alla sua figura, purificata, l’aureola del martirio».
Un mito che si impone fin da subito nell’immaginario collettivo, influenzandolo profondamente, soprattutto negli ambienti colti.
In Italia la sua vita diventò immediatamente un tema letterario, come riporta Matteo Palumbo in “Ei fu. Vita letteraria di Napoleone da Foscolo a Gadda”, uscito il 22 aprile, edito da Salerno Editrice. Una lettura dei grandi autori dell’Ottocento che hanno fatto di Bonaparte il protagonista indiscusso delle loro opere: da Ugo Foscolo «entusiasta e convinto banditore delle novità rivoluzionare che Bonaparte reca con sé» ad Alessandro Manzoni che, dopo soli due giorni dalla notizia della sua morte, scrive “Il cinque maggio”. E ancora, «Per Monti (Napoleone) è il soggetto poetico della Rivoluzione e dei suoi principi. Per Svevo è un modello declinato secondo le misure della vita borghese. Nell'invenzione di Calvino agisce con le buone maniere di un gentiluomo dentro un salotto settecentesco. Per Gadda è immagine della falsità dell’arte di fronte alla forma drammatica dell’esistenza».
È una collezione letteraria immensa quella che si snoda intorno alla figura di Napoleone Bonaparte. Una raccolta accuratamente analizzata da Honoré de Balzac, il cui lavoro di sintesi su alcune delle più importanti riflessioni di Napoleone torna per l'occasione in libreria nel volume “Massime e pensieri di Napoleone”, a cura di Carlo Carlino per Sellerio editore. Una raccolta «per far risaltare il suo pensiero che potrà essere respinto o adottato, ma che doveva essere messo in luce nella sua forma più succinta».
Il bicentenario della morte di Napoleone porta dunque alla luce una personalità polivalente e controversa, che dalla Francia alla Gran Bretagna all’Italia ha saputo fare la storia del mondo.
«Napoleone è un personaggio poliedrico, fuori misura. In lui c’è un eccesso di ambizione», per ricordarlo con le parole di Ernesto Ferrero, saggista e critico letterario che nel suo libro “Napoleone in venti parole”, per Giulio Einaudi editore, lo definisce «il poeta dell’azione», colui che a duecento anni di distanza ha ancora molto da insegnare. Un grande, ingiudicabile della storia perché, come Sergio Valzania ricorda in “Napoleone” (Sellerio), «i grandi della storia non si studiano. Si guardano, ma non si giudicano».