La cordigliera dei sogni, danza macabra nei traumi della dittatura di Pinochet

Patricio Guzmán col capitolo finale della sua trilogia, intreccia cosmo, natura e politica. In un cortocircuito che scuote, lacera e commuove

Esule dai tempi di Pinochet, il cileno Patricio Guzmán è l’estremo erede della grande tradizione del documentario lirico. Dunque è anche uno dei più originali cineasti politici oggi in attività. Ne è la prova questa trilogia aperta da “Nostalgia della luce” e proseguita da “La memoria dell’acqua”, tre film in cui il cosmo e la storia, la politica e la natura intrecciano il loro divenire in una cascata di metafore che fondono la potenza generativa della poesia alla precisione allucinata del documento.


Programmaticamente intitolato “La Cordigliera dei sogni”, quest’ultimo capitolo ci tuffa con un solo gesto nelle viscere delle Ande e nella scia sanguinante dei traumi lasciati dal golpe e da 18 anni di dittatura militare. Come se tra la vita del pianeta e quella degli uomini, l’ordine del cosmo e il disordine della Storia, vi fosse un reticolo di corrispondenze occulte che il regista sonda, interroga, mette in risonanza. Estraendo dalle profondità del suolo e della propria memoria, o da quella dei testimoni, una requisitoria contro un Paese che non ha mai fatto davvero i conti con il suo passato. Così questo appassionato “ritratto” della catena montuosa che cinge la capitale («Santiago volta le spalle alla Cordigliera, non la guarda, non la cerca e non la capisce») si fa indagine su un passato rimosso ma ancora vibrante, danza macabra, corteo di fantasmi (la lunga visita al palazzo abbandonato di Pinochet), immersione dall’altro lato dello specchio, tra immagini scalpellate via dalle coscienze.


Ed ecco le uniche riprese esistenti dello stadio di Santiago usato dopo il golpe come campo di concentramento; ecco la casa dell’infanzia di Guzmán, un cumulo di macerie dietro una facciata elegante; ecco, nella notte, treni fantasma solcare il Paese carichi di rame, quel rame che Allende aveva nazionalizzato e i neoliberisti si sono ripresi armi in pugno. Senza dimenticare le migliaia di ore accumulate nel suo archivio da Pablo Salas, cineasta militante che dal 1980 non smette di filmare proteste e repressioni, scene sconvolgenti dunque “invisibili”, intrecciate alle crepe del granito, alla fuga di labirinti nascosti nel cuore delle Ande, ai sussulti di quel passato che non può passare. In un cortocircuito continuo tra politica e poesia, geologia e autobiografia, che scuote, lacera, allarma, commuove.

 

“LA CORDIGLIERA DEI SOGNI ”
DI PATRICIO GUZMÁN
CILE-FRANCIA, 85’

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