Collega de Il Giorno, aveva già una solida formazione politica eppure, in quella fase, prediligeva raccontare i fatti della vita piuttosto delle beghe di Palazzo. Ed era felice quando doveva partire in missione

David Sassoli resterà sempre, per me, il compagno di scrivania al “Giorno”, redazione romana, fine Anni Ottanta, quando entrambi eravamo poco più che ragazzi, con l'esuberanza, i sogni di quella stagione e una passione sconfinata per la professione che ci eravamo scelti.

David era un perfezionista, sempre l'ultimo a consegnare l'articolo di giornata per l'ostinazione con cui voleva migliorare un aggettivo, cercare un più efficace giro di frase, trovare una notizia dell'ultima ora. Al costo di andare incontro ai rimbrotti di caporedattori che dovevano chiudere le pagine in tipografia.

Aveva già una solida formazione politica eppure, in quella fase, si era innamorato della cronaca. Prediligeva, di gran lunga, raccontare i fatti della vita piuttosto delle beghe di Palazzo. Ed era felice quando doveva partire in missione. In cuor mio ho sempre pensato che la scelta della televisione fosse stata obbligata dalle traversie economiche del nostro giornale: aveva troppo amore per la scrittura.

Accanto al David pignolo, meticoloso, perfezionista, le caratteristiche che lo rendevano ansiogeno, c'era l'altro David che prendeva il sopravvento a giornata lavorativa conclusa. Allora diventava il ragazzo ironico, affabile, battutista. Nonostante il velo di tristezza che non lo lasciava mai. Sino a farmi coniare per lui l'ossimoro per cui il suo bellissimo volto esprimeva una festosa malinconia.

Generoso, retto, con una solida visione del mondo, quando scelse la politica nella seconda parte del suo cammino terreno, ero sicuro che avrebbe avuto successo. Non per carrierismo ma per carattere, rispetto di sé, dei talenti che la natura gli aveva dato e che sentiva di dover mettere a frutto, si impegnava al massimo per diventare bravo in ciò che faceva.

L'avevo incontrato di recente in un 'occasione ufficiale e aveva smesso immediatamente i panni del suo prestigioso ruolo, ritrovato d'incanto i codici di comunicazione che avevamo, quando, usciti la sera dall'ufficio di via Due Macelli ci si diceva: beh, ora divertiamoci.

Sarebbe stato troppo presto anche se te ne fossi andato a cent'anni, caro David. Ora fa ancora più male. Al netto dell'amicizia, ci sarebbe stato bisogno del tuo esempio, della tua sete mai placata di sapere, di coprire ogni giorno i nostri buchi d'ignoranza.

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