Reportage
Il grande esperimento della nuova Costituzione del Cile: la prima scritta in emergenza climatica
Il documento sostituirà quello redatto dal dittatore Augusto Pinochet e include la tutela delle popolazioni indigene (fino a oggi ufficialmente invisibili) e dell’ecosistema. Ma non mancano gli ostacoli
Quanto costa salvare una montagna dalla deforestazione? In Cile può portare a essere accusati di omicidio. È la storia di Francisca Linconao, guida spirituale dei Mapuche, uno dei popoli originari di Cile e Argentina. Diventata figura nota nel 2009 quando si è opposta a una potente famiglia di imprenditori cileni che stava disboscando alberi considerati sacri dal popolo Mapuche, grazie alla sua denuncia la giustizia cilena ha emanato una sentenza storica con cui è stato dichiarato illegale tagliare alberi ritenuti sacri dalle culture indigene.
Una vittoria importantissima che ha però avuto conseguenze devastanti nella vita di Linconao, che nel 2013 è stata accusata di aver partecipato all’assassinio di Werner Luchsinger e Vivianne Mackay, marito e moglie di 75 e 69 anni, morti in un incendio doloso. Incarcerata per quattro mesi, per tre volte è stata portata in tribunale per rispondere del caso ed è sempre stata assolta per assenza di prove: una vicenda giudiziaria emblematica dei diritti violati delle comunità indigene e dei pericoli che corrono i difensori dell’ambiente. Oggi però la stessa persona che è stata ingiustamente accusata di omicidio è uno dei 154 cittadini che stanno scrivendo la nuova Costituzione del Paese che sostituirà quella vigente, redatta durante la sanguinosa dittatura di Pinochet.
Il fatto che Linconao e gli altri membri dell’assemblea possano scrivere la nuova Costituzione cilena si deve alla rivolta sociale nata nell’ottobre del 2019 e continuata per due anni. Redigere una nuova Costituzione non era la sola richiesta mossa dai manifestanti che protestavano contro le enormi disuguaglianze che affliggono il Paese, ma rappresenta un’importante occasione di cambiamento per il Cile che lo scorso 19 dicembre ha eletto il 35enne socialdemocratico Gabriel Boric come nuovo presidente del Paese.
Linconao, che oggi ha 63 anni, ha presentato la sua candidatura dichiarando che avrebbe difeso la terra, le montagne, l’acqua e il suo popolo; per le comunicazioni ufficiali si esprime solo in mapudungun, la lingua dei Mapuche, e nelle sessioni della costituente si avvale di un traduttore. Una delle particolarità della nuova Costituzione è che fra i 155 membri dell’Assemblea, 17 posti sono stati riservati a rappresentanti delle 10 comunità indigene riconosciute dallo Stato cileno.
Linconao è stata la candidata per i popoli originari più votata. «In Cile storicamente i popoli indigeni sono stati estremamente marginalizzati, non hanno mai potuto fare parte della politica del Paese. La Costituzione attuale nemmeno riconosce la loro esistenza», afferma Luis Jimenez, 37 anni, membro dell’Assemblea, avvocato specializzato nei diritti indigeni e rappresentante del popolo Aymara. I diritti umani dei popoli originari in Cile sono ancora oggi costantemente violati: basta pensare che l’Auracanía, la regione dove vivono i Mapuche, è militarizzata e i leader indigeni incarcerati senza prove, come nel caso di Francisca Linconao, sono numerosissimi. «Il razzismo verso i popoli originari è molto diffuso, inoltre le comunità indigene hanno un rapporto fortissimo col territorio e questo causa problemi con le comunità a cui vengono sottratte terre ancestrali, considerate sacre, per poter costruire una miniera», continua Jimenez.
In questo contesto è stato significativo che ad assumere la prima presidenza dell’Assemblea costituente sia stata Elisa Loncón, 58 anni, linguista e Mapuche. I lavori dell’Assemblea sono iniziati il 4 luglio e, secondo il regolamento redatto dai membri, il 5 gennaio (dopo sei mesi dall’inizio dei lavori) si è votato per eleggere un secondo direttivo. La nuova presidente, che ha sostituito Loncon, è María Elisa Quinteros, 39 anni, epidemiologa e attivista ambientale e il vicepresidente è Gaspar Domínguez, 32 anni, medico nelle aree rurali del Paese che nel suo primo discorso ha dichiarato di rappresentare le persone discriminate per la propria identità sessuale e ha raccontato che nella zona dove vive sua madre, nel Cile meridionale, l’acqua è mancata durante l’intero periodo delle feste natalizie.
La nuova Costituzione cilena è la prima al mondo a essere scritta in piena emergenza climatica. Per questo motivo risponderà a una domanda fondamentale: la natura ha dei diritti? Come spiega Manuela Royo, 38 anni, membro dell’Assemblea, avvocata specializzata nei diritti umani e attivista ambientale: «Questa Costituzione deve essere ecologica e deve riconoscere il rapporto di interdipendenza che esiste fra l’umano e la natura». La questione ambientale è di primaria importanza per il Cile, un territorio ricchissimo dal punto di vista delle risorse naturali, dove le miniere sono presenti in tutto il Paese e in cui l’attività estrattiva ha gravi ripercussioni sia sull’ambiente che sulla vita delle comunità. «Si deve riconoscere la natura come soggetto che ha dei diritti che vanno tutelati. L’acqua, la biodiversità, l’ecosistema devono essere protetti», continua Royo che fa parte di un gruppo chiamato “Eco-costituyentes”, una trentina di membri dell’Assemblea che promuovono i diritti ambientali nel processo di scrittura della nuova Costituzione.
L’assemblea Costituente ha ancora sei mesi per terminare i lavori (con la possibilità di ottenerne tre di proroga). Come avverte Javiera Arce, politologa della Red de politólogas: «Un solo anno per scrivere una nuova Costituzione è davvero poco tempo. Esiste la possibilità, nonostante i membri dell’Assemblea lavorino molto velocemente, che necessitino di una proroga più ampia». La prima visita ufficiale del neoeletto presidente Gabriel Boric è stata proprio all’Assemblea costituente a cui ha dichiarato il totale appoggio del nuovo governo e la volontà di garantire piena autonomia all’organo.
Ma la nuova Costituzione potrà davvero cambiare la struttura di uno dei Paesi più diseguali al mondo? Durante la dittatura di Augusto Pinochet, che è rimasto al potere dal golpe contro il presidente Salvador Allende avvenuto nel 1973 fino al 1990, la società cilena ha subito forti cambiamenti dovuti a politiche socio-economiche di stampo neoliberista che hanno privatizzato i beni essenziali (sanità, educazione, pensioni) e che non sono mai state modificate, tanto dai governi di destra come da quelli di sinistra. In Cile il 50 per cento più povero della popolazione detiene solo il 2 per cento della ricchezza totale, mentre l’1 per cento ben il 26,5 per cento. Il Paese inoltre non ha mai fatto i conti con i crimini del regime di Pinochet (i cui funerali sono stati trasmessi in diretta tv nazionale) e per le migliaia di dissidenti torturati e fatti sparire, nella grandissima maggioranza dei casi, non c’è ancora giustizia.
L’assemblea è formata da politici di vecchio corso, docenti, avvocati, attivisti, difensori dei diritti umani e anche da alcuni manifestanti che hanno giocato un ruolo chiave nella rivolta del 2019. Fra loro anche Rodrigo Rojas Vade, 38 anni, diventato noto perché ha partecipato alle proteste a petto nudo con le cicatrici in vista ponendo l’attenzione su uno dei problemi più dibattuti della società cilena: la privatizzazione della salute. I cittadini cileni devono infatti pagare una costosa assicurazione medica e sono molti i malati costretti a decidere fra curarsi o indebitare la propria famiglia.
Lo scorso settembre uno scoop giornalistico ha rivelato che Vade, conosciuto anche come “Pelao Vade”, non era affetto da leucemia, come aveva dichiarato, ma da sifilide. La bugia ha destato molto scandalo e ha portato alle sue dimissioni. Durante i primi mesi di lavoro i cittadini che stanno scrivendo la nuova Costituzione del Paese sono stati al centro di una vera e propria campagna diffamatoria. «I media mainstream fanno da megafono a politici apertamente contrari alla nuova Costituzione che dichiarano falsità. Una senatrice ha detto che l’Assemblea aveva votato per cambiare la bandiera cilena e perfino il nome del Paese e i media le hanno dato visibilità», afferma Beatriz Vega Olizondo della Red de politólogas. I principali organi di stampa cileni per mesi hanno dato ogni giorno spazio a notizie false riguardanti il fatto che i lavori non stessero procedendo o che i membri spendessero cifre altissime in pranzi o in feste. «La campagna diffamatoria contro l’Assemblea mira a non far approvare il cambio della Costituzione al referendum», conclude Olizondo.
Alla fine dei lavori infatti i cittadini cileni saranno chiamati a votare per decidere se la Costituzione scritta da Pinochet sarà definitivamente abrogata. La nuova Costituzione cilena è anche la prima paritaria al mondo: è scritta dallo stesso numero di donne e uomini. La norma è stata stilata per garantire che venisse eletto un numero equo di candidate donne ma alle elezioni dello scorso maggio, dove hanno stravinto l’ultrasinistra e i candidati indipendenti, c’è stata una sorpresa e sono state votate più donne che uomini. Sono state numerose le donne che, pur avendo ricevuto più voti, hanno dovuto lasciare il posto a candidati maschi. Come afferma la politologa Javiera Arce: «Il fatto che sia la prima Costituzione paritaria e che sia scritta anche da rappresentanti dei popoli indigeni infonde una grande speranza per il futuro del Cile».