«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi…». Non ha bisogno di presentazioni il ramo di Lecco del lago, meno nobile di quello occidentale, dove si trova la sontuosa residenza di George Clooney per intenderci, la settecentesca Villa Oleandra a Laglio. Il ramo orientale è meno blasonato del dirimpettaio ma non meno importante, tanto da finire nel celebre incipit de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni. Si trova qui Bellano, bel borgo di 3.500 anime adagiato sull’acqua, che ora prepara la riscossa, per superare il passato manufatturiero e trovare una nuova identità puntando su cultura, arte e turismo (auspicabilmente) di qualità.
Tra vicoli, chiese e piazze qui si passeggia tra progetti in cantiere, racchiusi sotto il titolo “Bac-Bellano Arte Cultura”: stanno prendendo forma il Muvi-Museo Giancarlo Vitali, nella casa del parroco, spazio espositivo permanente dedicato al grande pittore scomparso nel 2018 a 89 anni; il MAMA – Museo di Arte Moderna Alviani, negli spazi dell’ex cotonificio Cantoni, monumentale edificio tardo ottocentesco di 8mila metri quadrati su quattro piani, simbolo dell’epoca d’oro del tessile, che secondo i piani verrà restaurato entro il 2024; il restauro della chiesa di san Nicolao, con un ciclo di affreschi realizzato dal Maestro di Bellano tra fine Trecento e inizio Quattrocento.
Un modello di riqualificazione che potrebbe fare da apripista in un Paese con un patrimonio artistico a dir poco trascurato. “Il paese degli artisti” recita lo slogan che accompagna il rilancio del borgo, che negli ultimi anni ha collezionato una serie di riconoscimenti, tra cui la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. Etichette che potrebbero renderlo simile a tanti, con la differenza che qui gli artisti abitano davvero – donne e uomini, scultori, pittori, fotografi, direttori d’orchestra di fama internazionale come Roberto Gianola, figlio di Angelo, per oltre 40 anni maestro della banda del paese, scomparso di recente – e guidano la trasformazione, fanno squadra con il sindaco, il parroco, la sovrintendenza e altre istituzioni.
A Bellano ha costruito la propria carriera Andrea Vitali, 66 anni, autore di bestseller come “Olive comprese”, “Almeno il cappello” (Garzanti) e dei romanzi sui casi del maresciallo dei carabinieri Ernesto Maccadò. Bellanese con radici forti nella sua terra e scarsa propensione al viaggio, il “dutur”, come lo chiamano i compaesani visto che per un quarto di secolo ha fatto il medico condotto prima di dedicarsi del tutto alla scrittura, nel suo paese ha ambientato gran parte dei suoi romanzi. Oggi accompagna gruppi di lettori in un tour nei luoghi popolati dai suoi personaggi dai nomi bizzarri: Sigismondo, Gaspare, Ortelia, Diomira.
«Le mie storie nascono qui, l’umanità, i vezzi, i caratteri, i modi di fare. Basta restare per un po’ seduto su una panchina, non puoi immaginare cosa ascolterai, cosa ruberai dai discorsi di chi passa. A volte sono colpi di culo», chiosa Vitali con una battuta, mentre sorseggia un caffè nello Spazio Circolo, che un tempo accoglieva il Circolo dei lavoratori e oggi mostre d’arte contemporanea. Nella sala illuminata dal sole, su una parete campeggia il quadro “Il teatrino” di Giancarlo Vitali, che porta lo stesso cognome di Andrea ma non sono parenti. È lo scrittore il cantore di questa zona: «L’epica del lago? La trovi due spanne sotto la superficie dell’acqua: il mondo di sotto si è rivelato durante il lockdown, il lago disabitato da yacht e barche sembrava raddoppiato, poetico, ineffabile. Sembrava parlasse», aggiunge con ironica malinconia Vitali, che dopo lo scoppio del Covid-19 ha ripreso a fare il medico per le vaccinazioni e tuttora dà una mano ai suoi compaesani. «Scusate, devo visitare una signora che ha mal di pancia da due giorni. Senza vederla non posso fare una diagnosi», aggiunge prima di scappare a Pino, a pochi chilometri da Bellano.
In queste settimane allo Spazio Circolo è allestita la mostra “La scena dell’arte” (fino al 6 novembre), a cura dello scultore Velasco Vitali, figlio del pittore Giancarlo Vitali. Si tratta del primo progetto diffuso di arte contemporanea sul lago di Como, che connette le due sponde storicamente diverse: a Villa Carlotta a Tremezzina è allestito “Il teatro segreto”, in cui Antonio Marras e Ferdinando Bruni giocano con gli spazi della villa mostrando objets trouvés, quadri, sculture, manichini, bauli di scena; qui a Bellano invece, nello Spazio Circolo, nella sezione “Straniamenti” viene esposta una raccolta di bozzetti per scenografie, installazioni, costumi, locandine e studi di scena. Una sorta di paesaggio teatrale con alcuni pezzi straordinari come la maschera di minotauro realizzata da Mimmo Paladino nel 2019 per “Il ritratto di Dora M”. Anche Velasco è coinvolto nella rigenerazione di Bellano ma ci va con i piedi di piombo: «Se non vedo accadere le cose sotto gli occhi non ci credo. Ma non sono scettico: la mia filosofia è “un pezzo di lavoro al giorno”, altrimenti diventa un vacuo racconto politico, immaginifico».
Oggi lo Spazio Circolo, di proprietà comunale, è affidato ad ArchiViVitali, associazione culturale che ha come finalità la conservazione, la tutela e la promozione di Andrea Vitali, Giancarlo Vitali e Velasco Vitali. A coordinare gli archivi è Sara Vitali, figlia di Giancarlo e sorella di Velasco, che si occupa di comunicazione da una vita e ha fondato la casa editrice CinqueSensi a Lucca, dove abita per diversi mesi l’anno. È lei l’anima del progetto di rinascita del borgo: coinvolge gli attori del territorio pubblici e privati, parla con artisti, sindaco, banche, fondazioni, anche con il parroco, don Emilio Sorte, e ogni volta trova la quadra. «Il nostro è un lavoro di riconnessione tra realtà esistenti, un lavoro rispettoso di persone, luoghi, identità. Sarà interessante se riusciremo a coltivare giovani generazioni in grado di animare e tenere in vita il progetto», sottolinea Sara Vitali prima di varcare la soglia dell’ufficio del sindaco Antonio Rusconi, 43 anni, riconfermato l’anno scorso e sostenuto da una lista civica di giovanissimi. Da sei anni guida la transizione di Bellano. «Quando sono stato eletto il paese era un po’ sfilacciato, spento, il nostro obiettivo era creare un movimento che unisse cittadini, associazioni, operatori economici per rilanciare il paese degli artisti», dice il sindaco nella sua stanza affacciata sul lago, tra un quadro di Giancarlo Vitali, “Lo stemma comunale”, e un busto del poeta Tommaso Grossi. Il primo cittadino snocciola qualche cifra: da un bilancio iniziale di 2,6 milioni di euro il Comune è passato a quello attuale di 15 milioni, soldi trovati attraverso bandi regionali, statali, comunitari e finanziamenti privati. È sua l’intuizione che l’orrido di Bellano, la grande gola attraversata dalle acque che si insinua tra le rocce, non fosse una “tassa da pagare” come dicevano gli amministratori prima di lui, ma una formidabile attrazione turistica. E così ha fatto, portando gli ingressi da 1.800 ai 190mila del 2022. E già da qualche anno si svolge “Il Bello dell’Orrido”, ciclo di incontri culturali a cadenza mensile, condotti da Armando Besio, con ospiti italiani e internazionali. Tra i prossimi Francesco Costa (9 ottobre), Paolo Cognetti (26 novembre), Marco Balzano (17 dicembre).
Tutto si trasforma, sta per cambiare pelle anche un altro simbolo di Bellano, l’ex cotonificio Cantoni, gioiello ottocentesco di archeologia industriale costeggiato dal torrente Pioverna. Ai tempi d’oro ci lavoravano mille persone, quasi tutti avevano un parente o un amico in fabbrica. Negli anni Ottanta ha chiuso definitivamente. «Dal punto di vista dell’immaginario era un crocevia incredibile, lì dentro possono essere nate infinite storie», sottolinea Andrea Vitali, che ha ambientato il romanzo “Il meccanico Landru” (Garzanti) nello stabilimento acquistato di recente dalla Fondazione Getullio Alviani. Nel giro di un paio d’anni diventerà un museo con oltre 4mila opere d’arte contemporanea (tra gli altri di Alexander Calder, Lucio Fontana, Yaacov Agam), centro studi, giardino pensile e albergo, per un investimento complessivo di 30 milioni di euro. «L’idea è rivitalizzare un luogo abbandonato per ridare vita a una comunità, non solo a un edificio. Il nostro riferimento è il Dia Beacon di New York, museo di arte contemporanea in una ex area industriale», spiega Pamela Dell’Oro, architetta e direttrice artistica della Fondazione Alviani.
La sensazione, passeggiando per Bellano, è che nel giro di un paio d’anni nulla sarà più come prima. Un borgo a un bivio, che da un lato punta su arte e cultura e dall’altro deve evitare gli eccessi del turismo di massa che affligge l’altra sponda del lago di Como. Sfida non facile, visto che oltretutto nel borgo verrà ambientata la serie tv (Rai Fiction) incentrata sulle vicende del maresciallo Maccadò: Andrea Vitali sta collaborando alla stesura della sceneggiatura dei primi quattro episodi. E già c’è chi teme “l’effetto Montalbano”, Bellano come Vigata (la spiaggia di Punta Secca, nel Ragusano) invasa dai visitatori.
Prima che tutto cambi, ha già il sapore di un Amarcord “Il ritratto di Bellano” di Andrea Vitali e l’amico di una vita Carlo Borlenghi, che da sempre fotografa le regate in giro per il mondo. Con il Covid-19 si è dovuto fermare e ha messo in posa l’intero paese, tra marzo e agosto di quest’anno, per immortalare in bianco e nero i volti dei suoi abitanti. Il sindaco, il farmacista, il parroco, il vicino di casa, tanta gente comune, donne, uomini, bambini. Una galleria di 1.500 ritratti che dal 25 novembre verranno esposti in tutto il paese: sulle facciate dei palazzi, sui muri del cotonificio, sulle scuole. «Non è una questione di campanilismo», dice Borlenghi: «Vogliamo raccontare Bellano, lasciare questa testimonianza anche per le generazioni future. Raccontare la normalità e la straordinarietà del nostro paese».