Da Salvini a Berlusconi, molti leader oggi fanno finta di non aver sostenuto e appoggiato il capo del Cremlino. Ma anche il nostro giornalismo ha le sue colpe e dimentica di fare ammenda

In psicanalisi, la rimozione è un meccanismo inconscio che allontana dalla consapevolezza del soggetto, nel senso quasi fisico del termine, desideri, pensieri o residui della memoria considerati inaccettabili e intollerabili dall’Io, la cui presenza provocherebbe ansia ed angoscia. Ma non è questo il punto. Il punto è individuarne i portatori. Da giorni è infatti in corso una campagna basata sulla stupefazione per il silenzio di alcuni soggetti sulla vicenda ucraina, in particolare sulla Russia, e ancor più in particolare sul ruolo di quel lucido paranoico, per restare in tema di lettini un tanto al chilo, di Vladimir Putin.

Editoriale
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Ci si stupisce che non se ne occupi Silvio Berlusconi, il quale ha chiesto ai russi di punire i responsabili dei crimini di Bucha, che è più come chiedersi conto da solo di chi manda in onda Mario Giordano. Ci si inquieta perché non l’ha nominato Giorgia Meloni, che in passato lo considerava custode dei nostri valori, specie quelli della famiglia, la quale – se ucraina – giace attualmente in una fossa comune. Si strabuzzano gli occhi perché Beppe Grillo posta articolati commenti su pale eoliche e malattie mentali, come se aver inviato i suoi «cittadini» a lavori di Russia Unita fosse dipeso da logiche eminentemente turistiche. Ci si perplime persino per il tartufismo di Giuseppe Conte, che da Grillo è stato sollevato a un ruolo difficile da mantenere, e ora cerca di non cadere, di non piangere, di non urlare.

Stupidario
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Eppure… eppure non saremo noi ad aver rimosso? Non saremo noi, intesi come media italiani, che pure stiamo facendo cose egregie nel raccontare il conflitto sul campo, ad aver girato per anni la testa dall’altra parte, ad aver considerato normale ciò che normale non era, ad aver accettato la famosa classifica di Reporter Sans Frontieres sulla libertà di stampa credendo che parlasse di altri? Giova una precisazione: quella graduatoria, nella quale l’Italia è risalita al 41esimo posto dacché, per dirne una, al potere non c’è l’editore più potente del Paese, non è mai stata basata sulla qualità dei cronisti, come fa credere chi la cita, chiedo scusa per il francesismo, a cazzo.

 

Fotografava e fotografa le intimidazioni cui è soggetto chi informa, da parte soprattutto di politica e mafie. Questo però non basta ad esimerci, come categoria, dalla ignavia di una corporazione in parte orba, in parte Orban. Quelli che alle conferenze stampa facevano le domande, spesso venivano cacciati via dai colleghi.

 

Chi ha denunciato certe collusioni, spesso ha firmato di meno, sui giornali. È stato accusato di protagonismo. Mess* all’angolo. Anche per questo, il neneismo di una parte della nostra stampa risulta poco credibile quando indica il neneismo altrui. Non senza un autodafé, almeno. Meglio se pubblico.

 

In Germania, i massimi livelli della politica pronunciano il nome di Putin e, al contempo, si scusano perché come ne hanno sottovalutato il livore antidemocratico in nome di logiche economica. In Italia no. Grazie a una precondizione decisiva: poter rimuovere perché, per troppo tempo, i primi a rimuovere sono stati molti di noi.