La Svimez lancia l’allarme in una sua relazione: il Mezzogiorno rischia di non ottenere neanche il 40 percento dei fondi promessi. E i dicasteri che danno meno sono il Mise e il Turismo, entrambi in mano al Carroccio

Pnrr, il Sud rischia di non avere i soldi promessi. I ministeri più avari? Quelli in mano alla Lega

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli oltre 200 miliardi di euro ottenuti dall’Europa per ridurre i divari territoriali dell’Italia dopo due anni di crisi economica dovuta alla pandemia, rischia di non raggiungere l’obiettivo principale, non garantendo al Sud nemmeno la soglia minima stabilita in base alla popolazione. Dovrebbe avere più fondi, insieme alle aree interne di tutto il paese, ma in realtà il Meridione rischia di non ricevere nemmeno il 40 per cento promesso. A mettere nero su bianco questo rischio sono due relazioni: la prima del dipartimento della Coesione territoriale, la seconda dell’associazione di per lo Sviluppo del Mezzogiorno, la Svimez.

 

Il tema vero è che nella distribuzione dei fondi, attraverso investimenti o bandi, non c’è alcun vero vincolo al rispetto della soglia del 40 per cento. E dei ministeri già in fase di programmazione stimano una distribuzione dei fondi ancora più bassa. È il caso del ministero dello Sviluppo economico e di quello del Turismo. Per inciso, entrambi guidati dalla Lega con Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, che prevedono di dare al Mezzogiorno rispettivamente il 24 e il 28 per cento. Il motivo è tecnico, formalmente: la distribuzione delle risorse di questi ministeri è a domanda, cioè in base alla reale capacità del tessuto imprenditoriale di attrarre risorse. Ma se al Sud il tessuto è sfilacciato, per non dire in alcuni casi in grande difficoltà, come si può pensare in questo modo di ridurre il divario tra parti dello stesso Paese?

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Scrive la Svimez nell’ultima relazione firmata da Luca Bianchi e Carmelo Petraglia che lancia l’allarme sul Pnrr: «La già citata notevole distanza dal target del 40 per cento del ministero per lo Sviluppo economico è determinata in larga misura ai crediti d’imposta previsti per l’intervento Transizione 4.0, che vale 13,4 miliardi e per il quale si fornisce un dato di “quota Sud” pari al 19,4 per cento basandosi sui primi quattordici mesi di operatività dell’incentivo. Questa misura presenta quindi un’elevata problematicità dal punto di vista del rispetto del vincolo del 40 per cento. Le risorse sono allocate in base alla dinamica “spontanea” delle richieste giudicate ammissibili, che a sua volta riflette la distribuzione delle imprese attive e dei relativi investimenti nelle diverse macro-aree. Ne consegue che il Sud vi accede in misura molto limitata, beneficiando di una parte molto esigua di risorse. Un quadro simile emerge anche con riferimento alla quota Mezzogiorno del ministero del Turismo che si attesta solamente al 28,6 per cento. Tale percentuale è riferita all’importo complessivo delle risorse con destinazione territoriale, che ammontano a 2,29 miliardi di euro. Lo scostamento dal target è riconducibile a investimenti per 650 milioni di euro in cui il Mezzogiorno ha quota a pari a zero. Analoghe conclusioni sussistono per le risorse del ministero della Transizione energetica (39,2 miliardi di euro, di cui poco più di 38,5 con destinazione territoriale), la cui quota complessiva destinata al Mezzogiorno è inferiore di 3 punti percentuali rispetto al vincolo normativo del 40 per cento. Oltre al fatto che per alcuni interventi le risorse sono state territorializzate ex ante nel Centro-Nord mentre per altri la quota al Sud è stata stimata modesta o nulla (per vincoli tecnologici, assetto di mercato, etc.), per gli investimenti per i quali non sussistono vincoli tecnici alla localizzazione nel territorio meridionale sono previste procedure competitive rivolte a imprese o a enti locali il cui esito finale è dipendente dalla capacità progettuale e di risposta dei territori. Proprio per questi motivi, l’adesione delle regioni del Mezzogiorno potrebbe essere insufficiente ai fini del pieno utilizzo di tali risorse».

Luca Bianchi, direttore Svimez

Le uniche risorse “certe” sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti. In gran parte si tratta di fondi del ministero delle Infrastrutture per interventi che erano già finanziati con altre fonti di finanziamento statale e che adesso vengono coperti con il Pnrr: liberando così risorse nel bilancio dello Stato, anche qui senza alcun vincolo di riutilizzo nelle aree di destinazione iniziale, cioè quelle del Sud. Il saldo per il Mezzogiorno sul fronte infrastrutture è quindi pari quasi a zero: non c’è un forte investimento aggiuntivo garantito dal Pnrr.

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Il direttore della Svimez Luca Bianchi è molto preoccupato: «In ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. Un’eventualità tutt’altro che remota alla luce del primo anno di attuazione del Pnrr. Per raggiungere la quota del 40 per cento, per questi come per altri strumenti di sostegno, è necessario prevedere meccanismi correttivi che compensino eventuali inefficienze nelle capacità progettuali e attuative delle Amministrazione meridionali, e favoriscano la partecipazione dei soggetti economici del Sud. È necessario altresì predisporre modalità di salvaguardia in caso di mancato assorbimento. Il tema è quello della declinazione a livello territoriale degli interventi nazionali di incentivazione da conseguire con una pluralità di strumenti come, ad esempio, maggiori aliquote di agevolazione per il Sud o criteri privilegiati di accesso agli interventi, soprattutto per quelle attività produttive e quegli ambiti tecnologici che presentano eccellenze nelle regioni meridionali. Il 40 per cento è tutt’altro che un risultato acquisito, è un obiettivo che sarà possibile conseguire solo se saranno rimosse diverse criticità, avvalendosi di tutti gli strumenti di cui si è dotata la governance del Pnrr, incluso il potere sostitutivo da parte dello Stato nei casi di palese inadeguatezza progettuale e realizzativa degli enti decentrati».

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