Soldi
Il caso sollevato dai 5 stelle in commissione Ambiente e lavori pubblici. Il ministro Giovannini risponde: “Rischio esiste, alla fine del 2022 faremo i conti delle somme non spese e le rimoduleremo”. Tradotto: andranno ad altre aree del Paese
di Antonio Fraschilla
Il Piano di ripresa e resilienza rischia di rimanere un bel libro dei sogni per la parte del Paese che più ne ha bisogno e per la quale l’Europa in fondo ha dato questo fiume di denaro all’Italia (in prestito per due terzi, sia chiaro). I tempi di attuazione del Pnrr non sono compatibili con il pessimo stato della macchina burocratica del Sud dopo decenni di tagli al personale e ai trasferimenti, e a riprova di questo in commissione Ambiente e lavori pubblici alla Camera è scoppiato il caso della linea di intervento sui piani Urbani.
Si tratta di un fondo da 2,7 miliardi di euro destinato alle Città metropolitane per avviare la riqualificazione di aree e quartieri. In particolare, come si legge nel decreto appena pubblicato dal governo, con il Piano si finanziano progetti «aventi ad oggetto la manutenzione per il riuso e la rifunzionalizzazione ecosostenibile di aree pubbliche e di strutture edilizie pubbliche esistenti, il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, interventi finalizzati a sostenere progetti legati alle smart cities, ed i relativi soggetti attuatori nell’ambito dell’area metropolitana».
Il problema sono le date e le regole. Le Città metropolitane entro il 31 marzo devono presentare le istanze di finanziamento e avere un livello di avanzamento «non inferiore alla progettazione preliminare o studio di fattibilità tecnico economica». I progetti inoltre non devono essere inferiori ai 50 milioni di euro di spesa.
Ad esempio la Città metropolitana di Palermo, che ha in dote 200 milioni, dovrebbe presentare entro tre mesi almeno quattro progetti già con studio di fattibilità allegato. «Praticamente impossibile, su Palermo e su altre aree metropolitane del Sud posso già dire che non ci sono progetti pronti», dice il deputato del Movimento 5 stelle Adriano Varrica, che in commissione ha posto il problema al ministro delle Infrastrutture Giovannini.
«Si tratta di enti - ha detto Varrica in audizione - che già non riescono ad affrontare l’ordinario, pensare che queste strutture in tre mesi possano presentare studi di fattibilità è davvero difficile, se non impossibile. Rischiamo così di perdere questi fondi soprattutto al Sud. Avevamo chiesto di prevedere in fase di istanza almeno la consegna di una prima documentazione rinviando al finanziamento vero e proprio lo studio di fattibilità. Ma il massimo che abbiamo ottenuto è stato il rinvio della data di presentazione che originariamente era fissata addirittura al 17 marzo. La verità è che nel Mezzogiorno non ci sono progetti nel cassetto. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha già detto che il Nord e la Lombardia sono pronti ad utilizzare le risorse non spese del Sud, ma così non ci saranno altre soluzioni che questa».
La risposta del ministro conferma a pieno i dubbi sui fondi che il Sud rischia di perdere. Ha detto Giovannini: «La ristrettezza dei tempi non dipende da noi, ma dalle regole del Pnrr e dalla scadenza del Piano fissata a giugno 2027. Noi stiamo aiutando le amministrazioni del Sud con la “accademy” per prendere conoscenza delle procedure rapide, ma è chiaro che questo non risolve il problema delle progettazioni. Il rischio esiste, non c’è dubbio, ma ci sono altri fondi che vanno nella direzione di aiutare il Mezzogiorno, come i fondi di Sviluppo e coesione, che hanno vincoli meno stringenti. Sul tema del riutilizzo dei soldi del Pnrr laddove i progetti non siano attuabili, tutto va riconsiderato alla fine del 2022 quando i paesi membri avranno la possibilità di rimodulare i fondi. E anche questa rimodulazione non sarà una soluzione per ridurre la distanza tra Nord e Sud e tra grandi e piccoli Comuni. Stiamo cercando di evitare che alcuni ritardi nella progettazione rendano non utilizzabili questi fondi».
Insomma di certo c’è che già tra dodici mesi i fondi non impegnati saranno rimodulati ed è chiaro che andranno a territori che possono offrire progetti in fase avanzata. E dove sono questi territori? Al Nord in grandissima parte, da qui la presa di posizione del sindaco di Milano Sala che si è detto pronto a utilizzare le risorse non spese.
Ma se si volevano davvero ridurre i divari nel Paese, perché allora concentrare quasi tutte le risorse statali e Ue dei prossimi anni sul Pnrr che ha regole così stringenti? Che senso ha fissare una quota al 40 per cento delle somme da destinare al Mezzogiorno (che sarebbero comunque insufficienti per colmare il gap con il resto d’Italia) senza verificare, prima di fare i bandi e i decreti, se davvero le amministrazioni meridionali possono accedere a questi fondi? «Solo sul fronte della riqualificazione urbana il Sud rischia di perdere un miliardo di euro», conclude il deputato Varrica, sconfortato dalla risposta del governo Draghi.