Un premio dopo l’altro, domande scontate e nessuna complicità con le emozioni altrui. Chissà perché Rai Uno non ha osato lasciando lo scettro nelle mani del conduttore quando poteva osare l’asso della regina

La serata dei David di Donatello ha avuto tre bei momenti. Il ringraziamento stupefatto di Silvio Orlando, l'urlo commosso di Antonio Capuano, la presenza di Drusilla. Per il resto, sipario, come dicono a teatro. Peccato fosse la festa del cinema.

Per l'ennesima volta Rai Uno ha affidato il timone a Carlo Conti, persino quest'anno che aveva nella manica l'asso di Drusilla Foer che ha dimostrato ancora una volta di poter stare su qualunque palco consapevole di quello che accade intorno. Invece niente, due canzoni, due abiti, un monologo (tratto dal Grande dittatore), sprazzi di buon senso e nulla più di un ruolo da numero due. Perché con ostinazione lo scettro a forma di microfono è caduto ancora una volta nelle mani di “Carlino”, che da buon soldato in smoking, orologio alla mano, ha lavorato per rispettare la scaletta a dispetto di qualunque emozione si fosse manifestata a intralciare il suo ritmo, che si sa, che l'importante è non perdere tempo quando si devono consegnare i pacchi, In questo caso, anziché frutta e verdura si trattava della ambita statuetta e così pronti, partenza, via, una dopo l'altra, che poi si fa tardi e Bruno Vespa potrebbe prendersela.

La grande novità di questa edizione 67, di quelle che ti fanno immaginare gli autori darsi di gomito per la trovata geniale, è stata quella che insieme al premio Carlo Conti consegnava anche la busta. Per il resto poco altro, se non che «I costumi sono importantissimi», «Queste cinque attrici hanno un denominatore comune, quello di essere cinque brave attrici» e «Ci vorrebbe un premio alle mamme».

Certo, a sua discolpa c'è da dire che senza ospiti a parte Umberto Tozzi, senza comici, neppure una rissa sul palco e in mancanza di una polemica qualsiasi la cerimonia è diventata da tempo un fardello televisivo difficile da portare.

Però a volte basta poco. Per esempio accogliere le emozioni fortuite che passano da quelle parti e cavalcarle il giusto. Dopo le mani che stringono la statuetta alzata di Capuano, che con le lacrime urla il nome della compagna scomparsa, non voltare pagina passando al premio successivo senza neppure uno sguardo. Evitare di interrompere Jude Hill, 11 anni e un sorriso travolgente, che prova a fare un discorso di senso compiuto solo per sapere se conosce l'Italia e visto che si trova da queste parti può fare un giro per ammirare le grandezze della Roma eterna. E non cominciare la cerimonia con lo sguardo complice verso il ministro Franceschini per chiedergli «Possiamo accelerare per toglierci le mascherine dalle sale?», neanche fosse un favore personale al conduttore. Insomma, per fortuna che amiamo il cinema, perché se gli avessimo voluto male sai che seratina ne veniva fuori.

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