Gli italiani in questi mesi strani e terribili hanno passato 365 minuti al giorno a guardare la tv. Più o meno 108 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E chissà cosa avrebbero fatto senza il cinema nella scatola casalinga. Tra i talk redivivi se non si fosse spremuto il patrimonio della pellicola i palinsesti svuotati dall’emergenza si sarebbero trovati in leggero imbarazzo. Film d’amore, saghe di culto, gialli avvincenti e dal colore sbiadito, capolavori d’autore: il cinema e, come si dice quando non si sa bene come usare le parole, la sua “magia” non si è tirato indietro, infilandosi con consueta generosità nei nostri salotti, sopportando di buon grado interruzioni pubblicitarie, annuendo con accondiscendenza alle presentazioni casuali per il solo piacere di dare piacere.
Tra i morsi della solitudine persino l’età del pubblico si è abbassata, lasciando davanti allo schermo generazioni nuove di zecca che un tempo, se dio vuole, il sabato sera avevano ben altro da fare.
Ora. C’era un modo per ringraziare del regalo ricevuto. Un’occasione facile, tipo un mazzo di fiori scelti con cura dopo un gradevole invito a cena. La prima serata dei David di Donatello. Con cui si poteva, dedicando una manciata di minuti d’autore provare a ricambiare il favore. Per dirla alla Kennedy, non chiederti (per una volta) cosa può fare il cinema per te ma cosa tu puoi fare per il cinema.
Ma Rai Uno come Catarì è stata core ‘ngrato. Così in una tempesta di estro ha infilato Carlo Conti nello smoking, lo ha buttato nel solito studio stellato e gli ha dato da leggere una lista della spesa. Coi soldi contati però, come gli aggettivi a disposizione: solo tre, fantastico, grande, bravissimo.
L’edizione «più digital di sempre» ha significato attori e attrici spalmati su un muro bianco con collegamenti dall’audio sabbioso e dal video annacquato. Le meravigliose parole del presidente Mattarella sono state lette dal foglietto, che forse un collegamento si poteva azzardare. Realtà aumentata non pervenuta, che come direbbe ogni genitore che si rispetti, con tutto quello che ho speso per farti studiare. Senza un’idea, con le clip ripetute all’infinito sempre con le stesse immagini a prescindere dalla candidatura.
Neanche una nota, per carità che la musica l’hanno fatta risuonare ovunque ma non quella sera, senza un guizzo tranne quello concesso dai protagonisti abbandonati come nella Rosa purpurea del Cairo, col bicchiere di vino in bella vista e i ringraziamenti per le “nominazioni”.
Il risultato finale? L’ennesimo inchino mancato al grande schermo da parte di uno schermo sempre più piccolo. Peccato. E viva il cinema.