Il 50 per cento della costa è affidata a privati. Restano solo pochi spicchi gratuiti, in molti casi in aree urbanizzate, a ridosso di foci di fiumi e accanto ai porti. In queste condizioni chi non può spendere 30 euro al giorno dove può fare un bagno in zone davvero pulite?

Nel Paese abbracciato dal mare ma con la metà delle spiagge in mano ai privati e la restante metà degradata e in zone urbane e inquinate, una famiglia dove può andare a fare un bagno senza spendere 30 euro al giorno? Una persona con amici e amiche dove può fare un bagno in un mare decente nel nostro Paese senza dover pagare un lido? L’Espresso ha fatto un viaggio tra le poche spiagge libere, tra aree accessibili solo sulla carta e non balneabili perché inquinate, foci di fiumi che solitamente rendono l’acqua del mare torbida e pessima, oppure quelle poche spiagge ancora gratuite e belle. Perché da Ostia a Mondello, da Jesolo a Reggio Calabria, sulla carta tutta la costa è accessibile per i bagnanti, nella realtà no: i privati si prendono tutto fino alla battigia e quindi di fatto la rendono inaccessibile. Un viaggio, quello de L’Espresso, in un Paese che secondo i dati del demanio su 3.346 chilometri di spiagge accessibili ne ha affidati ai privati il 42 per cento tra lidi e campeggi, ai quali occorre aggiungere secondo Legambiente un altro 8 per cento di privatizzazione sotto altre forme. Una tendenza in costante crescita negli ultimi anni (nel 2022 si stima che si sfioreranno le 13 mila licenze) mentre un altro fenomeno sta avanzando drammaticamente: quello dell’erosione costiera. Dal 1970 al 2020 sono scomparsi 40 milioni di metri quadrati di spiaggia: significa, conti alla mano, una spazio pari alle 13 mila licenze attuali. Nel Belpaese gli spicchi di spiaggia libera, democratica, accessibile anche a chi non può spendere decine di euro al giorno, sono davvero sempre meno e sempre più brutti.

Si, posti liberi ma brutti, perché quando si va a vedere dove sono certe spiagge si resta con la bocca aperta, ma non per la meraviglia. Qualche esempio? A Lignano Sabbiadoro dove c’è la foce del fiume Tagliavento, o scendendo a sud a Marina di Cavallino dove sbocca a mare il fiume Sile; e ancora, a Marina di Massa risulta libera la spiaggia dove c’è la foce del fiume Lavello. A Napoli il Comune ha attrezzato la grande spiaggia dell’ex area industriale di Bagnoli, dove però si può solo prendere il sole perché il mare non è balneabile per inquinamento. Stesso discorso nelle spiagge attorno a Palermo. In città, considerando che la costa di Mondello e dell’Addaura è del tutto privatizzata, i palermitani possono andare nella costa sud, a Romagnolo: chilometri di spiaggia non balneabile da decenni, come i chilometri dopo Termini Imerese nell’area industriale.

 

Fatta questa premessa, proviamo a rispondere alla domanda iniziale: dove si può fare un bagno senza pagare? Ecco alcuni esempi, non tutti a portata di mano. In Liguria, dove insistono Comuni con il 90 per cento di costa privatizzata, si segnalano ancora libere e belle la spiaggia Transilvania nell'area marina protetta di Bergeggi in provincia di Savona, la baia del Silenzio a Sestri Levante (a numero chiuso, un fenomeno questo, in grande ascesa in tutto il Paese) e la spiaggia di Punta Corvo nel parco di monte Marcello Magra.

 

In Veneto la costa è molto privatizzata, come quelle di Jesolo e Chioggia. Dove vanno quindi i veneti? Nel Comune di Caorle c’è la spiaggia di Vallevecchia, tre chilometri di costa libera di facile accesso. Sempre nella zona del veneziano c’è la spiaggia Del Mort. Poi a sud, nel delta del Po, c’è una serie di spiagge come quelle di Bacucco, Bottonera, Bastimento Canarin, Scano Boa e Scanno del Gallo Burcio. Ma, anche qui, più ci si avvicina al delta del Po più ci sono problemi di acqua torbida e altre forme di inquinamento.

 

Il discorso vale anche per la parte sud del delta, che fa capo all’Emilia Romagna, la regione che ha il record ci concessioni costiere in base ai chilometri disponibili. Si salvano a esempio la spiaggia Valverde a Cesenatico, detta anche la spiaggia delle Tamerici che fanno da ombrellone naturale, del tutto libera con tanto di cabine e docce con acqua calda grazie al lavoro fatto dal Comune. O la spiaggia alla fine del lido di Volano nella zona di Ferrara.

 

In Toscana bisogna fare chilometri lontano dai grandi centri marinari, come Livorno, Pisa e la Viareggio, per trovare spiagge libere come quella delle Marze a Castiglione della Pescaia, una delle poche non privatizzate come la zona di Punta Ala. Un posto un po’ più ricercato è Cala Violina, nel Comune di Scarlino, con una bellissima spiaggia libera ma di non facile accesso.

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La Sardegna nel panorama italiano è una delle regioni che più ha cercato di difendere la libertà della propria costa, nonostante alcune zone inaccessibili come Porto Cervo. Ci sono gioielli liberi come la spiaggia di Chia nel Comune di Domus De Maria, con la sindaca Maria Concetta Spada che ha ottenuto l’area marina protetta. E poi ce la famosa spiaggia della Pelosa di Stintino, che però è a numero chiuso. Come sono a numero chiuso le spiagge libere di San Teodoro nella costa di Olbia e quelle del Comune di Baunei, altra località a cinque vele, da Cala Luna a Cala Sisine. A numero chiuso ma libera la spiaggia di Bidderosa a Orosei.

 

Nel Lazio la costa più privatizzata e inaccessibile se non vicino a foci di fiumi e torrenti, è quella romana: Ostia, Fregene, Fiumicino. Piene di lidi, che di fatto non concedono nemmeno l’accesso al mare e hanno piazzato gli ombrelloni e le sdraio a ridosso della battigia, rendendo impossibile posare anche un asciugamano. Per trovare spiagge libere e accessibili senza pagare occorre percorre in auto chilometri e andare a esempio ad Anzio, a Marina di Ardea, a Sabaudia, Cerveteri, Gaeta.

 

In Campania ci sono dei posti molto belli e liberi come la caletta della Masseta a Scario, Comune di San Giovanni a Piro. Altra spiaggia gratuita è l’Oasi dunale di Paestum, una spiaggia curata dal circolo locale di Legambiente. E a Napoli città dove si può fare il bagno senza pagare? Gli spazi liberi si trovano nei posti più antropizzati e dove il mare è si balneabile ma in un contesto molto edificato: come la rotonda di via Diaz, Largo Nazario Sauro vicino a Castel dell’Ovo.

 

In Abruzzo a sud c’è Punta Aderci che sia trova in provincia di Chieti ed è un’insolita spiaggia in parte con roccia, che sembra quasi un angolo di Sardegna. A nord c’è la spiaggia di Torre del Cerrano, area marina protetta, l’unica dell’Adriatico. Pochi chilometri di litorale, un piccolo spicchio strappato al commento.

 

In Basilicata libere e di pregio ci sono le spiagge di Castrocucco a Maratea e del Lido di Policoro a Torre Mozza nella zona dello Ionio.

 

In Molise si può andare nella spiaggia di Termoli, molto grande e una delle poche che resiste come qualità, oppure alla Pineta di Petacciato Marina, che però è più difficile da raggiungere.

 

In Puglia nella zona dello Ionio restano libere la Salina a Torre Colimena al confine tra Taranto e Lecce all’interno del parco regionale orientale tarantino. E, sempre nel Salento ma in Adriatico, c’è la Baia delle Orte, vastissimo pezzo di costa ancora libera. Una spiaggia popolare resta quella delle Cesine, oasi del Wwf.

 

In Calabria restano molte spiagge libere, in alcuni casi in contesti urbanizzati: accessibili e senza cemento intorno sono, ad esempio, la spiaggia Scalea a Santa Domenica in provincia di Vibo Valentia, che si raggiunge però solo a piedi o quella di San Leonardo di Cutro, vicino a Capo Rizzuto nella zona Jonica.

 

In Sicilia nell’area di Palermo, Mondello è tutta privata così come la costa dell’Addaura che è impervia per la parte libera perché rocciosa. Accanto Palermo, libera resta la spiaggia di Capaci, molto popolare e con pochi lidi privati: qui il Comune ha avviato una lotta all’abusivismo importante e la spiaggia è diventata molto frequentata. Un’altra spiaggia libera molto bella è quella di Torre Salsa ad Agrigento, gestita dal Wwf, tra Siculiana Marina ed Eraclea, di facile accesso e molto grande. A Catania c’è la Playa, che ha spazi gestiti dal Comune.

 

In generale, molti tratti di costa stanno diventando in tutto il Paese a numero programmato. Dice Sebastiano Venneri, responsabile spiagge Legambiente: «Fra le amministrazioni locali cresce la voglia di numero chiuso. Un fenomeno che va osservato con molta attenzione: in alcuni casi significa salvare pezzi di costa e renderli fruibili comunque gratuitamente, in altri contesti si rischia invece una restrizione eccessiva. In generale, come accade in molti Comuni della Sardegna, il numero chiuso consente di evitare sovraffollamento e quindi di fatto l’inaccessibilità della costa».

 

Resta in generale il tema delle poche spiagge belle, libere e facilmente accessibili nel nostro Paese: in un periodo così difficile per tante famiglie è un autentica beffa che sia impedito loro di andare al mare perché non si possono permettere di pagare ombrellone e lettini. È una questione di civiltà rivedere le regole in vigore nel nostro Paese. Ma c’è infine un altro problema che riguarda la disabilità. Dice Rosario Santanastaio, presidente di Archeoclub d’Italia che in Campania ha lanciato diversi progetti in materia: «Dobbiamo arrivare ad un’accessibilità che sia del 100 per cento». Un obiettivo davvero difficile nel Paese che rende quasi impossibile un bagno libero e gratuito.