Avere alle spalle una diagnosi di cancro espone le persone a una serie di limitazioni in campo assicurativo, bancario, delle adozioni, nell'accesso al lavoro. Più di 70 mila cittadini chiedono approvazione legge sull'oblio oncologico

«Eh lei signora ha un pregresso oncologico e questo pesa» dice la giudice del Tribunale di Roma, chiudendo la cartellina con la domanda di adozione di Marta e Giulio (nomi di fantasia). Ma non sono i soli a sentirsi rispondere così quando gli viene negato un prestito, un'assicurazione, o peggio un'adozione, nonostante la malattia sia scomparsa e in Italia, tutti gli indici mostrino chiaramente che dal tumore si guarisce sempre di più.

«Quando abbiamo presentato la domanda di adozione, avevo terminato le terapie per un tumore ormono sensibile al seno. Avevo 37 anni e avrei dovuto fare cinque anni di terapia ormonale prima di tentare una gravidanza, che comunque rimaneva sconsigliata nel mio caso» racconta Marta «così con mio marito abbiamo deciso di presentare subito la domanda, visti i tempi. Il Tribunale di Roma si prende più di un anno per darti l'idoneità, perché il percorso è molto lungo. Dopo molti colloqui e visite mediche, siamo arrivati all'ultimo step davanti al giudice. Premetto che gli assistenti sociali e gli psicologi che avevamo incontrato avevano certificato che la mia malattia per noi era stato un elemento di forza e aveva sviluppato un'unione di coppia molto intensa. Insomma, la valutazione era decisamente positiva, ma la giudice nonostante questo aveva espresso perplessità per la mia malattia pregressa». Passano più di tre anni senza che Marta e suo marito ricevano alcuna chiamata di adozione e così chiedono un secondo appuntamento al giudice che accoglie la coppia con questa frase «Con il suo pregresso come facevo a sapere se stava bene?». «Forse con una telefonata?» risponde Marta; e poco dopo scopre che alla loro domanda è stata apposta la dicitura “idonei con riserva”.

 

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«Così abbiamo deciso di estendere la domanda su tutti i Tribunali d'Italia. Solo allora sono iniziate ad arrivare le chiamate: una dal nord e due dal sud, fino all'adozione. E in nessuno di questi tribunali hanno posto problemi rispetto alla mia malattia. Inoltre, è curioso notare che delle cinque coppie che eravamo all'inizio del percorso: una ha rinunciato e tre avevano un passato oncologico. Indovina? A Roma ha adottato solo quella che non aveva una storia di malattia alle spalle».

Non esiste una regola e ogni Tribunale si muove in modo autonomo. Adottare per chi ha avuto una malattia è una questione di fortuna e di tenacia soprattutto. Ma la storia di Marta, si ripete da nord a sud, perché oggi avere alle spalle una storia oncologica espone le persone a una serie di limitazioni in campo assicurativo, bancario, delle adozioni, nell'accesso al lavoro. Giulia a Firenze non ha potuto rinnovare la sua assicurazione sulla vita e per accedere ad un prestito bancario per delle piccole ristrutturazioni a casa le hanno imposto la cessione del quinto sullo stipendio, con blocco della liquidazione in caso di decesso.

Sono decine i casi, tanto che è nata una petizione online “Io non sono il mio tumore” che ha superato le 70 mila firme per chiedere all'Italia l'adozione di una legge sull'oblio oncologico. Tra le associazioni promotrici della raccolta c'è anche la Rete Oncologica Pazienti Italia (Ropi) che recentemente ha lanciato un'indagine dalla quale è risultato che tra i pazienti oncologici che avevano richiesto un mutuo o una assicurazione sulla vita, una su quattro aveva riscontrata delle difficoltà. «La Raccolta firma per il Diritto all'Oblio iniziata da AIOM nei primi mesi del 2022 è importante perché sensibilizza i cittadini nei confronti di questa problematica e quindi anche i politici. - spiega la Presidente di Ropi e Direttrice del Dipartimento Oncologico IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Stefania Gori - Questo non fa che rafforzare la necessità che il Disegno di Legge sul Diritto all'Oblio depositato in Senato diventi al più presto una realtà, come tra l'altro richiesto dall'Europa due mesi fa: che entro il 2025 tutti gli Stati membri abbiano questa legge. Ad oggi solo Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Portogallo hanno una legge sul Diritto all'Oblio».

 

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Un testo depositato che raccoglie l'appello dei firmatari e dell'Europa c'è, ma il rischio che non veda luce a causa dei tempi stretti della legislatura è dietro l'angolo. Più ottimista è la senatrice Paola Boldrini che sta portando avanti la battaglia. «Il testo è stato sottoscritto da tutte le forze politiche e questo è un buon segnale. Io ho chiesto l'iter veloce, senza passaggio alle Camere ma in sola Commissione deliberante proprio perché lo ritengo tema su cui possa e debba esserci unanimità di vedute e sensibilità». Man forte in tal senso arriva anche dalle Regioni. In Puglia, l'ex assessore alla Sanità, Pier Luigi Lopalco si è fatto promotore di una mozione che chiede di portare in Conferenza Stato - Regioni, la richiesta di accelerare l'iter della legge nazionale “per garantire a quasi un milione di persone che sono guarite da un tumore di riprendere la propria vita e non dover affrontare un'altra battaglia per vedere garantiti i propri diritti”.

«Perché essere guariti, ma essere considerati ancora malati è invalidante da tutti i punti di vista, anche psicologico» afferma la dottoressa Gori e la legge sull'oblio punta proprio a eliminare questa discriminazione.

L'articolo 2 è il cuore del provvedimento perché pone il divieto di chiedere informazioni circa lo stato di salute - e in particolare patologie oncologiche pregresse - in sede di stipula dei contratti di assicurazione e di contratti concernenti operazioni e servizi bancari e finanziari quando siano trascorsi 10 anni dal trattamento, in assenza di recidive o ricadute della malattia; 5 anni per coloro che hanno avuto una diagnosi di cancro prima dei 21 anni d'età. Decorso questo termine, le informazioni precedentemente acquisite, non possono più essere considerate per valutare la solvibilità di un cliente.

 

E nel caso di Marta? Avrebbe dovuto attendere anche lei 10 anni per procedere alla domanda di adozione? «Il DDL prevede l'istituzione di una commissione scientifica cui spettano i criteri di valutazione dei termini rispetto ai tempi, considerata anche la maggiore o minore gravità della patologia tumorale; una consulta di garanzia di applicazione della legge; l'obbligo, per i pazienti, di sottoporsi a follow up periodici. Sui tempi siamo in linea coi dettami europei e il comitato può ridurli in base, anche, alle innovazioni terapeutiche in corso. Insomma, non è una legge statica» replica la senatrice Boldrini.

Ma in un paese dove si invoca spesso la privacy e la protezione dei dati sensibili, come è stato possibile che si sia generata una situazione simile? «È gravissimo che un istituto di credito non conceda un prestito o un mutuo sulla base di alcuni dati sanitari o che, peggio, chieda come garanzia di un mutuo un’assicurazione sulla vita. Dal 2017, la legge prevede la sola assicurazione “Incendio e scoppio” a tutela dell'immobile che costituisce la vera garanzia per le banche - spiega il Prof. Stefano Cherti, docente di Diritto Privato e Bancario all'Università di Cassino - chi subisce questo tipo di discriminazioni prima vada a fare una denuncia e poi segnali tutto alla Banca d'Italia». Ma il diritto alla Privacy non vale per chi ha avuto un tumore? «È certo che nel nostro ordinamento non si può essere discriminati per la propria storia sanitaria e mi augurerei che la proposta in discussione prendesse in esame anche altri tipi (tutti i tipi!) di malattia. - prosegue il giurista - Che poi a pensarci bene è quasi paradossale quello di cui stiamo discutendo: si rafforza il principio della parità di genere, si condanna e combatte il body shaming e, poi, quasi per caso ci si trova a discorrere di discriminazioni basate sulle condizioni di salute. È ovviamente assurdo, né si può far rientrare dalla finestra ciò che decenni di (giuste battaglie) hanno messo fuori dall’uscio».