Qualche giorno fa era stato fissato l’obiettivo del 10: ma non arriva all’8 per cento. Nessuno di Azione commenta i risultati. E da Italia Viva i malumori fissano il solco dai compagni di avventura “noi” e “loro”

A metà strada fra l’orgoglio di bandiera e la sensazione di aver perso. Fra la soddisfazione di aver superato la soglia psicologica e quella di non essere riusciti a battere Forza Italia. «Abbiamo tutta la notte. Intanto a Milano siamo primo partito». Nella sala piena solo di giornalisti dell’Hotel Mediterraneo al centro di Roma, è il coordinatore nazionale di Italia Viva, Ettore Rosato il primo a metterci la faccia sul risultato del Terzo Polo. Lo fa su quello che gli esperti chiamano “voto di paglia”, che i francesi, più cauti, scrivono sulle lavagne col gesso: gli exit-poll, sondaggi che si basano su ciò che dicono di aver votato le persone fuori dai seggi e che danno Azione-Italia Viva al 7 per cento. Il risultato finale non sarà molto diverso: 7,7 per cento.

 

Così scivola via la dichiarazione rilasciata tre giorni fa dal leader di Azione, Carlo Calenda: «Devo essere onesto, sotto al 10% è una sconfitta». Ridimensionata la soglia nel corso della giornata e fissata da fonti del Terzo polo fra il 7,5% e il 9%, questo 7,7% resta «un grande risultato». Hanno perso tutti gli altri, dunque, non loro.

 

«Mi pare che, dati alla mano, gli sconfitti siano Letta e Salvini. Forse se Letta non fosse stato guidato dal rancore personale, magari oggi i risultati sarebbero stati diversi», sottolinea Maria Elena Boschi che scende trafilata soltanto per qualche battuta e un attacco frontale al Partito Democratico. Ha la faccia scura che si illumina soltanto il tempo della diretta con Porta a Porta. La sua è l’ultima voce concessa ai giornalisti in un comitato avvolto da un’aria da sgombero. E, non è un dettaglio, ancora una volta la voce di un membro di Italia Viva. Nessuno di Azione decide di metterci la faccia e nel comitato c’è aria di sgombero. Chiuse in una stanza dell’hotel Mediterraneo le due ex ministre azzurre, Mara Carfagna forte del suo bacino di voti al sud e Mariastella Gelmini capace di convogliare consensi nella sua Lombardia. «Commenteranno domani». Carlo Calenda, che ha seguito da casa con la famiglia i primi risultati, ha rinviato ogni commento ufficiale a una conferenza in tarda mattinata. Renzi invece, mentre iniziava lo spoglio delle schede, era in volo per Tokyo, dove parteciperà ai funerali di Stato di Shinzo Abe.

 

Emergono i primi dubbi su come verrà gestito il risultato dalla strana coppia, un ex premier toscano e un ex manager romano, così diversi da essere attratti ciascuno da quello che all'altro manca (il potere, la cultura politica, il consenso, l’esperienza) costretti a correre insieme per sopravvivere. Il Terzo Polo, dati alla mano, è in realtà il sesto.

 

«Bisogna farci caso: Renzi non ci ha messo la faccia», ripetono da Azione senza nascondere il fastidio. Dall’altra parte è Boschi a fissare il solco tra “noi” e “loro”. Basta leggere la sua dichiarazione in filigrana per individuarne le criticità. Sottotraccia, oblique. «I nostri, da Milano ad esempio, ci fanno sapere che siamo in tutti i seggi che ci stanno arrivando tra il 15 e il 35 per cento, addirittura in molti seggi siamo il primo partito, siamo tra il 15 e il 20 a Firenze, stiamo andando molto bene con la doppia cifra a Roma che è la Capitale d'Italia». Traduzione: noi, Italia Viva, dove abbiamo candidato i nostri abbiamo fatto grandi risultati. I nostri, i loro.

 

Quando nella notte arriva la notizia, poi smentita, della vittoria di Emma Bonino nel "derby" contro il leader di Azione nel collegio uninominale Lazio 2, nessuno si scompone e il comitato è già semideserto. Alla fine a spuntarla sarà infatti Lavinia Mennuni del centrodestra. «Una noia», commentano in sala giornalisti. Il degno finale di una campagna elettorale tesa e nervosa, ma senza passione.