L’ex segretario del Pd, appassionato di cinema, partecipa a un videoclip dei Têtes de bois interpretando diversi ruoli. «Un esercizio di sana autoironia, preziosa per la salute mentale

Pierluigi Bersani ha un problema: «Mi piacciono troppe cose». Chi lo conosce lo sa, ma sa pure che valuta con molta attenzione le mille proposte che riceve ogni giorno da quando è un ex-parlamentare. Così Andrea Satta, frontman dei Têtes de bois, ha mandato avanti Sergio Staino. «Hanno un’idea stramba e coraggiosa, sono bravi, vuoi incontrarli? È l'ultima volta che l’ho sentito», sospira Bersani. I Têtes de bois però sono bravi davvero. Uniscono musica e militanza, rock, folk e azioni esemplari come l’invenzione del “palco a pedali”, mille ciclisti che pedalando sotto il palco creano l’energia per il concerto, l’hanno fatto con Greta Thunberg a Roma e con don Ciotti a Latina per la giornata dedicata alle vittime delle mafie.

 

Così Bersani si è ritrovato con Milena Vukotic e la scrittrice Maria Grazia Calandrone dentro a un bizzarro videoclip extralarge che sarà al Torino Film Festival il 29 novembre, “Coupon, il film della felicità”. E non in un solo ruolo, ma tanti. Lo vedremo al banco dei salumi, perché siamo in un supermercato. Poi alla cassa con baffi e occhialoni da presbite. Ma anche con la tonaca di un prete che gioca a bocce. Alla fine è un rider con tanto di casco e parrucca che canticchia in ascensore dopo aver consegnato allo stesso Satta due pizze che forse hanno mangiato insieme, chissà.

 

L’esperienza dev’essere stata divertente perché l’ex-segretario del Pd ancora ride. «Era un esercizio di sana autoironia, preziosa per la salute mentale. Mi piaceva anche questa critica ironica e amara alla false promesse dal consumismo, oggi che la gente non riesce più nemmeno a guardarsi negli occhi. Poi i Têtes de bois, in pista da trent’anni, hanno sempre dimostrato una generosità che meritava altrettanta generosità».

 

Anche il regista Agostino Ferrente, autore di docu memorabili come “Selfie” e “L’orchestra di Piazza Vittorio”, non è uno qualunque. Anni fa sempre con Satta avevano già arruolato Margherita Hack in un altro videoclip, “Alfonsina e la bici”. Ma affidare a Bersani il ruolo di un rider, simbolo della Gig-Economy, ha un sapore diverso. «Quelli che interpreto sono tutti lavoratori. Se mi avessero vestito da aristocratico del Settecento con la parrucca avrei rifiutato, ma rider o salumiere mi vanno benissimo», dice Bersani, che da piacentino è un vecchio amico di Bellocchio e uno spettatore attento al cinema di ogni genere.

 

Pierluigi Bersani nei panni di un prete

 

«Mi appassionano i film che ti sollecitano intellettualmente ma puoi guardare anche con gli occhi di un bambino, il capostipite è “Barry Lindon». Oppure quelli che riescono a descrivere un uomo nella sua complessità, né buono né cattivo, da Peckinpah a Eastwood e Kurosawa, o certe macchine perfette come “La finestra sul cortile”. Se penso a oggi prendo su Matteo Garrone, il suo è un realismo che mette le ali, “Io capitano” ma anche “Dogman”, “Reality”, “Gomorra”, “L’imbalsamatore”... roba seria! Di Bellocchio mi ha sorpreso la svolta quasi civica, da “Traditore” a “Rapito”, anche se “Marx può aspettare” non si batte. Torni a casa la sera e pensi alla tua di famiglia, un’analisi così radicale della sua storia personale che diventa universale». Mentre “Il sol dell’avvenire” provoca una delle sue contagiose risate. “Cosa posso dire? Quella rappacificazione finale sotto la faccia di Trotskij mi corrisponde abbastanza... rivedere tanta Storia senza rinnegarla, anzi inserendola in un solco di speranza, è un gesto importante. Come dire: poteva andare in un altro modo ma siamo ancora qui con le bandiere».

 

L'attrice Milena Vukotic

 

Moretti però si permette addirittura di cambiare la Storia del Pci di fronte ai fatti d’Ungheria. E qui Bersani si fa serio. «Qualche settimana fa all’lstituto di storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Piacenza, che dirigo, si è tenuto un convegno proprio sulla storia controfattuale. E se le cose non fossero andate così? È solo un espediente ma mette a fuoco i bivi. Che potesse andare diversamente in quel 1956, date le condizioni reali della politica di allora, è molto opinabile. Tuttavia quello fu un bivio, c’è poco da fare… Facile dire: si poteva evitare Berlusconi se si fosse fatto l’Ulivo prima, bella forza, non è stato possibile, ma certamente era così. Tutto questo ha anche un valore formativo, educativo. Noi lavoriamo con le scuole, se il passato avrebbe potuto essere diverso significa che anche il futuro è nelle tue mani, ti metti lì di buzzo buono e vedi cosa puoi fare. Con Marco Bellocchio, sempre generosissimo, abbiamo mostrato “Esterno notte” a tante classi quinte superiori di tutta Italia, per poi discuterne in rete con lui e con lo storico Miguel Gotor. Temevamo che proporre ai giovani il caso Moro fosse come parlare degli Assiri. Invece si sono appassionati. E questo dà speranza a chi oggi deve ricostruire l’alternativa».

 

Curiosa coincidenza, anche il lungo speciale tv in bianco e nero che saluta con toni trionfali l’avvento in Italia dei supermercati all’americana, incorporato alle immagini e alle note di “Coupon”, risale al fatidico 1956. La storia è maestra ma è soprattutto dispettosa.