Politica
«Voi di sinistra siete i lama della politica. Sputate in faccia agli italiani». La fine del salario minimo tra insulti e risse
Il testo presentato mesi fa dalle opposizioni, che faceva riferimento a una paga minima di 9 euro l'ora, messo da parte tra cori "Vergogna" e una rissa sfiorata. Una scena poco edificante, di fronte a una scolaresca incredula che stava assistendo alla discussione alla Camera
C'è Walter Rizzetto (ex M5s, oggi Fratelli d'Italia) che da dei "lama" all'opposizione. Dall'altra parte qualcuno sbatte i pugni sul tavolo mentre un deputato Cinquestelle si alza, corre verso i banchi della maggioranza e viene prontamente placcato da cinque commessi. In sottofondo i deputati Pd e M5s urlano «Vergogna», alzano cartelli bianchi con su scritto "Salario negato", "Sfruttamento legalizzato". È questo il teatro in cui si stoppa ufficialmente la legge sul salario minimo proposta dall'opposizione.
La Camera ha dato il via libera alla delega al governo: i voti a favore sono stati 153, 118 i contrari, 3 gli astenuti. Il testo va al Senato. Ma durante la discussione il vicepresidente Rampelli è costretto sospendere la seduta. La segretaria del Pd Elly Schlein aveva accusato il governo Meloni di essersi messo «dalla parte degli sfruttatori e non degli sfruttati. Avete la rabbia di milioni di italiani che vedono calpestata la loro dignità, non dovete giustificarvi qui dentro, in Parlamento, ma fuori, nelle piazze. Voi oggi avete perso». Pronta la risposta di Rizzetto (Fdi), non proprio conciliante: «Ieri qui qualcuno ha parlato di 'sputo in faccia'. Devo dire che voi siete i lama della politica italiana perché per oltre dodici anni avete sputato continuamente in faccia non soltanto ai lavoratori, ma anche votando i licenziamenti collettivi. Questa è la sinistra del nostro Paese. Landini è il vostro capo». Grande disordine in Aula.
Mentre qualcuno urla buffone, dai banchi del M5s Marco Pellegrini si alza, corre verso i banchi della maggioranza e punta al meloniano Salvatore Deidda, manca poco e arrivano alle mani. Li separano alcuni colleghi, tra cui il vicepresidente Giorgio Mulè, qui nei panni di guardia del corpo di Deidda. Intanto gli alunni di una scuola media assistono dalla tribuna. Abbastanza composti, occhiali, code di cavallo e felpe con la zip, due o tre insegnanti di vigilanza. Di sotto Giuseppe Conte grida, dall'altra parte Maurizio Lupi grida più forte. Molti occupano con i loro cartelli i banchi del governo: Matteo Mauri del Pd si mette accanto al sottosegretario Claudio Durigon. Dopo una breve sospensione, la seduta riprende con i commessi che cominciano a togliere dalle mani dei deputati i manifestini, e il vicepresidente Rampelli indice la votazione finale: i deputati tornano a posto tranne un piccolo capannello a destra: Indetta la votazione, la proclamazione del risultato è impossibile da sentire, tali sono le urla. I commessi strappano i fogli dalle mani dell'opposizione, qualcuno sbatte il microfono. La rissa continua ma è impossibile assistere. Seduta sospesa. Schiene di ragazzini che vengono spinti fuori in fretta. Dalle eleganti vetrate di Montecitorio è tutto.