La bagarre alla Camera con le opposizioni che ritirano le firme. Il Consiglio dei ministri approva l'accordo con l'Albania. La fuga dal Mezzogiorno. la denuncia sui bimbi abusati sessualmente da Hamas. Le notizie del giorno da conoscere

Bagarre sul salario minimo e le opposizioni ritirano le firme. Meloni: «In 10 anni al Governo non lo avete mai fatto»
Giornata di bagarre sul salario minimo alla Camera, dove è approdato il maxiemendamento della maggioranza al testo dalle opposizioni. Pd, M5s e Avs hanno ritirato le firme al provvedimento appena licenziato dalla commissione Lavoro. La polemica si accende subito dopo il voto con cui la Camera boccia l'emendamento di Pd, M5S, Azione, Avs e Più Europa per riproporre una soglia di 9 euro l'ora nella delega al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva. Dal provvedimento sparisce ogni traccia del 'salario minimo' e le opposizioni non ci stanno. «La presidente Meloni e il governo hanno gettato la maschera», tuona il presidente M5S, Giuseppe Conte, che in aula strappa i fogli della proposta di legge, di cui era primo firmatario. «La maggioranza ha voltato le spalle a 3,6 milioni di lavoratrici e lavoratori - aggiunge - Con questa modalità della legge delega si prende proditoriamente in giro tutta questa platea». Gli fa eco la segretaria del Pd Elly Schlein, secondo la quale «questa non è più la proposta di salario minimo delle opposizioni. La maggioranza ha svuotato la nostra proposta con la solita arroganza». «Avete scelto definitivamente da che parte stare - prosegue la leader dem - Doveva essere un governo dalla parte degli italiani, siete solo dalla parte degli sfruttatori, e avete dato uno schiaffo agli sfruttati. Vergogna».  Oggi il seguito della discussione intanto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata su Rtl 102.5 ha commentato: «M5s e Pd ci dicono che il Salario minimo è l'unica cosa da fare in Italia ma in 10 anni che sono stati al governo non gli è mai venuto in mente di farlo» e si è rivolta anche ai sindacati: «Alcuni sindacati vanno in piazza per il Salario minimo e poi accettano contratti da poco più di 5 euro l'ora: bisognerebbe essere un po' più coerenti». 

 

Il Cdm approva l'accordo con l'Albania 
Due settimane dopo le comunicazioni a Montecitorio del ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl di ratifica dell'intesa siglata tra Italia e Albania lo scorso 6 novembre per il rafforzamento della cooperazione bilaterale 'in materia di gestione dei flussi migratori provenienti da Paesi terzi, in conformità al diritto internazionale e a quello europeo'. «Il governo intende sottoporre in tempi rapidi alle Camere un disegno di legge che contenga anche le norme e gli stanziamenti necessari all'attuazione del Protocollo", aveva spiegato il titolare della Farnesina rispondendo alle critiche dell'opposizione, sul piede di guerra sia per i contenuti dell'accordo firmato sull'asse Roma-Tirana sia per il mancato passaggio in Aula previsto in un primo momento dall'esecutivo. Dopo il via libera in Cdm, Tajani ha spiegato che il costo annuale dell'accordo sarà «sotto i 200 milioni di euro. Molti di meno di quelli sequestrati dalla Guardia di Finanza per un cattivo uso del superbonus". Riguardo invece all'iter parlamentare del provvedimento, il vicepremier si è detto fiducioso che non sarà "difficile. C'è una maggioranza solida, ci sarà dibattito e sono convinto che alla fine il testo verrà approvato". Il protocollo prevede la realizzazione di due strutture sul territorio albanese sottoposte alla giurisdizione italiana, una presso il porto di Shengjin e un'altra nell'area interna di Gjader. Il testo approvato in Cdm autorizza alla ratifica del protocollo, ne ordina l'esecuzione e introduce disposizioni di coordinamento, di organizzazione, in materia di personale e di spese, di giurisdizione e per l'individuazione della legge applicabile, anche penale sostanziale e processuale penale.

 

Giorgia Meloni: «Della mia vita personale si è parlato senza pietà»
Due, anzi tre, accenni personali nella serie di domande che spaziano dal salario minimo alla manovra al rapporto tra politica e giustizia. I primi due sono sul filo della battuta autoironica, il terzo è più intimistico. Giorgia Meloni allora risponde così a chi, nel corso dell'intervista in diretta, anche tv, in studio a Rtl 102,5 per Non Stop News le chiede dei riflettori sulle sue vicende personali: "Beh, diciamo che delle volte si è parlato senza pietà delle mie questioni personali... Però, alla fine, elmetto in testa e si combatte". Più 'leggero' il passaggio in cui il presidente del Consiglio osserva sorridendo che "di segreti su di me ne sono rimasti pochi, visto che la mia vita ormai è tutta in piazza...». Decisamente autoironico il commento alla nuova classifica, quella di Forbes, che la piazza ai vertici come donna di potere nel mondo: "... si figuri come siamo messi...".

 

Alcuni bambini rapiti da Hamas abusati sessualmente 
«Sappiamo che alcuni bambini rapiti da Hamas sono stati abusati sessualmente. Non sono tra i piccoli che abbiamo in cura noi qui, si trovano in un'altra delle strutture mediche che hanno preso in carico gli ostaggi minorenni dopo il rilascio". Ne parla in un'intervista all'ANSA Omer Niv, vice direttore e pediatra dello Schneider children's medical center, il maggiore ospedale pediatrico di Israele e del Medio Oriente, dove sono in cura 19 piccoli ostaggi rilasciati dopo 50 giorni di prigionia a Gaza. «Sono come fantasmi. Soffrono di una depressione grave in misura mai vista prima, sono tristi, camminano lentamente, non vogliono uscire dalla stanza, scoppiano a piangere se vedono un estraneo, hanno paura, masticano il cibo lentamente, temono ogni rumore», racconta Niv. Abigail, Raz, Aviv, Yuval, Emilia, Ofri e tutti gli altri bambini strappati alla loro infanzia sono riemersi da Gaza senza punti di riferimento a cui aggrapparsi: le loro case sono state bruciate, i lettini non ci sono più, giocattoli e libricini ingoiati dalla distruzione che Hamas e Jihad si sono lasciati alle spalle il 7 ottobre. 

 

Fuga dal Mezzogiorno, più lavoro ma sempre più povero
Il Pnrr sta salvando il Sud dalla recessione, ma la crescita nel 2023 è dimezzata rispetto al resto del Paese, pari allo 0,4%, e non basta a fermare la povertà che dilaga sempre di più anche tra chi lavora. Il Rapporto Svimez sull'economia e sulla società del Mezzogiorno descrive un "meccanismo micidiale", con le parole del presidente Adriano Giannola. Quasi una famiglia di lavoratori su dieci nel Meridione vive in indigenza assoluta e tra bassi salari, anni di precariato, lavoro in nero e part time involontario avere un impiego spesso non basta per guadagnare abbastanza per vivere. Così si continua ad emigrare, nonostante l'occupazione aumenti. A partire sono sempre più i giovani laureati: circa 20 mila in un solo anno, nel 2021. Dal 2011 al 2023 il Mezzogiorno ha perso oltre un milione di residenti e il calo ha avuto intensità doppia nelle aree interne. Per Svimez il rischio è lo "spopolamento e il gelo demografico" con la perdita, al 2080, di 8 milioni di abitanti. "Numeri da far tremare i polsi", secondo il sindaco di Napoli e delegato dell'Anci, Gaetano Manfredi, che ha sollecitato un modello di sviluppo industriale del Mezzogiorno orientato ad imprese ad alto valore aggiunto e alto tasso tecnologico per garantire ai giovani lavoro di qualità. Il Rapporto Svimez ha indicato una rotta a partire dalle prime urgenze che sono salari, lavoro povero ed emigrazioni giovanili. Per crescere - è la ricetta - servono politiche industriali, ridurre il divario di genere e aumentare i laureati. Oltre alla piena attuazione del Pnrr, soprattutto al Sud, superando i ritardi dei comuni dovuti alla debole capacità amministrativa.