Giovani, formati e con stipendi da fame: lo sfogo sui social contro lo sfruttamento a cui la politica resta sorda

Il video virale dell’ingegnera è solo l’ultimo esempio. Sempre più lavoratori consegnano al web la delusione per le enormi disuguaglianze retributive. Il docente Scarpelli (Bicocca): «Andare dai giudici non è la soluzione, ma nei casi gravi sarebbe giusto farlo»

«Io a 27 anni devo vivere con 750 euro?». Il video in cui Ornela Casassa, una giovane ingegnera di Genova, racconta su TikTok le paghe da fame proposte a chi entra nel mercato del lavoro è passato sugli schermi di mezza Italia. È solo l’ultima di una lunga lista di giovani professionisti che consegnano ai social, a volte in via anonima, la delusione per le offerte che ricevono. Un “format” capace di accendere i riflettori su un problema, ma a cui nessuna istituzione fornisce poi una risposta.

 

«Quel no me lo sono potuta permettere. Perché i miei genitori mi avrebbero rimesso un tetto sulla testa se avessi perso l’affitto. Molti invece avrebbero dovuto accettare», ha spiegato Casassa a Repubblica. «Ma davvero vi sorprendete che i giovani siano sottopagati?».

 

Sulla stessa falsa riga c’è la denuncia di un architetto consegnata alla pagina Instagram Riordine degli Architetti: «Me lo spiegate voi come faccio a vivere a Milano con 700 euro?», scrive un professionista riferendosi all’offerta di collaborazione arrivata da uno dei più conosciuti studi di progettisti d’Italia. Offerta che ha rifiutato, rendendo pubblico lo scambio di e-mail. Iniziativa simile a quella iniziata dalla pagina Gentilissima Rivolta con focus sul settore della comunicazione: «Non vogliamo un ambiente in cui solo gli stronzi vanno avanti, dove i giovani sono in condizioni perennemente precarie, dove gli stagisti sono carne da cannone, dove i capi si comportano come se i diritti dei lavoratori finissero alle soglie della propria agenzia», hanno scritto, raccogliendo in pochissimo tempo tante storie di esperienze lavorative terrificati.

 

Per l’Osservatorio Inps il reddito medio annuo dei lavoratori dipendenti e autonomi tra i 20 e i 24 anni nel 2021 è stato di 9.911 euro. Per chi ha tra i 25 e i 34 anni, di 15.629 euro: i giovani sono per la maggior parte lavoratori poveri che arrivano con fatica a mille euro al mese.

 

Come spiega Franco Scarpelli, professore di diritto del lavoro all’università di Milano Bicocca, sono molteplici i fattori che determinano la cattiva qualità del settore occupazionale per i giovani: «Da un lato, c’è la difficoltà nell’incrociare domanda e offerta. Così molti seguono percorsi di formazione lunghi e articolati che non trovano uno sbocco adeguato. Dall’altro lato, e questo aspetto riguarda anche gli occupati meno qualificatati, c’è l’idea per cui i primi anni debbano essere caratterizzati da precarietà e retribuzioni molto basse. Questo si realizza o attraverso i contratti a termine oppure con i falsi stage».

 

Lo stage dovrebbe essere un percorso formativo transitorio. Quando, invece, diventa un modo per far lavorare le persone «a tempo determinato, senza prospettive, con compensi bassissimi, siamo di fronte a un utilizzo irresponsabile e irregolare che non può essere né giustificato né accettabile da punto di vista giuridico», sottolinea Scarpelli. Queste situazioni possono essere denunciate. «Non penso che andare dai giudici sia la soluzione ai problemi del mercato del lavoro ma nei casi gravi sarebbe giusto farlo».

 

Vale anche per le finte Partite Iva. Cioè per quegli autonomi che, in realtà, hanno solo un committente e nessuna voce nella determinazione dei tempi e dei modi con cui svolgere il lavoro. «Le imprese hanno una grande responsabilità sociale nella costruzione di opportunità d’impiego e percorsi di crescita per i giovani. Non è possibile che all’interno della stessa azienda esistano disuguaglianze enormi tra un neoassunto che, ad esempio, percepisce 1300 euro lordi al mese, neanche più sufficienti per vivere in città come Milano, e i dirigenti che guadagno dieci volte tanto», conclude Scarpelli.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso