Gli investitori temono che l’istituto svizzero da tempo in crisi non riesca a raccogliere i capitali necessari per il rilancio. Ma l’ondata di vendite si spiega soprattutto con le ipotetiche potenziali perdite nei bilanci degli istituti causate dalle minusvalenze sui titoli di stato

Effetto Credit Suisse sulle Borse. A soli due giorni dallo scossone innescato dal fallimento dell’americana Silicon Valley bank, i listini europei sono travolti da un’altra ondata di vendite. E questa volta sono le traversie del colosso elvetico a scatenare una tempesta finanziaria che ha coinvolto tutti i titoli degli istituti di credito. Non fanno eccezione le grandi banche italiane, con Intesa e Unicredit che nel primo pomeriggio viaggiano in ribasso del 7 per cento circa, così come Banco Bpm e Bper. Perdono quota anche tutte le società più importanti del listino milanese, tanto che l’indice Ftse Mib fa segnare da ore una perdita che oscilla intorno al 4 per cento.

 

Il detonatore della crisi si trova nella Paradeplatz di Zurigo, sede di Credit Suisse, in difficoltà ormai da un anno, per effetto di una serie di scandali e pessimi affari che hanno provocato perdite miliardarie in bilancio. Il piano di rilancio, con vendite di attività e un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi (circa 4,1 miliardi di euro) varato nell’autunno scorso, sembrava sufficiente quantomeno a evitare guai peggiori, compresi un clamoroso crack di uno dei marchi bancari più famosi al mondo.

 

Nei giorni scorsi però si è saputo che la Sec, l’organo di controllo sulla Borsa Usa, aveva chiesto alcune integrazioni al bilancio dell’istituto, giudicato poco chiaro. E ad affossare i titoli questa mattina sono arrivate anche le dichiarazioni di Ammar Alkhudairy, presidente della Saudi National Bank, l’istituto saudita che qualche mese fa ha comprato il 10 per cento del Credit Suisse. Intervistato da Bloomberg Tv, Alkhudairy ha smentito che la quota controllata dalla banca araba possa essere incrementata, come invece da tempo si vociferava sul mercato. Le parole del banchiere sono suonate come una esplicita dichiarazione di sfiducia sulle possibilità di rilancio del grande gruppo svizzero. Gli investitori ne hanno preso atto, vendendo a più non posso le azioni Credit Suisse.

 

La crisi appare tanto grave che sul mercato sono tornate circolare indiscrezioni su un possibile prossimo salvataggio pilotato dalla Banca nazionale svizzera. «Questa ipotesi non esiste», ha tagliato corto ieri sera Axel Lehmann, presidente di Credit Suisse, che nell’arco di un anno ha perso quasi l’80 per cento del suo valore borsistico e oggi, dopo quattro ore di contrattazioni faceva segnare un ribasso del 28 per cento.

L’incertezza sul destino della grande banca elvetica ha rafforzato il clima di sfiducia nei confronti dell’intero settore bancario, che pure era reduce da sei mesi di grandi rialzi. Il cambio repentino di umore viene spiegato con le minusvalenze potenziali nei conti degli istituti legate al calo delle quotazioni dei titoli di stato, presenti in grandi quantità negli attivi delle banche. In sostanza gli investitori temono che l’aumento repentino dei tassi d’interesse, cominciato nell’estate scorsa, possa in qualche modo alimentare una spirale di perdite nei conti degli istituti di credito. A tal punto che potrebbero rivelarsi una protezione insufficiente anche i requisiti patrimoniali imposti dalla vigilanza europea, molto rafforzati dopo la grande crisi finanziaria di una decina di anni fa. Va detto che tutte le maggiori banche italiane hanno appena reso noti i conti del 2022 con profitti in netto aumento rispetto al 2021 e che i titoli di stato sono per oltre la metà iscritti a bilancio in un’apposita sezione dell’attivo (held to collect) in modo da sterilizzare eventuali perdite.

 

Dopo mesi all’insegna dell’ottimismo, con le banche che venivano descritte come le principali beneficiarie degli aumenti dei tassi decisi dalla Bce, ora il mercato ha bruscamente cambiato parere e si interroga se i continui rialzi non possano alla fine innescare sui mercati finanziari una spirale difficile da controllare, di cui le banche sarebbero le prime vittime. Basterà la tempesta di questi giorni per convincere la Banca centrale di Francoforte a rallentare il passo? Lo sapremo giovedì prossimo, quando il Consiglio direttivo della Bce si riunirà per decidere un nuovo aumento dei tassi. L’attesa era per una manovra da mezzo punto percentuale, ma l’opinione prevalente sul mercato è che non si andrà oltre un incremento di 0,25 punti. Vedremo.