neofascismo
Dai libri alle associazioni, come si muove la propaganda fascista
Proselitismo e intervento sociale, ma senza insegne. Un modo per aggirare i divieti, ma anche l’espediente per affermare una cultura di estrema destra. Con in testa la casa editrice Altaforte e il manifesto teorico “Sorpasso neuronico”
Fare proseliti anche tra chi è lontano dalla militanza. Normalizzare la propria ideologia, sdoganando concetti e simboli che dovrebbero essere ormai fuori dalla storia. Convincere l’opinione pubblica di poter offrire la versione autentica dei fatti, oscurata da una fantomatica narrazione dominante. Su questi pilastri si fonda la rivendicazione dell’esistenza di una cultura di destra, portata avanti in maniera carsica e ora – con un partito come Fratelli d’Italia al governo del Paese – in modo più plateale. Un protocollo adottato dai movimenti di matrice neofascista per uscire dal sottobosco in cui si muovono i camerati e legittimarsi a livello sociale.
Emblematico è l’esempio di Altaforte: la casa editrice fondata nel 2018 come costola del Primato Nazionale, quotidiano online che si autoproclama «sovranista indipendente». Parimenti, le edizioni si propongono come «un marchio per rispondere a chi chiede chiavi di lettura alternative rispetto alle interpretazioni omologate e lontane dal politicamente corretto». Ed è facile intuire da dove arrivino queste chiavi di lettura. Altaforte, infatti, è creatura di Francesco Polacchi: ideatore del brand di abbigliamento Pivert (indossato, tra gli altri, da Matteo Salvini), ex responsabile nazionale di Blocco Studentesco e dal 2004 membro, vicinissimo ai vertici, di CasaPound. Più di una volta Polacchi è finito sotto processo per aver partecipato ad assalti contro attivisti di sinistra e per apologia di fascismo.
Altaforte promuove presentazioni dei suoi volumi in varie città, suscitando puntuali contestazioni. Si scatena il putiferio, nel 2019, quando viene invitata al Salone del Libro di Torino: gli organizzatori sono costretti a fare retromarcia e a escluderla dalla manifestazione. Polemiche montano pure nel novembre 2020 a Cernusco sul Naviglio, nel Milanese, per l’apertura della sua libreria. Che, di fatto, funge da base di CasaPound. A tenerne le redini il movimento manda un suo dirigente di Pavia, Lorenzo Cafarchio.
«In un video del dicembre 2020 si sentono i clienti di questa peculiare libreria intonare un coro: “Ce ne freghiamo della galera/camicia nera trionferà/se non trionfa sarà un macello/col manganello e le bombe a man”. Un’aria simile a quella che si è respirata per anni attorno alla sede pavese di CasaPound, di cui Cafarchio è stato capo e animatore. E lì, nel 2017, ha aggredito due militanti di un vicino circolo Arci. Episodio per cui è tuttora imputato», ricorda Luca Casarotti, presidente della sezione cittadina di Anpi Pavia.
La libreria di Cernusco, insomma, è lo strumento per mettere in pratica un metodo. Al di là del caso concreto, bisogna guardare alla questione teorica sottintesa.
Come spiega Casarotti, «un documento apparso in Rete nel 2008 aiuta a decifrare il fenomeno. S’intitola “Sorpasso neuronico” ed è firmato da Gabriele Adinolfi: fascista di lungo corso, elemento di spicco di Terza Posizione e della Guardia d’onore Benito Mussolini, è stato latitante all’estero dopo una condanna per associazione sovversiva e banda armata. Ebbene, il suo scritto è celebre tra gli studiosi della destra estrema contemporanea in quanto prospetta una strategia di entrismo e di mascheramento. Indica una linea di condotta: invece di confinarsi nel ghetto dei gruppetti neofascisti, i camerati devono agire in modo pervasivo ai vari livelli della società civile».
Le azioni da intraprendere, per Adinolfi, sono quattro. Rendersi attivi nel terzo settore, aderendo ad associazioni esistenti o creandone di nuove; sfruttare i ruoli ricoperti nell’amministrazione, nell’informazione, nel mondo produttivo e così via per diffondere le parole d’ordine funzionali alla causa; formare think tank che radunino dirigenti e intellettuali d’area; infine, qualora vi sia l’occasione, entrare nelle istituzioni. In ambito sociale, culturale e ricreativo, il lavoro va svolto rigorosamente senza insegne neofasciste. «È un tentativo di creare egemonia e, al contempo, di aggirare il problema storico del neofascismo postbellico: l’impossibilità, presentandosi a volto scoperto, di ottenere consensi che oltrepassino la cerchia dei già convertiti. È evidente come Adinolfi sintetizzi la prassi seguita dall’estrema destra negli ultimi decenni», prosegue Casarotti.
A provarlo sarebbero gli affari imprenditoriali di Polacchi e, risalendo agli anni ’80, quelli di Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, con l’agenzia Easy London. Poi ci sono le associazioni sportive, come La Muvra (CasaPound) e Wolf of the Ring (Lealtà Azione), di volontariato, come La Salamandra (CasaPound), o femminili, come quella intitolata a Evita Peron (Movimento nazionale – La rete dei Patrioti). Ma pure un centro studi come l’Istituto Stato e Partecipazione: il vicepresidente Emanuele Merlino, figlio di Mario, esponente di Avanguardia nazionale, è stato vicino a CasaPound e adesso guida la segreteria tecnica del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
«L’elenco dimostra che il mascheramento non è del tutto riuscito, perché la provenienza di tali realtà parapolitiche non è difficile da identificare. Il punto non è che esse facciano un’attività illegale, è che non si può non valutarne l’operato alla luce dell’obiettivo a cui mirano: l’egemonia tramite la leva dell’intervento sociale».
Il neofascismo, quindi, ha un’elaborazione teorica. «Si sbaglierebbe a pensare il contrario – conclude Casarotti – l’elaborazione, però, è esigua. In Italia sopravvivono due filoni teorici: il tradizionalismo che si richiama al filosofo Julius Evola e la nouvelle droite o “gramscismo di destra” riconducibile ad Alain de Benoist, da cui deriva la strategia analizzata. Conoscerli è importante, perché non sono appannaggio esclusivo dei gruppi dichiaratamente neofascisti, i quali versano in grave crisi, ma permeano la cultura di destra ufficiale. Hanno in comune la creazione di campi semantici: la tradizione, le radici, l’uso del mito… Parte della nostra capacità critica sta nel drizzare le antenne, senza scadere nella paranoia, qualora questi ultimi vengano branditi in programmi tv, convegni universitari o dibattiti politici».