Pestata da quattro poliziotti locali, aveva solo dato in escandescenze fuori da una scuola elementare. Ora indagini per lesioni e abuso potere

Una donna trans brasiliana è stata massacrata dalla Polizia locale a Milano. Il video che immortala la violenza ha fatto il giro del mondo. Si vede una donna che urla, dei poliziotti che la colpiscono più volte con un manganello: alla testa, alle costole, ancora alle gambe fino a ricoprirla di spray urticante. Quattro uomini armati contro una donna disarmata, a terra e mentalmente instabile. Un match irregolare su qualunque ring. Nell’epoca dei telefonini, nel tempo in cui di ogni evento ci sono decine e decine di filmati c’è davvero poco da discutere: i fatti sono questi.

Le prime ricostruzioni su quanto accaduto, parlavano di agenti della polizia locale intervenuti dopo essere stati richiamati da alcuni genitori perché la donna esibiva le proprie parti intime nei pressi di una scuola elementare. Una ricostruzione, resa nota dai sindacati. Veicolata da Silvia Sardone e Alessandro Verri rispettivamente commissaria delle Lega a Milano e Capogruppo in Consiglio comunale. «Ma l’assalto violento a una persona disarmata è inaccettabile. Davvero non siamo in grado di assicurare i più elementari diritti civili?» si domandava il consigliere di Milano del Pd, Michele Albiani chiedendo chiarezza.

Adesso una certezza c’è. Arriva dalla procura di Milano che ha smentito le ricostruzioni del sindacato. Gli agenti sarebbero intervenuti, secondo i pm, per la segnalazione di schiamazzi da parte della donna transessuale, ma non per atti osceni davanti ai bimbi di una scuola elementare. La procura ha aperto un fascicolo per lesioni aggravate dall'abuso della funzione pubblica sul caso. Il fascicolo è al momento contro ignoti perché manca l'identificazione precisa dei quattro vigili che sono stati ripresi da numerosi video durante il fermo che somiglia a un assalto. La donna trans ha piccoli precedenti di strada per resistenza e violazione della normativa sull'immigrazione.

 

Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano ha ricevuto una prima relazione di servizio sui fatti immortalati dai video. Almeno un ragazzo e una ragazza autori dei video si sono già rivolti agli inquirenti meneghini, ma sono numerosi i testimoni dell'accaduto in via Sarfatti che andranno sentiti dalla procuratrice aggiunta Siciliano. Il comandante della polizia locale Marco Ciacci, raggiunto da L’Espresso, ha deciso di non rilasciare dichiarazioni affidandosi alla ricostruzione che verrà inviata in Procura.

«Non è certo una bella immagine, è un fatto grave», ha detto il sindaco Giuseppe Sala, commentando il video, diventato virale, e non escludendo la possibilità di una denuncia, da parte di Palazzo Marino, nei confronti degli agenti coinvolti nel pestaggio. «I vigili sono stati messi in servizio interno. Successivamente, alla luce della relazione sono possibili due cose: provvedimenti interni come la sospensione o arrivare a una denuncia da parte nostra all'autorità giudiziaria, che non è una cosa da escludere». Per gli studenti della Bocconi, è «vergognoso picchiare una persona disarmata». Fuori dalla biblioteca e dalle aule lettura dell'Università Bocconi di via Gobbi a Milano gli studenti e le studentesse in pausa studio commentano il video. «Abbiamo visto tutti il video, è girato nelle chat di noi studenti in un attimo. Non so cosa sia successo prima ma è vergognoso picchiare così una persona disarmata», dice a LaPresse una studentessa al secondo anno di economia aziendale.

La questione che si pone è doppia. Prima l’abuso, lo Stato tutela i cittadini dalle ingiustizie e dai soprusi, non li esercita. E invece da sempre, spesso viene denunciato l’abuso dalle famiglie delle vittime: Patrizia Aldrovandi, la mamma di Federico, morto a 18 anni nel 2005 durante un controllo di polizia. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, massacrato nel 2009, che da senatrice dell'Alleanza Verdi e Sinistra, chiederà un interrogazione parlamentare.

Che chi dovrebbe farsi garante della sicurezza dei cittadini spadroneggi nelle strade è qualcosa che riguarda ciascuno di noi, il posto in cui viviamo.

E ancora la profilazione razziale uniti alla disumanizzazione del corpo trans, che ricopre da sempre un ruolo chiave nei crimi d’odio verso le persone Lgbt, come denuncia Arcigay Nazionale: «Il fatto che la persona oggetto del pestaggio sia una donna trans razzializzata può aprire ulteriori inquietanti scenari che devono essere chiariti fino in fondo senza lasciare spazio a dubbi o incertezze, perché troppe volte nella storia recente la violenza sistemica frutto dell’odio e della discriminazione ha investito le persone LGBTQIA+ sottoposte alla custodia delle autorità».