Le storie
Così il decreto Cutro condanna all’irregolarità centinaia di persone
Il Dl migranti approvato alla Camera elimina la protezione speciale, uno strumento che ha permesso a tante persone di sanare la propria posizione. Come racconta chi lavora sul territorio
Il Dl Migranti, il cosiddetto decreto Cutro, è stato approvato ieri alla Camera dei deputati (213 voti a favore, 133 contrari, 5 astenuti). Oggi pomeriggio saranno votati gli ordini del giorno e poi arriverà il via libera definitivo a un provvedimento che rivoluziona la gestione dei flussi migratori. Nel testo ci sono molti punti che andranno a modificare l’accoglienza di chi arriva in Italia, ma soprattutto sono due i punti su cui il governo ha puntato tutto.
La maggioranza festeggia, in particolare, per la creazione del nuovo reato per gli “scafisti”, per “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”. Sono previste, per questo, pene dai 20 ai 30 anni. E poi ha confermato l’abolizione della protezione speciale. L’emendamento al decreto Cutro era stato presentato lo scorso 18 aprile e prevedeva, nello specifico “una stretta alla protezione speciale introdotta dalla ministra Lamorgese e dalla sinistra nel 2020”, come sostenuto in particolare dalla Lega.
Ora che il decreto è legge, però, resta da capire come l’abolizione del permesso speciale andrà concretamente a modificare le attività degli addetti ai lavori. Perché, se è vero che il governo esulta per il risultato, l’atteggiamento verso questo cambiamento è molto differente negli uffici che quotidianamente si occupano di questione migratorie. Dalle questure in giù. E infatti, già quando il governo ha iniziato a discutere l’eventualità di una cancellazione del permesso speciale, c’è chi si è preoccupato di capire come potranno, adesso, essere risolti problemi e questioni che fino a oggi sono stati risolti grazie alla concessione di questo tipo di permesso.
La verità è che oltre la propaganda politica ci sono le storie concrete di chi chiede protezione e ci sono quelle di chi concede la protezione speciale, per motivi che nulla hanno a che fare con i cavalli di battaglia della destra. «Abbiamo casi per cui la protezione speciale è l’unica soluzione e la questura stessa ammette che eliminarla sarebbe un grosso problema», spiega Maurizio Bove, responsabile dipartimento Immigrazione della Cisl Milano e presidente dell’associazione Anolf. «Seguiamo sempre molte persone che hanno bisogno di una mano per orientarsi nel labirinto della burocrazia italiana» racconta Maurizio. «E poi ci sono storie concrete e molto diffuse che vale la pena di raccontare, per spiegare cosa significa protezione speciale e chi sono quelli cui in questo momento viene concessa».
Il caso di Marcos ha tenuto impegnati per mesi non solo il sindacato, ma anche tutta la scuola che frequenta il ragazzo. Di origine peruviana e in Italia da molti anni, il permesso di soggiorno del diciassettenne era legato a quello della madre. Quando all’inizio del 2020 lei è andata a trovare i familiari in Perù è rimasta bloccata dalla pandemia. «Voli bloccati, tutto fermo e la signora è stata costretta a rimanere nel Paese. Il problema è che, nel frattempo, le era scaduto il permesso di soggiorno in Italia e non potendo rinnovarlo in quelle settimane, il figlio si è ritrovato improvvisamente a diventare irregolare e a compiere contemporaneamente i 18 anni», racconta Maurizio Bove. La segnalazione al sindacato è arrivata dalle professoresse di Marcos, preoccupate perché, senza documenti, il ragazzo non avrebbe neanche potuto sostenere l’esame di maturità. Inoltre, essendo diventato maggiorenne da poco, non avrebbe avuto più la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, nel momento in cui la madre lo avrebbe rinnovato. Cosa che lei ha tranquillamente fatto una volta rientrata. Come risolverla? «A quel punto, come sindacato Cisl e come associazione Anolf, attiva sul territorio milanese dagli anni ’70, ci siamo rivolti alla questura – spiega Maurizio Bove – Parlando con la dirigente, che è persona intelligente e concreta, siamo arrivati alla conclusione che il permesso speciale era l’unica soluzione per regolarizzare un ragazzo che vive in Italia da anni e che è integrato al 100%». L’istanza è stata accolta immediatamente. «Ho avuto paura di essere mandato via dall’Italia», racconta il giovane Marcos. «Ho temuto che la mia vita mi fosse strappata via da un giorno all’altro. Non avevo mai considerato di non essere italiano e che tutto dipendeva da un pezzo di carta. Ora sono felice». A festeggiare anche i compagni di classe e le docenti di Marcos, che insieme al sindacato si sono attivate per risolvere il problema.
Il secondo caso in esame è quello di Sophie, una insegnante neozelandese che vive a Milano da oltre cinque anni. «Sono arrivata qui con un permesso di studio - racconta la donna – e poi sono stata assunta a tempo indeterminato in una scuola privata. Quando è arrivato il momento di rinnovare i documenti e di convertirli in permesso di lavoro, però, le cose si sono complicate». Ingarbugliata tra iter procedurali, problemi, documenti smarriti e lentezze, la domanda è rimasta in sospeso finché la finestra del decreto flussi si è chiusa. A quel punto la docente è diventata irregolare, pur avendo un contratto a tempo indeterminato, pur pagando i contributi allo Stato, pur avendo un affitto regolare. «Ho provato a risolvere il problema rivolgendomi a molte associazioni ma mi rispondevano tutti che non sapevano cosa fare, finché non ho incontrato Maurizio Bove. Lui e la sua associazione mi hanno salvato».
«Il caso di Sophie è stato una sfida – ammette Maurizio Bove – e anche la dirigente della questura è stata subito d’accordo che il permesso speciale poteva essere la soluzione», ha spiegato. «I criteri per cui questo tipo di permesso viene rilasciato, tra cui l’integrazione sul territorio, c’erano tutti e infatti è arrivato un parere positivo». Ora non resta che aspettare l’esito ufficiale della commissione nei prossimi mesi. «Sono in attesa, spero che la vicenda si conclusa e che io possa tornare alla mia vita, serenamente», ha raccontato Sophie.
«Queste sono solo due storie, ma ne abbiamo tantissime», racconta ancora il sindacalista. «Poi ci sono tutti i casi legati alla sanatoria del 2020, le cui domande a Milano per otre il 50% non sono state ancora processate. Il problema è che molte di queste persone in attesa di regolarizzazione hanno figli che una volta maggiorenni rischiano di diventare tutti irregolari», chiarisce. Tradotto in termini concreti, significa trovarsi con schiere di ragazze e ragazzi che vivono a Milano, parlano perfettamente in italiano, vanno a scuola, hanno amici e familiari e che in un secondo diventano fantasmi per legge, senza alcun diritto. «Per risolvere la questione, già prima del decreto Cutro, come Cisl abbiamo presentato domanda di permesso di soggiorno per motivi familiari per tutti quelli che di lì a poco sarebbero diventati maggiorenni. Anche in questo caso, il permesso speciale ha messo questi ragazzi al riparo».
Il permesso speciale, contrariamente a quanto sostenga il governo, non è una scappatoia per i furbi, ma uno strumento che risolve tutti i corti circuiti di una normativa che, per un motivo o per l’altro, non funziona come dovrebbe. «Questo tipo di permesso, con quel sacrosanto principio della valutazione dell’integrazione, ripara a quelle mancanze che la legge stessa provvede a creare – spiega ancora Maurizio Bove - Per la burocrazia lunghissima o perché ci sono evenienze impreviste come la pandemia. Nelle pieghe delle regole, si nascondono decine e decine di situazioni complesse che col buon senso si sistemano». Paradossalmente, con l’eliminazione del permesso speciale previsto dal governo, il numero degli irregolari aumenterà all’improvviso. «Non sono scartoffie, è la vita delle persone e le questure d’Italia sanno bene che è così», conclude Maurizio Bove.