Facciamo eco
I Pfas lasciano un’eredità tossica irreversibile. Ma la politica fa fatica a bandirli
I senatori dem e il governo Meloni ritardano lo stop definitivo per soddisfare gli interessi delle multinazionali. Nonostante le organizzazioni denuncino da tempo i danni all’ambiente e alle persone
«L’accesso a un ambiente pulito, sano e sostenibile è un diritto umano universale. È dovere di ogni Stato proteggere la popolazione dall’esposizione all’inquinamento». A stabilirlo, una risoluzione storica dell’assemblea generale dell’Onu approvata con 161 voti a favore il 26 luglio 2022. Su queste basi il Consiglio dell’Ue ha invitato la Commissione a promuovere un piano d’azione per eliminare i Pfas.
Che cosa sono? Sostanze chimiche poli- e per-fluoroalchiliche prodotte per il mercato globale e per un’infinità di usi. Dalla metà del secolo scorso vengono impiegate in una gamma sempre più ampia di prodotti di consumo e di applicazioni industriali, tra cui imballaggi alimentari, abbigliamento, elettronica, aviazione. I Pfas conferiscono proprietà idro e oleorepellenti, garantendo elevata stabilità e resistenza alle alte temperature. Caratteristiche discendenti dal legame carbonio-fluoro, considerato indissolubile e persistente nell’ambiente al punto da definire i Pfas «sostanze chimiche per sempre».
Il loro utilizzo ha creato un’eredità tossica irreversibile. L’inquinamento chimico nel mondo ha superato i limiti di sicurezza. I Pfas si accumulano nel corpo, alimentano la riduzione della biodiversità, inquinano le sorgenti. L’estrema persistenza e il loro uso diffuso hanno portato alla contaminazione di acqua, aria, suolo, fauna selvatica e popolazioni umane. Una calamità mondiale che in Europa colpisce soprattutto il nostro Paese. In particolar modo Piemonte, a causa delle attività della multinazionale Solvay, e Veneto, per quelle della Miteni. In quest’ultimo caso sono addirittura 350 mila le persone vittime dell’inquinamento dei Pfas presenti nell’acqua potabile.
Da tempo scienza, comitati, movimenti, associazioni ambientaliste chiedono la messa al bando della produzione dei Pfas. Nella precedente legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli il ddl “Norme per la cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Una buona proposta che fa proprie le ragioni della scienza e dei cittadini per impedire catastrofi peggiori di quelle già in corso. La cattiva notizia è che il ddl Crucioli in questa legislatura è stato messo da parte. Pochi giorni fa alcuni senatori Pd, tra cui Andrea Crisanti e Beatrice Lorenzin, hanno presentato un nuovo ddl che propone «un graduale percorso di uscita per le azioni che utilizzano i Pfas fino a uno stop definitivo per quelle non essenziali». L’effetto è quello di ritardare la scelta urgente di mettere al bando sostanze pericolose per la salute e il futuro. Evidentemente le ragioni della Solvay devono essere per i senatori dem e per il governo Meloni molto convincenti. Continuare a ritardare gli interventi di cui abbiamo bisogno dimostra ancora una volta che gli interessi legati a uno sviluppo insostenibile sono più forti di quelle della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute pubblica e alla sicurezza.
Le organizzazioni ambientaliste denunciano direttive europee sempre più edulcorate e aleatorie. Perciò pensano a una class action contro la Solvay in Italia per risarcire le vittime, come avvenuto in altri Paesi. Il colosso chimico statunitense 3M ha, ad esempio, patteggiato un accordo per risarcire con 10,3 miliardi di dollari le vittime provocate proprio dall’inquinamento idrico. L’obiettivo è eliminare i Pfas nei prodotti di consumo entro il 2025 e la loro messa al bando entro il 2030. Facciamo Eco!