Politica
L’ipercattolica Eugenia Roccella: una polemica al giorno e zero fatti. E anche gli alleati la mollano
Polemiche e provocazioni ma nessun intervento di sostanza: la ministra del “purtroppo” scontenta il mondo Pro-Vita che l’aveva acclamata al governo Meloni. E la vicecapogabinetto confessa: “Non possiamo cancellare unioni civili, aborto e fine vita. Occorre altro”
Eugenia Roccella è diventata, dentro il nuovo corso dei gruppi anti-scelta e anti-gender (evoluzione degli antiabortisti) più subìta che amata. Non per motivi ideologici. La ministra della Famiglia, della natalità e delle pari opportunità è stata accolta con giubilo dal mondo dei Pro-vita. Eppure, dopo nove mesi, pur tentando di costruire un’idea di mondo dichiarazione dopo dichiarazione, la lobby degli anti-scelta non è più convinta di aver puntato sulla persona giusta. Le polemiche, gli annunci e le smentite gonfiano un’agenda fatta di pagine bianche: abortire «purtroppo» fa parte delle libertà delle donne. L'alternativa «oggi è tra lo spritz e il figlio». Per non dimenticare la crociata contro chi dà nomi di bambini ai cani: («Così trasferiscono il bisogno di avere figli: serve una rivolta a difesa dell’umano»). La ministra porge quasi ogni giorno come legittima la sua visione politica. Spacciando così le parole come azioni di governo, in assenza del medesimo. Ma questo ai movimenti pro-vita e no gender che si chiamano tra loro “fratelli”, non basta più.
«Se cade la sbranano», è il refrain che rimbalza dentro Fratelli d’Italia. Il risentimento è visibile, basta fare attenzione a chi circonda la ministra. «Pensavamo che una come la Roccella, nella posizione in cui si ritrova, potesse provare a cambiare le cose, invece che accettarle perché tanto non si può tornare indietro. Ci siamo sbagliati, peccato», è la frase più gentile che tempesta i profili social della vice-capogabinetto scelta da Roccella, Assuntina Morresi. Non una persona qualsiasi ma un riferimento per il mondo neofondamentalista cattolico: professoressa universitaria, componente del Comitato nazionale di Bioetica, e autrice con Eugenia Roccella del libro “La favola dell’aborto facile. Miti e realtà̀ della pillola abortiva Ru486”. Già in prima linea nel Family Day del 2007 contro i Dico, contro il matrimonio ugualitario, contro il riconoscimento dell’omogenitorialità (definiva la legge Cirinnà come «molto pericolosa e inemendabile»), e ovviamente contro la “teoria del gender”.
«Non ci sta facendo fare una bella figura», insistono dal mondo pro-life. In effetti quella degli ultimi mesi è una figura un po’ così. E Morresi nel cercare di difendere il non-operato a stento lo nasconde: «Viene attaccata perché le cose le vuole cambiare, faccio notare. Ma non si possono cambiare tornando indietro, cioè cancellando le leggi sulle unioni civili e fine vita, per esempio. Ricordo anche che nella campagna elettorale del 2018 lei fu l’unica a chiedere ai leader politici di impegnarsi a cambiare certe leggi approvate dal governo Renzi, e nessuno si dichiarò disponibile (parlo di Salvini, Meloni, Berlusconi, Lupi nel gennaio 2018). Dobbiamo trovare altri percorsi per superare questa situazione».
Era infatti un’idea di Eugenia Roccella, da sempre distintasi per una politica della contrizione ma non dell’azione, la proposta di un referendum per abolire le unioni civili, («vanno verso la fine dell'umano» commentò nel 2018, insieme a Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Maurizio Gasparri). Non la seguì nessuno. «La Roccella è senza portafoglio», continua nella sua difesa la sua vice-capogabinetto: «I provvedimenti importanti sulla famiglia possono essere solo governativi, ce ne sono stati nella legge di bilancio e ce ne saranno nella prossima legge. L’unico provvedimento diretto che ha potuto fare è stato finanziare i Comuni per i centri estivi dei ragazzi».
Per quello che “vale” il suo ministero, tuttavia, Genia (come la chiamano i più intimi che la frequentano sin dai tempi del suo coming out come fervente cattolica, dopo aver indossato per anni la maschera della radicale) è riuscita a difendere nei fatti un tipo di “famiglia tradizionale”, quella dei suoi storici collaboratori offrendo loro delle nomine. La spesa che in dote ammonta a 500mila euro l’anno. Ma Roccella crede alla predestinazione alla Grazia («In passato sono stata incoerente. Poi ho iniziato a pregare ininterrottamente, sapevo di aver tradito e rinnegato come Pietro», ha dichiarato lei stessa), così da “calvinista” ha rinunciato al compenso ministeriale, nessun telefono e nessuna carta di credito di servizio. Nessun compenso neanche per il suo capo di gabinetto, il magistrato amministrativo Lucrezio Monticelli Caro, già consigliere di Stato, con una lunga esperienza nei ministeri a partire dal 1996. Già al suo fianco tra il 2008 e il 2011 con Sacconi al ministero del Lavoro, salute e politiche sociali quando lei era sottosegretaria. Pagati invece i suoi vice che possono vantare 130mila euro l’anno: la già citata professoressa Assuntina Morresi e poi Adriana Raffaele, già coordinatrice del Servizio affari generali del dipartimento dei Rapporti con il Parlamento del governo Draghi. A capo del settore legislativo Roccella ha portato con sé Antonella Valeriani (per 38mila euro di indennità), già commissaria della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e membro del cda dell’Enpaf, un passato con il ministro Sacconi tra 2009 e 2011, nello stesso ruolo. Con lei collaborano l’avvocato dello Stato Alfonso Peluso, suo vice a 40mila euro l’anno.
E la politica? Tolta la maschera dell’integralista del luogo comune, dell’agitatrice permanente e della costruttrice di barricate a vuoto, ha fatto ben poco: per la natalità a costo zero il codice di autodisciplina per le imprese a sostegno della maternità, un codice etico per le imprese che vorranno aderire. Per la famiglia; l’aumento dell’assegno unico del 50 per cento per il primo anno di vita del neonato, per tre anni per le famiglie con più di tre figli. Per le pari opportunità; il ddl Roccella-Piantedosi-Nordio contro la violenza sulle donne. Pessimo, come sottolinea Antonella Veltri, che presiede D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza: «Un pacchetto presentato ancora una volta in risposta ad un’emergenza che cavalca l’onda emotiva dell’ultimo femminicidio». «Perché questo ddl viene ritenuto una risposta ai femminicidi?», si è chiesta Simona Lanzoni, vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus: «Non tiene conto a monte della prevenzione ed è un’ulteriore risposta securitaria come hanno fatto tutti i precedenti governi in Italia: risposte parziali e ancora nessun intervento di prevenzione e protezione delle vittime. Abbiamo un piano strategico fermo da anni, quando verrà finanziato e reso operativo? Pensiamo alla sua applicazione invece che agli annunci e alle misure dettate dall’enfasi del momento».
Annunci e diversivi per dare a chi la teme, a chi la sostiene e a chi la guarda con sospetto l’impressione di occuparsi della politica di governo e contemporaneamente distrarli dalla sua assenza. Roccella da mesi presenta il suo libro “Una famiglia radicale”. Questo sì, un impegno concreto che richiede energie e inventiva. Ogni presentazione corrisponde a una nuova polemica, un titolo, una prima pagina. Ogni contestazione certifica la sua presenza al governo. La più nota quella al Salone del Libro di Torino. «Ce l’abbiamo fatta. Adesso chiamiamo la stampa e facciamo vedere quanto sono democratici a sinistra», sussurrava alla sua assistente la ministra dopo essere stata contestata nella sala Oval. Il senso del suo ministero è tutto qui: conservare la scena a ogni costo mentre nelle retrovie sono altri a tirare i fili.