Carta & penna
La vita ridotta a una messinscena permanente
La rappresentazione non riguarda solo i giovani e i social. Ma anche la politica e la comunicazione
Saranno gli accertamenti giudiziari a valutare ulteriormente la dinamica dell’impatto tra le auto coinvolte (ed anche le eventuali responsabilità penali) nell’incidente avvenuto lo scorso 14 giugno a Casal Palocco, nel quale un bambino di cinque anni ha perso la vita.
Il “fatto”, tuttavia, ha suscitato un grande dibattito, con diverse posizioni, circa la condizione esistenziale e psicologica dei giovani di oggi, soprattutto in relazione all’uso ormai così invasivo dei social.
Alcuni commentatori hanno insistito sull’aspetto più inquietante e degenerativo della Rete; altri hanno circoscritto questa tragica storia nell’ambito di uno dei tanti accadimenti mortali sulle strade italiane.
Eppure una riflessione va fatta e le domande che sorgono sono del tutto legittime. Una cosa è certa: oggi tra i giovani c’è una diffusione di gran lunga maggiore rispetto al passato di depressione, di chiusura nei confronti degli altri, di solitudine e disorientamento fino alle forme estreme di chi decide di estraniarsi totalmente dal mondo e si chiude in casa, coltivando esclusivamente le fantasie del Web.
Dove sono le radici di tutto ciò?
Impressiona vedere cene tra amici durante le quali quasi tutti sono chini sul proprio smartphone, rinunciando a un rapporto reale e comunitario con gli altri. Oppure è ancora più penosa l’abitudine di riprendere continuamente le proprie esperienze per poi postarle sui social. Se si fa un viaggio, invece di viverlo nel momento in cui si svolge, viene continuamente catturato da un video che deve stupire, suscitare invidia o partecipazione emotiva tra chi lo potrà vedere in tempo reale. Una sorta di spettacolarizzazione di ogni aspetto della vita quotidiana. L’ansia di comunicare e di esternalizzare ciò che andrebbe invece vissuto profondamente, nell’intimità, attraversando con chi ti sta accanto un’esperienza che dovrebbe essere unica, irripetibile, formativa. Si decantano, invece, le montagne, i mari, i buoni cibi in un ristorante valorizzandone solo l’aspetto esteriore. Trasformando la tua vita nella rappresentazione della vita.
Se si sfugge alla complessità del contatto con il mondo, alla fatica e alla gratificazione di un approccio autentico, si perde un aspetto fondamentale per capire te stesso. Nella dimensione della comunicazione si rinuncia a cercare ciò che veramente ami e scegli.
Si aumenta il desiderio estensivo di provare tutto, attraverso un’ansia infantile che indebolisce la tua identità.
Per Jung la costruzione di una personalità matura è tagliare, sfrondare, selezionare; non aggiungere. È un ordine interiore che dice: queste sono le mie priorità e questo voglio essere io. Non si risolve il problema con i divieti, facilmente eludibili, circa l’utilizzo dei social tra i giovani di oggi.
Piuttosto si tratta di far crescere più ampi territori di vita reale, fitta di legami “terragni” che smontano l’onnipotenza “aerea” della dimensione virtuale. Ma è possibile tutto questo? E qui ci sono tutte le nostre responsabilità: di una politica che essa stessa ha scelto di praticare la via facile e superficiale dell’effetto spettacolare da inventare ogni giorno, piuttosto che quella della costruzione colta e meditata di un cambiamento che possa durare.