Le guide de L’Espresso / A tavola
L’acciuga sta bene proprio su tutto
Protagonista di mille ricette e di abbinamenti tra i più vari, il pesce azzurro si adatta a molteplici usi
Un ricchissimo concentrato di virtù marine…e molto di più.
Protagonista di antiche leggende, guizza argentata in tanti detti nazional-popolari prestandosi a interpretare altrettante antropizzazioni e perfino certi vezzi attribuiti all’animo femminile: si parla della saporosa acciuga, la più ammiccante e vanitosa tra i pesci azzurri. Una credenza narra che le acciughe sarebbero nient’altro che la punizione di Dio alle Engrauline, piccole stelle luminosissime che avevano offeso la luna e annoiato il firmamento con il loro estenuante vaniloquio. Così Dio le fece precipitare in mare a «correre, a stancarvi, patir la fame e la paura», decretando una funesta sorte da sottile sottomarino per quei corpi celesti e una nuova fortuna per l’uomo che, lungi dal limitarsi ad ammirarne i bei riflessi luccicanti, prese soprattutto ad apprezzarle come cibo.
Questo fu vero non solo per chi, di acciughe fresche, poteva farne agile incetta vivendo in prossimità di porti e pescherecci, ma anche per coloro che, oltre i valichi, i passi e le valli, ne beneficiavano nella versione più longeva, sotto sale; raro non era trovare acciughe appese a testa in giù sopra le tavole delle sempiterne polente padane o, ancora più su fino alle Langhe e in Val d’Aosta, vederle arrivare dentro ai caruss, i carretti dei famosi anchoiers dalla Val Maira che giravano di cascina in cascina, per stradine inghiaiate o innevate, attraversando le piatte campagne per approdare fino in città come Torino e Milano, tirando o spingendo il loro carico di pesci salati.
Ma non basta, l’acciuga fa capolino anche nel repertorio di prelibatezze mediterranee, qui voluttuosamente sott’olio; si passa da quelle del Mar Cantabrico, le più carnose e ghiotte, a quelle più delicate della Liguria e della Sicilia.
Un sottile pescetto che dà mostra d’incredibile versatilità anche nelle ricette di carne come vivace comprimaria all’interno di basi e salse o nella sua preziosa quintessenza, la colatura, un sopraffino condimento per primi piatti ma anche per vegetali e uova, o, ancora, per incarnare quell’insostituibile quid in certi intingoli della tradizione – ben lo sanno gli amanti della bagna cauda.
Poi è nell’insolito connubio tra mondo ittico e caseario, di cui è tanto felice quanto rara se non unica testimone, che strugge in piacevolezza: sul pane appena tostato, adagiata su un generoso strato di burro, meglio se di malga, fa la storia di una vera libidine palatale.
DOLCE
La colatura di alici. La fermentazione rappresenta il metodo più utilizzato per la conservazione, pensiamo ai Garum (salse di pesce fermentato). E proprio questa preziosa salsa ambrata dall’intensa espressività umami, è preparata ancora secondo l’ancestrale tradizione. Per chi ama le alici questa è la loro quintessenza.
E AMARO
Bollicine e bianchi in abbinamento. Nonostante venga istintivo l’abbinamento con i vini bianchi diciamo “da spiaggia”, quelli beverini e aciduli, in realtà diventano troppo disarmonici con la parte amarotica e più selvaggia dell’alice che spadroneggia il gusto. Da premiare quelli più morbidi al sorso capaci di addomesticarne l’impronta.