Il caldo minaccia la vendemmia. Ma il vero pericolo è il fungo che, con la pioggia intensa di maggio e giugno, ha attaccato le piante soprattutto al Centro-Sud

In questa estate torrida, le alte temperature stanno mettendo a dura prova la vendemmia ormai imminente. Ma il pericolo maggiore è rappresentato dalla peronospora, ovvero il fungo delle piante, che si diffonde con la pioggia e che ha attaccato soprattutto i vigneti del Centro e del Sud Italia.

 

Questo fenomeno non è affatto nuovo per i viticoltori e si amplifica in presenza di determinate condizioni meteo. L’anomalia del 2023 è collegata al protrarsi della piovosità nei mesi di maggio e giugno, fasi critiche per il ciclo della vite, e alla difficoltà di intervenire sul campo proprio in ragione degli eventi atmosferici avversi», spiega Piero Mastroberardino, presidente di Mastroberardino società agricola srl, attiva in Irpinia da oltre due secoli, e vicepresidente di Federvini: «Negli anni precedenti abbiamo patito l’arrivo della grandine, in altri ancora le gelate. Tutto questo ci porta a gestire le nostre aziende con una visione temporale più ampia rispetto ad altri settori, puntando per esempio sulle giacenze dei vini in invecchiamento che, se fatte con criterio, permettono di generare valore aggiunto e compensare i danni derivanti da annate più difficili».

 

Quanto inciderà tutto questo sulla produzione di uva? «È sempre difficile fare previsioni, specie per noi in Irpinia, una terra montuosa le cui epoche di maturazione sono assai tardive rispetto al resto d’Italia. Iniziamo a raccogliere le uve bianche, Fiano e Greco, nella prima metà di ottobre e andiamo avanti con le uve a bacca rossa come l’Aglianico fino alla prima decade di novembre. Speriamo che la natura ci sorprenda, come a volte capita, consegnandoci una vendemmia non del tutto negativa come quella annunciata: sul piano quantitativo è molto probabile che ci sia una riduzione delle rese». Secondo i dati dell’Osservatorio di Unione italiana Vini, in Abruzzo e Molise si stima un calo di produzione pari al 30-40 per cento sulle uve convenzionali, mentre si sale al 70-80 per cento per quanto riguarda le uve biologiche. Raccolti dimezzati in Basilicata e nel Nord della Puglia, mentre in Sicilia la peronospora è circoscritta soprattutto al Trapanese e l’incidenza è minore (10-15 per cento).

 

«Anche nelle nostre tenute abbiamo assistito alla comparsa della malattia e non in tutti i vigneti siamo riusciti a contenere i danni entro una soglia accettabile», sottolinea Alberto Tasca, ceo di Tasca D’Almerita (che ha da poco ottenuto il riconoscimento di Benefit Corporation) e dal 2020 presidente della Fondazione SOStain Sicilia, che promuove la viticoltura sostenibile nella regione per favorire la condivisione di buone pratiche. «È necessario incrementare la ricerca e la formazione scientifica dei tecnici per ottenere un’agricoltura sempre più green. Attualmente l’unica possibilità per i viticoltori di salvare il raccolto è ricorrere a sostanze di sintesi: queste molecole, seppur a basso impatto, richiedono comunque un attento dosaggio al fine di ridurre al minimo gli effetti sull’ambiente. Altro discorso è quello della vendemmia: grazie alle piogge della tarda primavera i terreni hanno ancora buone riserve idriche e la vite è in fase di crescita vegetativa, quindi il caldo non avrà grandi effetti negativi sulla qualità”.