La regione conferma lo spazio all’ospedale Sant’Anna per “valutare le alternative” all’interruzione di gravidanza. E contemporaneamente toglie i fondi alle strutture previste proprio dalla 194 per assistere le donne

Lo confessa lo stesso presidente della federazione regionale del Movimento per la Vita, Claudio Larocca: «Facciamo quel che fa o dovrebbe fare un consultorio familiare». Si parla di quella che è stata battezzata la “stanza dell’ascolto”, uno spazio che sarà istituito all’interno dell’Ospedale di ostetrica e ginecologia Sant’Anna di Torino, il principale in Piemonte e uno dei più importanti in Italia, sia per parti che aborti. «Quando è necessario offriremo un sostegno medico, psicologico, anche legale, abbiamo anche alcuni ginecologi che lavorano al Sant’Anna. Forniamo un sostegno nell’acquisto di pannolini, vestitini, attrezzature», conclude Larocca.

Diritti negati
Gli antiabortisti all’ospedale di Torino: una stanza di ascolto per le donne “in favore della vita nascente”
31/7/2023

La stanza, grazie a una convenzione regionale firmata dalle parti, sarà nelle mani del Movimento della Vita, l’associazione antiabortista ben ramificata nel territorio e che ormai trova ampio spazio pure nel servizio pubblico, grazie alle politiche “per la vita” dell’assessore alle Politiche sociali di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone: come il Fondo per la vita nascente istituito l’anno scorso con 400mila euro e aumentato a un milione di euro per il nuovo anno. Soldi pubblici nelle mani di enti apertamente contrari all’applicazione della 194, e che invece sembrano mancare quando si parla di consultori familiari, i luoghi destinati dalla legge del 1978.

 

«I consultori non sono messi in condizione di far applicare la legge correttamente. Spesso l’approccio è ideologico, addirittura in qualche caso si spinge proprio per l’aborto», è la risposta di Larocca. E mentre i finanziamenti vanno agli antiabortisti i consultori chiudono, come quello delle Vallette, un quartiere di Torino periferico e che si trova per un ampio territorio senza riferimento, e di Grugliasco, un paese della cintura di 36mila abitanti, che ora deve fare riferimento a Rivoli.

 

Situazioni denunciate dalla consigliera regionale del Partito Democratico Monica Canalis con un question time: «Dal punto di vista legale questa iniziativa non è contro la legge, il problema è che in ogni ambito delle politiche pubbliche la collaborazione con il terzo settore si deve concepire in maniera corretta, non può avere un ruolo sostitutivo del welfare, ma integrativo. Bisogna rendere capillari i consultori, non si può finanziare con una mano e con l’altra chiudere», ha spiegato a L’Espresso.

 

Secondo la legge del ‘75 ai consultori spetta “assistere la donna in stato di gravidanza, informandola sui suoi diritti, dando assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile, per la prevenzione e il monitoraggio della salute in tutte le fasi della vita riproduttiva e anche contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza”.

 

Ma è in casi eccezionali che possono avvalersi di convenzioni con la collaborazione di associazioni e volontari. «Sono quindi i consultori, insieme agli altri servizi alla famiglia e all’assegno unico per i figli, dal settimo mese di gravidanza, l’architrave delle norme italiane sul sostegno alla famiglia. Dare fondi al volontariato è un modo strumentale e dal valore meramente dimostrativo dati i pochi fondi messi a disposizione», conclude Canalis.

 

La stessa legge prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti, mentre in Piemonte nel 2019 secondo l’Istituto Superiore della Sanità ce n’erano uno ogni 36.247. Troppo pochi. Forse anche per questo nell’ultima classifica ministeriale sui LEA, i livelli essenziali di assistenza, la regione, che nel 2017 era prima in Italia, ora è al settimo posto. Il punto debole è la medicina territoriale, in cui i consultori familiari sono compresi.

 

Un regione virtuosa che nel giro di pochi anni sta venendo meno: le politiche della giunta di destra di Alberto Cirio stanno facendo infatti scuola nelle altre regioni in mano alla destra, come ammette lo stesso Marrone. Evidenziando senza troppo timore, il vero obiettivo di queste azioni.

 

Nella convenzione appena firmata infatti si legge che si “autorizza l'associazione ad operare secondo le finalità del proprio statuto”, ma lo statuto del Movimento della Vita parla chiaro, all’art 3 dice: “la Federazione si oppone anche alla legge 194/78, così come ad ogni provvedimento che voglia introdurre o legittimare pratiche abortive, eutanasiche e di manipolazione intrinsecamente soppressive della vita umana”.

 

«Fanno una convenzione con un'associazione che si dichiara contraria a una legge? Il compito che è stato assegnato agli antiabortisti è previsto per i consultori, quello che queste persone fanno in un ospedale sa molto di caccia alle streghe», commenta Lara Ghiglione, segretaria nazionale Cgil con delega alle politiche di genere, che ha lanciato una campagna nazionale “Sì alle tutele, no ai tutori”, raccogliendo foto da tutta Italia e chiedendo un dietro front sul Sant’Anna.

 

«Non si sovvenzionano i consultori, importanti non solo per la 194, ma anche per gli screening di controllo, per la maternità, per la menopausa: ora sono scatole vuote dove mancano professionalità. Questa iniziativa si colloca nella campagna di colpevolizzazione nazionale contro le donne da parte di quelli che si fanno chiamare “prolife”».