Ci sono 364 metri quadrati di cemento a testa nel nostro Paese. Una cifra che continua ad aumentare giorno dopo giorno, nonostante i continui allarmi sulle conseguenze per la tenuta del territorio. Ecco le foto, prima e dopo, di alcune aree del Paese letteralmente mangiate dalle costruzioni

Italia sì, Italia no. La storia del nostro Paese ci ha lasciato in eredità un patrimonio di paesaggi, urbanistica, architettura e cultura che molti stranieri considerano il più bello del mondo. Oggi, dopo decenni di speculazioni edilizie e gestioni affaristiche del territorio, l’Italia contemporanea lascia in eredità ai propri figli un cubo di cemento con una base assurda di 364 metri quadrati per ciascuno. È la quantità pro capite di «suolo consumato», misurata nell’ultimo rapporto dell’Ispra: la quota assegnabile a ogni neonato della gigantesca colata di calcestruzzo e asfalto che ricopre il nostro Paese. Una crosta artificiale, uno strato impermeabile che continua a crescere.

 

 

L’Italia è sempre più cementificata e anche per questo ha problemi sempre più gravi di alluvioni, frane, siccità, inquinamento, emergenze climatiche e disastri ambientali. A livello nazionale spariscono, in media, più di due metri quadrati al secondo di aree verdi: 21 ettari al giorno, 77 chilometri quadrati all’anno. La natura in Italia è sotto assedio. Ogni anno, da decenni, scompaiono enormi estensioni di terre fertili, con effetti rovinosi sul territorio. Ai danni diretti all’ambiente, all’agricoltura, al paesaggio e alla vivibilità dei centri abitati, si somma la perdita delle difese naturali contro il dissesto: dove il suolo diventa artificiale e impermeabile, aumentano a dismisura i rischi di allagamenti, smottamenti, ondate di calore, eventi estremi.

 

 

In questa pagina pubblichiamo una serie di fotografie aeree utilizzate dai ricercatori dell’Ispra per misurare il consumo netto di suolo in Italia. Sono immagini recenti, scattate tra il 2022 e il 2023, che vengono accostate alle foto delle stesse zone negli anni precedenti. Il confronto permette di misurare e rendere evidente la cementificazione in corso nelle diverse zone d’Italia. Le direttive europee imporrebbero di frenare progressivamente il consumo di suolo, fino ad azzerarlo. Ma in Italia l’assalto edilizio continua, da più di mezzo, secolo, a ritmi che gli esperti definiscono «insostenibili». Nel 2022, secondo i dati dell’Ispra, il consumo di suolo ha raggiunto il livello più alto da oltre un decennio. Ma nella cementificazione generale, c’è anche qualche isola verde.

 

 

La perdita di aree naturali, prati, boschi e campagne è il risultato di due spinte opposte. Nel 2022 sono stati consumati, in totale, 76,8 chilometri quadrati di zone verdi. Alcuni comuni, ancora pochi, cominciano però a invertire la tendenza, a togliere la crosta artificiale per far respirare i terreni: le zone ri-naturalizzate ammontano a sei chilometri quadrati. Il risultato complessivo è comunque micidiale: un consumo netto di 70,8 chilometri quadrati di terreni fertili, pari a 2,2 metri quadrati al secondo. E questo solo nel 2022.  Nel 2023, secondo i primi dati, potrebbe essere andata anche peggio.

 

 

Nelle foto in questa pagina, vengono evidenziati alcuni esempi negativi di cementificazione di parchi naturali, coste e spiagge protette, costruzioni realizzate in zone ad alto rischio di frane e alluvioni, cantieri aperti in aree incendiate, parcheggi e centri commerciali che cancellano aree verdi nelle grandi città. Ma ci sono anche casi positivi di ri-naturalizzazione: cave e cementifici trasformati in prati e boschi; cantieri edilizi che diventano parchi pubblici. Le immagini ci interrogano: che Italia vogliamo?