Clima e mancati controlli sono alla base dell’invasione di animali e insetti nel nostro ecosistema. E i costi sono importanti

Formiche rosse, calabroni dorati e granchi blu: l’arcobaleno del regno animale vivacizza i nostri paesaggi, ma i danni all’economia rasentano già il miliardo di euro. L’Italia è diventata l’approdo preferito per nuove specie, amanti soprattutto delle zone costiere, dove la bella stagione dura  più a lungo e c’è cibo a sufficienza. Già il bel crostaceo dalla corazza cerulea, originario delle coste atlantiche americane, sta cingendo d’assedio le riserve della Sicilia orientale. Nel Palermitano la cimice marmorata asiatica fa scorpacciata di peschi, depositando uova senza tregua con una frequenza di 400 esemplari per due volte all’anno. «In Italia si sta assistendo alla diffusione di nuovi insetti, come imenotteri, cavallette africane e scarabei giapponesi, introdotti grazie alle nuove frontiere del commercio – spiega Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale. Anche l’innalzamento delle temperature e una diversa distribuzione delle piogge facilitano il loro proliferare».

 

E se il caldo record ha favorito la moltiplicazione degli insetti killer, specialmente sulle due isole maggiori, anche nei boschi degli archi alpini si intravedono i primi temibili coleotteri asiatici, come il Bostrico Tipografo, abile scavatore di gallerie nelle cortecce. E ha fatto la sua apparizione anche la Popillia japonica, uno scarabeo ghiotto di pomodori e peperoni, trasferitosi dalle sue Azzorre in Piemonte e Lombardia, dove ha scelto di defogliare i vigneti e molte piante da frutto. Secondo Coldiretti sarebbero 86 i Comuni della provincia di Alessandria in cui è stata segnalata la sua presenza. Ciliegie, mirtilli e castagne sono minacciati da un esemplare cinese di Dryocosmus, una sorta di formica alata.

 

La Sicilia rimane la più esposta alle nuove migrazioni e se nel 2004 il primo a spostarsi dall’Asia fu il punteruolo rosso, flagello delle palme, adesso è necessario combattere l’arrivo delle formiche di fuoco sudamericane. Giunte nei porti siciliani insieme alle merci sono oggetto di un recente studio, pubblicato sulla rivista Current Biology e guidato dall’Istituto di Biologia evoluzionistica di Barcellona in collaborazione con le Università di Parma e Catania. «Si tratta di un predatore generalista che può avere un grosso impatto su animali deboli o malati», osserva il ricercatore Mattia Menchetti dell’università iberica. Un grave pericolo per la salute umana, tanto da affibbiarle il soprannome di formica di fuoco per via delle terribili ustioni che la sua puntura provoca. L’intensa attività di scavo provoca danni ai sistemi elettrici e d’irrigazione. «Soltanto negli Stati Uniti questa specie ha causato perdite per sei miliardi di euro annui», spiega Mattia Menchetti.

 

Il cambiamento climatico è solo una causa della diffusione di queste specie aliene. Sotto accusa è il sistema di controllo dell’Unione europea, denuncia il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Frontiere colabrodo dalle quali passano nel nostro Paese «materiale vegetale infetto e parassiti vari». E quando fa caldo, non c’è tempo di pensare a soluzioni di contrasto, se ciò riguarda specialmente aree dove mancano prima di tutto i predatori naturali. Così, se negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione sulla protezione della biodiversità, ora ci si concentra sulla lotta biologica a difesa delle nostre specie autoctone. Il 60% delle estinzioni riconosciute nell’ultimo secolo (fonte Onu) è causato proprio da esemplari forestieri, un dato che cresce al 90% quando si tratta delle isole. Animali di ogni tipo e ovviamente microbi veicolati da alcuni insetti: li abbiamo trasportati noi, ovunque, scatenando una forza ora difficile da controllare