Il termine era il sottotitolo del convegno di Fratelli d'Italia. Ma è fuorviante perché tende a contrapporci agli altri e a essere una scusa per attaccare chi vuole un'Europa più forte

Vorrei condividere con voi alcune considerazioni riguardo ad Atreju, la manifestazione annuale di Fratelli d’Italia, cui ho partecipato il mese scorso. La prima riguarda l’evento stesso. L’organizzazione è stata perfetta, il luogo della manifestazione (Roma, sotto Castel Sant’Angelo) emozionante, il pubblico numeroso. Insomma, sono rimasto molto positivamente colpito. Ma andiamo avanti. Il sottotitolo della manifestazione era “Bentornato orgoglio italiano” e il tema dell’orgoglio è stato ripreso anche da Meloni nei suoi recenti auguri di Natale. Questo sottotitolo è appropriato per un partito nazionalista che vede nell’italianità qualcosa di identitario. Fratelli d’Italia nacque nel 2012, in uno dei momenti bui della storia italiana del dopoguerra, un anno dopo la conferenza stampa in cui Merkel e Sarkozy ironizzarono sulla fiducia che avevano nel primo ministro italiano. Fratelli d’Italia era la risposta a quell’ironia. Essere italiani era un valore. Ed era un valore di cui gli italiani sentivano il bisogno: sentirsi italiani è qualcosa che unisce e gli esseri umani hanno il bisogno di sentirsi parte di una comunità, familiare, cittadina, nazionale o calcistica («Dimmi cos'è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo», canta Venditti in Grazie Roma).

 

Ma il termine orgoglio è quello più appropriato? Prima di tutto, a essere razionali, perché si deve essere orgogliosi di essere italiani? Uno può essere fiero di quello che ha fatto, di quanto ha creato, del proprio lavoro, del bene fatto agli altri. Ma che merito c’è nell’essere nato in Italia? Siamo però anche esseri irrazionali e ci piace attribuirci meriti di altri, a noi lontanamente imparentati. Anche così il termine orgoglio è pericoloso. Secondo la Treccani il primo significato del termine orgoglio è «stima eccessiva di sé; esagerato sentimento della propria dignità, dei propri meriti, della propria posizione o condizione sociale, per cui ci si considera superiori agli altri». Ecco, il termine orgoglio tende a contrapporci agli altri. Certo abbiamo una tradizione, una cultura da difendere. Si può perciò amare il proprio Paese: nel 2022 il sottotitolo di Atreju era “Amore per l’Italia”. Forse sarebbe meglio limitarsi a quello.

 

Carlo Cottarelli

 

Poi, secondo FdI siamo davvero tutti italiani? Dai toni degli attacchi verso la «sinistra» (di cui non faccio parte ritenendomi un liberaldemocratico), mi sembra che all’interno degli italiani ce ne siano alcuni considerati, diciamo, traditori della fede nazionale, forse al soldo delle potenze straniere. Sì, perché i partiti nazionalisti spesso vedono anche un fronte interno da sconfiggere: è il fronte degli internazionalisti, in passato, e, oggi, degli europeisti, ossia di quelli che vogliono in qualche modo attenuare il concetto di Nazione per rafforzare l’Europa nel suo complesso.

 

E qui arrivo al mio ultimo punto, quello del rapporto tra un partito nazionalista e gli altri Paesi. Il problema dei partiti nazionalisti è che ce ne sono ovunque e ognuno reclama il proprio orgoglio nazionale. Il rischio è che a forza di insistere sull’orgoglio di essere italiani, francesi, tedeschi si finisca con l’alimentare se non l’odio almeno l’antipatia per chi vive al di là della frontiera. Sono duemila anni che è così in Europa e mi sembrerebbe il momento di smetterla, soprattutto in un mondo globalizzato dove, se noi europei non stiamo insieme, finiremo con l’essere relegati al ruolo di comparse globali.