Ci sono parecchie faccende misteriose, difficili da decifrare nella loro oscura complessità. Una di queste è, senza tema di smentita, l’occupazione del pomeriggio di Rai Due di Pierluigi Diaco con il suo varietà intergenerazionale altrimenti detto “BellaMà”.
Il programma va in onda giusto dopo la cronaca nerissima di Milo Infante, che gli lascia una generosa fetta di pubblico scosso dal suono dei coltelli e forse per questo, ma chi può dirlo, Diaco si sente in dovere di confondere le acque, alzando di molto il tono di voce, in un tentativo a tratti eroico di sovrastare il rumore di sottofondo che improvvisamente occupa lo studio.
Saltellando con poco agio tra le squadre di giovani vecchi e vecchi aitanti, il buon Pigi (per gli amici) cerca di interpretare più parti, possibilmente tutte insieme. Sempre col ditino alzato, che tanto ha dato alla televisione («Ho la sensazione che il genere umano sia imploso», «La droga fa male, leggera o pesante che sia»), il conduttore e il suo gobbo alternano suore, Paolo Brosio e sacerdoti (molte suore, molto Brosio, parecchi sacerdoti) alle esplosioni immotivate di musica di gruppo, perché per Rai2 passare da Tele Medjugorje al karaoke non è mai un problema.
Ma il mercato di “BellaMà” offre anche la storia di Sanremo, il ballo, le interviste sui gradini o al tavolino con tovaglia a quadretti e bicchieri d’acqua (che il vino fa male) e il capolavoro della posta del cuore con Valeria Marini, che elargisce i consigli d’amore il giovedì, come gli gnocchi, ostinandosi a non mettere gli occhiali da presbite non si sa bene per quale motivo. Per cui una volta legge “goloso” anziché “geloso”, un’altra intravede una parola su due e così via, tra un bacio stellare e qualche vaghissima allusione al sesso, anzi chiamiamolo cha cha cha che non sia mai la fascia protetta si turbi.
Poi, mentre Diaco mantiene quel suo tono da preside permaloso giusto un filo, al punto che si vaporizzano conduttrici ree di aver parlato nelle reti concorrenti, senza alcuna ragione apparente si arriva allo spazio di Nancy Brilli, che legge le favole mentre qualche malcapitato veste i panni di Cappuccetto rosso, precipitando in un solo attimo nel baratro della Melevisione.
Insomma, visto tutto questo ben di Dio, era prevedibile che al giornalista conduttore venissero chieste ben due prime serate per il prossimo dicembre. E tornano alla mente le sue parole pronunciate pochi giorni fa con lo sguardo ben fisso alla lucina rossa: «Vorrei salutare le persone dentro le carceri che ci guardano mentre stanno scontando la pena». La battuta conseguente sarebbe troppo facile, ma tanto fa già ridere così.
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DA GUARDARE
Il documentario Netflix è del 2018 ma la commozione con cui si guarda è vivida e capace di tenere insieme passato e futuro. “Quincy” è il lavoro straordinario dedicato a Quincy Jones, diretto e scritto da Alan Hicks e Rashida Jones. Da recuperare o da rivedere, per dire ancora una volta che se ne vanno sempre i migliori.
MA ANCHE NO
Sono anni che si sente invocare il ritorno della “Talpa”, il reality andato in onda nel lontano 2004 e definito come l’unico vero e convincente esempio del suo genere. Il problema però è che a furia di fare accorati appelli qualcuno si è preso la briga di dargli ascolto. E l’ha riproposto sul serio.