Scompare a 84 anni il giornalista romano. Che ha inventato il salotto in cui gli ospiti si aprivano nel pubblico e nel privato

Maurizio Costanzo, l’uomo che ha vissuto il mondo dell’informazione e dello spettacolo con un istinto bulimico, per fare tutto, toccare tutto, scrivere tutto, radio, teatro, giornali cinema - non ultima la sua collaborazione per il nostro giornale Per buona memoria - esce di scena attraversando il palco con lo stesso passo con cui aveva calcato il Parioli oltre quattromila puntate fa.

 

84 anni passati perlopiù a comunicare, aveva creato una cifra del tutto inedita, inventando dal nulla un dialogo con gli ospiti, che metteva comodi come in salotto. Li chiamava, li coltivava, li blandiva, li sgridava, tutto in scena, perché fosse ben chiaro che lo show portava il suo nome non certo per caso.

 

Il tutto era cominciato nel 1976 con Bontà loro, nato da un’idea di Angelo Guglielmi, nel cui studio si accomodavano personaggi chiamati a rispondere di vicende pubbliche sì, ma soprattutto private. Così il politico di turno si scopriva capace di intrattenere, lo spettacolo si insinuava in meandri sino ad allora totalmente inesplorati e la strada della televisione che sarebbe arrivata da lì a breve era ormai segnata. E quando nacque Il Maurizio Costanzo Show non restava che ripassare l’aratro del mestiere su quei solchi che tanto piacevano allo spettatore curioso.

 

Con il salotto mediatico o, per dirla con Umberto Eco, con la nascita della neotelevisione, la distanza tra chi applaudiva la battuta e chi la battuta la regalava si era accorciata in un istante: addio quarta parete, addio format precostituiti, per dare spazio a un salotto condiviso che poi, nel bene e nel male ha fatto scuola ed eredi spesso maldestri.

 

Costanzo, col suo accento smaccatamente romano, la sua postura così antitelevisiva ha creato dal nulla comici, attori, opinionisti di vario genere e numero, David Riondino, Daniele Luttazzi Gioele Dix, Giobbe Covatta, Enzo Iacchetti, Dario Vergassola, Valerio Mastandrea. Ha accolto protagonisti importanti della società e della politica, facendosi portatore sano di battaglie sociali. Ma ha anche spalancato le porte e le quinte al tiro al bersaglio, alla provocazione urlata, alla briglia sciolta, l’insulto, l’attacco, i litigi spinti e sdoganati fino a diventare tormentoni attesi, dove tutto si faceva spettacolo, semi gettati sul terreno della tv in favore di platea, mentre lui, il Capocomico, teneva le fila, spingeva e frenava, tesseva e dirimeva, sera dopo sera, per poi ricominciare.

 

Oggi, la sua scomparsa fa rumore, in una televisione che perde i suoi pezzi fondanti. E viene da chiedersi quanto quei germogli così ben costruiti, lanciati nel tempo, abbiano dato i loro frutti. E quanto invece i pallidi eredi di Costanzo si riducano solo a un blando tentativo di imitazione, di quella costruzione minuziosa dello show, architettata da mani nate per tenere saldo quel setaccio. Dove la polvere diventava sostanza, tenuta insieme da un cercatore d’oro coi baffi.

L'edicola

Voglia di nucleare - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso

Il settimanale, da venerdì 28 marzo, è disponibile in edicola e in app