Davanti a procedure lunghe e farraginose, ci sentiamo come il protagonista de “Il castello”. Sembra più facile far finire una guerra che risolvere una grana contributiva. Chiedere ai signori Stark e Menapace

Quei vecchi oggetti rettangolari pieni di parole che si chiamano «libri» sono ancora utili per conoscere il mondo e l’Uomo. Se uno vuole capire l’Inps deve assolutamente leggere “Il castello” di Franz Kafka, oggi perfettamente riattualizzato nella vicenda di Robert Stark, pensionato con Quota 100 del Trentino, alla ribalta nelle cronache per una notizia eclatante: l’Inps gli ritira cinque mesi di pensione e gli chiede indietro 19 mila euro per averne incassati 77 per una giornata di lavoro da comparsa sul set di “Io trafficante di Virus”. Vedi a volte a fare le cose onestamente?

 

Il mondo ha delle regole ben precise che sono fatte per tutelarci: Quota 100 prevede fino a 5.000 euro di guadagni annui extra con il lavoro dipendente, ma zero con quello autonomo. Poco importa se per meno di cento euro uno ne deve perdere migliaia, poco importa se il tribunale ha già dato ragione ad Angelo Menapace, un uomo di Lucca che per non lavorare in nero un mese dal cugino accettò 280 euro e anche lui fu privato della pensione. In quel caso il tribunale si è pronunciato a favore di Menapace e c’è da aspettarsi che accada lo stesso per il signor Stark, che nel frattempo è costretto a vivere grossi disagi e a procurarsi un avvocato, intentare una causa e attendere i tempi della giustizia per ristabilire qualcosa che in un Paese del 2024 dovrebbe richiedere mezza mattinata a uno sportello.

 

Kafka scrive ne “Il castello”: «Uno dei principi che regolano il lavoro dell’amministrazione è che non si deve mai contemplare la possibilità di uno sbaglio. Errori non se ne commettono e, anche se ciò per eccezione accade, come nel suo caso, chi può dire alla fin fine che sia davvero un errore?». Ecco l’intuizione geniale di Kafka, quella che molti di noi hanno provato: l’affresco che fa del potere e della burocrazia è talmente inscalfibile da indurre sempre noi a pensare di essere nel torto.

 

«Poiché non era riuscito a dimostrare la colpa e di conseguenza non aveva potuto ottenere nulla per le vie ufficiali, doveva ricorrere esclusivamente alle preghiere e abbordare i funzionari a titolo personale». L’agrimensore K., protagonista di questo romanzo incompiuto, si trova strangolato nei gangli burocratici tanto da non arrivare mai, in tutto il suo percorso, a parlare con il signor Klamm, il funzionario incaricato di occuparsi di un incarico per cui è stato convocato al castello ma di cui nessuno sa nulla.

 

Provate a leggere il sito dell’Inps e a non sentirvi come K., forse con una laurea in Ingegneria informatica riuscirete a comprendere tutti i suoi menu sterminati, una struttura del sito talmente ramificata che anche solo trovare un semplice regolamento è arduo; poi avventuratevi nella lettura di regolamenti e procedure e forse con una laurea in Legge e una in Economia riuscirete a capire di cosa parlino. Il linguaggio burocratico dei regolamenti è avvilente, ti fa subito sentire estraneo, inadatto.

 

Il fatto più agghiacciante nel silenzio che circonda questa vicenda è quel tremendo senso di inevitabilità che avvertiamo. Quasi nessun influencer o commentatore dedica un’Instagram stories a Stark, come invece si fa per cause largamente più condivise. Viene da pensare che un italiano oggi ritenga più probabile, tramite i suoi post, porre fine a un conflitto bellico che cambiare l’Inps.