Burocrazia
Perché fare il passaporto è ancora una via crucis
C’entrano la Brexit, la “ripartenza” del turismo, il flop della Cie e la mancanza di personale. Così in molte città l’attesa di sei mesi è diventata la normalità
File interminabili solo per un appuntamento. Con la prima data offerta che, in qualche caso, è a estate finita. Come per le carte di identità elettroniche anche per i passaporti si è verificato un ingorgo burocratico destinato a durare. Se non bastasse il disagio, c’è la spesa: per avere un passaporto nuovo o per rinnovare quello vecchio ci vogliono 116 euro, 73,50 per la marca da bollo più altri 42,50 euro per il bollettino. Senza contare le foto, da un minimo di 5 euro a un massimo di una decina. Infine un surplus di scomodità: il bollettino si può pagare soltanto fisicamente in un ufficio postale.
Fino a prima della pandemia la media dei documenti emessi ogni anno dalle questure e dai commissariati era di circa 2 milioni di pezzi. Nel 2023 saranno il doppio, stando alle stime e tenendo conto che c’è un bell’arretrato. Per tre anni, dal 2020 al 2022, in piena pandemia, nessuno ha rinnovato i documenti per l’espatrio. La burocrazia, refrattaria a prevedere soluzioni, è spiazzata. Tanto più che con le richieste di passaporti raddoppiate, i poliziotti di questure e commissariati sono sempre gli stessi.
In passato, per ottenere tramite la piattaforma per le prenotazioni online un appuntamento di persona (passaggio ineliminabile perché devono essere depositate, tra l’altro, le impronte digitali) era necessario qualche giorno e i tempi di ritiro del documento oscillavano da un paio di settimane a un mese. Iter non proprio celere ma non proibitivo, come oggi. Da qualche tempo gli uffici passaporti si sono trasformati in luoghi di passione: per i cittadini, costretti ad attese spropositate anche di 5 o 6 mesi e per gli stessi poliziotti.
Il passaporto è un documento relativamente complesso da un punto di vista tecnico e la sua lavorazione richiede tempi lunghi e professionalità specifiche. La preparazione dei libretti di 48 pagine è a cura del Poligrafico dello Stato su cui vengono poi stampate due foto tessera, una più grande e una di misura ridotta, i dati del soggetto (nome, cognome, data di nascita ecc..). In copertina viene introdotto un chip anticontraffazione che venne adottato, in particolare su pressione degli Stai Uniti dopo l’attentato alle Torri gemelle. Un accorgimento che fa ritenere il documento italiano tra i più sicuri.
Ma la voglia di viaggiare dopo lo stop imposto a partire dal 2020, protrattosi per effetto dall’onda lunga della pandemia, è solo una delle ragioni dell’exploit di richieste che ha mandato in tilt il sistema passaporti la cui validità è di 10 anni.
C’entra anche la Brexit. Gli spostamenti dall’Italia verso il Regno Unito erano consistenti prima della pandemia e sono tornati a esserlo subito dopo. Ma prima era sufficiente la carta d’identità, ora occorre il passaporto. La terza ragione che ha scatenato la corsa ai passaporti è stata la crisi della carta di identità elettronica (Cie), di cui L’Espresso (numero 16, 23 aprile 2023 “All’Anagrafe da incubo vincono i furbi) si è già occupato.
Centinaia di migliaia di italiani hanno sbattuto il naso sul percorso impossibile per la Cie e in alternativa si sono fiondati sul passaporto, magari senza averne stretta necessità o anche senza avere in mente viaggi all’estero, nella speranza che il percorso burocratico per quest’ultimo documento fosse meno impervio e lungo dell’altro.
Una congerie di circostanze che ha avuto l’effetto di moltiplicare le difficoltà. Tra i più colpiti economicamente dalla lentocrazia sono i piccoli e grandi imprenditori delle vacanze organizzate e le circa 7 mila agenzie del comparto turistico definito in gergo outgoing, ossia dei viaggi dall’Italia verso l’estero.
Per le agenzie, i passaporti sono pane quotidiano. Dopo la lunga stagnazione, a Natale i biglietti aerei per l’estero sono stati 120 mila. Ma la crisi dei passaporti ha in parte raffreddato la ripresa e anche molti pacchetti turistici sono saltati. Assoviaggi, una delle organizzazioni delle agenzie turistiche, ha stimato che tra inverno e inizio primavera sono stati cancellati 80 mila viaggi organizzati.
La Federazione del turismo organizzato (Fto) della Confcommercio ha effettuato una sua rilevazione sulle prenotazioni online per la richiesta del passaporto. Ne è venuta fuori una graduatoria, stilata per L’Espresso, utile per capire quali sono i punti più dolenti dell’affanno burocratico. Naturalmente si tratta di dati tendenziali di fronte a numeri fluidi, destinati a cambiare di continuo. Ci sono otto città grandi e medie dove per giorni sono state rifiutate le prenotazioni: Torino, Cuneo, Bergamo, Verona, Treviso, Parma, Bari, Monza. Secondo la rilevazione Fto, a Roma chi ha prenotato a inizio maggio ha avuto una data utile non prima del mese successivo. E così a Varese, Imperia, Perugia e Catania. A Cosenza si può prendere un appuntamento solo dopo Natale, a Potenza a novembre, a Bologna a ottobre, a Venezia a settembre, ad Ancona ad agosto.
Per contenere l’ondata di richieste, in qualche questura hanno allungato i tempi di lavorazione oppure hanno lanciato gli open day, cioè aperture il sabato e la domenica sull’esempio di quel che fanno i Comuni con la carta d’identità. Grazie a questo impegno, in alcune città la crisi è stata contenuta, ma nella maggioranza lo scontento dura da mesi e durerà ancora a lungo. La ministra del Turismo Daniela Santanchè e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi avevano annunciato un intervento congiunto poi caduto nel vuoto.
Questione di mezzi e di personale. «Bisognerebbe che il governo prendesse di petto la vecchia faccenda della formazione dei poliziotti da cui dipende anche la funzionalità degli uffici passaporti. Ma purtroppo l’argomento è sottovalutato», spiega Felice Romano, segretario del Siulp, lo storico sindacato degli agenti. L’età media in polizia è di 50 anni e da qui al 2030 andranno in pensione 40 mila lavoratori, quasi la metà di tutto l’organico che è di 95 mila. Ci sarà, insomma, un gigantesco ricambio. Dal 2018 i sindacati hanno ottenuto per contratto la copertura del 100 per cento delle uscite e nel Milleproroghe il ministro Piantedosi ha garantito i finanziamenti necessari. Ma il settore della formazione dei nuovi assunti resta molto carente. Per effetto delle cartolarizzazioni effettuate ai tempi di Giulio Tremonti ministro del Tesoro, le 26 scuole di polizia sono state ridotte a 6 e la media dei lavoratori formati è scesa da 10/12 mila l’anno a 3.500 diventati 2.500 negli anni della pandemia.
Insomma, c’è stato un calo verticale dei ritmi della formazione proprio nel momento in cui ce ne sarebbe stato più bisogno, cioè quando il trend dei pensionamenti ha cominciato a salire in modo vistoso. I nuovi pensionati erano meno di 2 mila l’anno fino al 2014, nel 2022 sono stati 4.800, nel 2023 saranno 6.200 e così via fino al 2030. Il Siulp aveva chiesto al governo uno stanziamento di 10 milioni di euro per rimettere subito in funzione alcune scuole, a cominciare da quella di Benevento che era stata dei carabinieri o la scuola della polizia di Foggia. Ma il governo ha detto di no, con tanti saluti al diritto dei cittadini di avere un passaporto e alla legge che imporrebbe agli uffici di consegnarlo in 15 giorni.