L'emergenza
Se non si investe nella sicurezza, la strage sul lavoro non si fermerà mai
Nonostante le continue notizie di morti sui luoghi di lavoro e l'indignazione, le statistiche continuano a fotografare una situazione drammatica. Anche per ragioni culturali
Il disastro nel cantiere del supermercato Esselunga di Firenze, costato la vita a cinque operai, ha riacces i riflettori sulla conta delle vittime di infortuni. Perché è proprio il settore delle costruzioni ad avere il primato dei decessi. Complessivamente, nel periodo compreso fra 2020 e 2023, le persone interessate sono state 4.622. Lo dicono i numeri dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega di Mestre che dal 2010 raccoglie ed elabora i dati degli infortuni mortali e non. «La situazione è purtroppo stabile e si nota una leggera diminuzione solo per quanto riguarda gli infortuni in itinere (1.004)», spiega Federico Maritan, direttore dell’Osservatorio. «L'incidenza degli infortuni indica il numero di lavoratori deceduti durante l’attività in una data area ogni milione di occupati e permette di confrontare la realtà del fenomeno tra le varie regioni, generi, settori, nazionalità». Ma quali sono le categorie che rischiano di più?
«Alla luce dei recenti fatti di cronaca, i cantieri edili ma anche quelli navali registrano il maggior numero di vittime perché si tratta di luoghi in continua evoluzione: non è la catena di montaggio di una fabbrica dove è possibile intervenire sulle criticità in maniera rapida. E la loro messa in sicurezza è un tema sempre caldo. Per quanto riguarda la fascia di età degli infortunati, da anni ormai notiamo che i più colpiti sono gli over 65 e i giovanissimi: i primi hanno incidenti gravi, i secondi si fanno male più spesso. Forse per inesperienza. Lo stesso Testo unico per la sicurezza sul lavoro, che recepisce numerose direttive europee emanate nel tempo, impone la valutazione dei rischi per i lavoratori e sarebbe opportuno tenere conto anche dell’età di chi fa un determinato lavoro. Problema molto difficile da gestire».
Un discorso a parte va fatto per i lavoratori stranieri che presentano un doppio rischio. «Si fanno carico dei lavori più pesanti, ma c’è anche un aspetto culturale da considerare: il lavoratore migrante spesso non fa richiesta di interventi mirati alla sua sicurezza. E qui si arriva alla necessità di puntare sempre più sulla formazione, dall’imprenditore al progettista all’operaio. Tutti devono essere messi in condizione di svolgere bene la loro attività».