Mafia
Francesco Schiavone, il Sandokan dei Casalesi, si è pentito. Collaborerà con la giustizia
Il capo del clan di Camorra era in carcere da 26 anni ed era condannato all'ergastolo. Le sue confessioni potrebbero aprire le porte a nuove rivelazioni su alcuni misteri irrisolti e sul rapporto tra clan e politica. Roberto Saviano: “Collaborerà davvero o lo ha fatto solo per evitare il carcere a vita?"
Francesco Schiavone, il boss della Camorra conosciuto come "Sandokan", si è pentito. Era uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese, custode di importanti segreti, ma dopo 26 anni di prigione, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro, il capo indiscusso del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia.
La notizia, riportato per prima dal quotidiano "Cronache di Caserta", è stata confermata dalla Direzione Nazionale Antimafia. In questi giorni le forze dell'ordine si sono recate a Casal di Principe per proporre ai parenti del capoclan, tra cui il figlio Ivahnoe, di entrare nel programma di protezione. Secondo quanto si apprende, la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione.
Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all'ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l'uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.
A oggi restano Irriducibili nella loro volontà di non collaborare con lo Stato l'altro storico capo dei Casalesi Francesco Bidognetti, noto come "Cicciotto e Mezzanotte", in carcere dal 1993, e Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza. Tra i boss dei Casalesi che hanno invece deciso di collaborare con la giustizia compare invece anche Antonio Iovine, "o ninno", arrestato nel 2010 dopo 15 anni di latitanza.
Schiavone, soprannominato Sandokan per una presunta somiglianza con Kamir Bedi che aveva interpretato negli anni ’70 il personaggio in una nota serie tv, è nato a Casal di Principe il 3 marzo del ’54. Condannato diverse volte, anche per omicidio, e a un ergastolo al termine del processo Spartacus, è oggi al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha respinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali
«Il pentimento di Francesco Schiavone è sicuramente un po' tardivo ma è comunque importante, perché vuol dire che anche queste persone hanno una coscienza» ha commentato Marisa Diana, sorella di don Peppe, il sacerdote ucciso dal clan dei Casalesi il 19 marzo del 1994, di cui quest'anno è ricorso il trentennale.
Non si è fatto attendere il duro commento di Roberto Saviano: «Schiavone collaborerà o vuole solo evitare l'ergastolo?». Così lo scrittore di Gomorra ha scritto su Instagram: «Schiavone è il capo del clan dei Casalesi (insieme a Bidognetti) e ha deciso di collaborare con la giustizia. Sarà davvero così? Collaborerà dando informazioni importanti o farà come il figlio e la moglie (e altri ex capi) che a oggi hanno detto molto poco?». E poi lo scrittore di Gomorra conclude: «Conscio della debolezza dello Stato alla ricerca solo di poter comunicare un pentimento, gli basterà dare qualche prova di omicidio, qualche tangente ed evitarsi l'ergastolo? Riuscirà a farlo senza svelare dove si trovano i soldi della camorra e senza dimostrare i legami politici imprenditoriali reali? Lo scopriremo monitorando e analizzando quello che accadrà».