Incontro con l'attrice ospite del Lovers Film Festival di Torino. «È facile far ridere di questi tempi ma lo è anche avere paura. La satira è il termometro di una democrazia»

Sono una donna, sono una madre. Sono una lesbica. E faccio ridere parecchio. In estrema sintesi si potrebbe raccontare così Annagaia Marchioro attrice comica sorridente e luminosa come paillette della sua giacca. E che impugna la satira come una clava, per menare forte. «Satira, che bella parola» dice Marchioro poco prima di salire sul palco ospite del Lovers Film Festival di Torino, un luogo amico, tra amici. «Venire qua al Lovers ovviamente mi dà una grandissima carica perché sai di trovare persone che sono alleate, che la pensano come te ed è una sensazione gradevole oltre che rara, che vorrei trovare anche nella vita di tutti i giorni. Invece oggi per fare satira davvero sei letteralmente costretto ad armarti. Sì, io mi sento una comica armata»

 

In che senso?
«Oggi viviamo in un Paese che considera divisivo persino chiedere di non bombardare dei bambini. Un conto è parlare alle persone, un conto è dover combattere per farlo. Questo governo ci costringe ad armarci per parlare. Ed è molto faticoso oltre che triste».

 

Visto che le donne che si buttano a capofitto nella satira politica sono abbastanza poche lei si è moltiplicata coi suoi personaggi, per aumentare la quota a partire dall’irresistibile Gina Francon, la portinaia di Palazzo Chigi che spara a zero a suon di grappa 
«La Gina è nata perché avevo l’urgenza di dire qualcosa che venisse ascoltato da tutti senza essere attaccato e che fosse in grado di proteggermi. Soprattutto perché la satira è anche il termometro di una democrazia. E quindi nel momento in cui capisci che devi usare degli strumenti, degli escamotage, vuol dire che c’è un problema. Non sono sicura che l’Italia abbia ancora chiaro cosa voglia dire fare satira».

 

 

Qual è la comicità che le scioglie il cuore?
«Ho fatto la scuola d’arte drammatica e non sapevo di essere un’attrice comica. L’ho capito dopo, frequentando i locali di cabaret che far ridere facendo satira era davvero la mia strada. I miei miti erano i Guzzanti, tutti e tre, Corrado Sabina e Caterina. E Paolo Rossi. Da piccolissima avevo una cassetta che ho consumato, e cantavo “Era meglio morire da piccoli soffocati da un bacio di Muccioli”, la ripetevo sempre a scuola e non sapevo neppure chi accidenti fosse Muccioli ma mi aveva folgorata. Insomma, se ci penso mi rendo conto che quella che amo davvero è la comicità si fa poesia, e ci provo sempre a unire questi due aspetti, ci si apre al punto che la risata si trasforma in pianto. Ecco questo faccio nei miei spettacoli, una continua condivisione di emozioni, che ti fanno salire per poi precipitare».

 

Ma con questo governo è più facile far ridere?
«In realtà io sento una grande fatica. Ogni giorno spuntano nemici e battaglie nuove che in realtà sono solo distrazioni di massa per colpire quello che poi sotto avviene, come una goccia che sfalda la solidità che dovrebbero avere i diritti. Pensiamo all’attacco alle famiglie arcobaleno, alla legge sull’aborto, è un continuo urlare e decostruire. Quindi io sento una grandissima pressione perché vorrei seguire tutto quello che accade e denunciarlo a mio modo ma non è possibile stargli dietro. A volte mi chiedo ma oggi non si potrebbe restare un po’ in pace, tranquille, essere felici e basta anziché stare attenti al prossimo attacco? Insomma sì, è facile far ridere di questi tempi ma anche molto più facile avere paura».

 

Sono parole importanti
«Ma le parole sono importanti! Noi conosciamo solo le cose che riusciamo a immaginare. Non abbiamo alcun problema a usare le parole inglesi però facciamo fatica a dire avvocata. Farebbe ridere se non fosse tragico, perché questo tipo di linguaggio ci spaventa come il cambiamento sociale che rappresenta. È un bel tema, non a caso ci ho scritto uno spettacolo che si chiama Pourparler con cui continuo ad andare in giro per l’Italia, , in cui mi riapproprio dei significati che intendo dare alle parole e li scardino».

 

Hai mai avuto problemi di censura?
«Su Instagram sta succedendo una cosa strana, i miei video da quando ho parlato di Gaza sono diventati invisibili a chi non mi seguiva già. È un problema che stanno denunciando in molti, anche se è difficile da dimostrare ma temo che per aggirare questo shadow ban sarò costretta a lasciare i social per un po’. Insomma la situazione della televisione pubblica è quella che è, se adesso anche i social cominciano a essere un terreno problematico la faccenda si complica».

 

I prossimi progetti?
«La cosa più imminente è un progetto che amo. Serena Dandini mi ha voluta insieme ad altre sei attrici, ognuna col proprio monologo per uno spettacolo il cui titolo è tutto un programma: “Vieni avanti cretina”».

 

Un ottimo caso in cui usare la splendida espressione “comicità al femminile”
«Mamma mia che fastidio. Non ci rendiamo conto quanto sia ridicolo ancora oggi sentire frasi come “Ora è il momento del comico donna”, una frase insensata. Ma che vuol dure? Siamo un caso a parte? Provi a immaginare se uno dicesse “Ora arriva il cameriere donna”, che razza di frase insensata sarebbe. Un po’ come credere che avere una presidente donna sia un valore in assoluto quando poi si fa chiamare come un uomo, non riconosce i diritti delle donne e oltretutto si circonda di persone misogine».

  

Cosa la preoccupa
«Non abbiamo strutturato il mondo pensando al mondo. Ce ne freghiamo sperando che alla fine ci penserà qualcun altro.Invece dovremmo provare a fare la nostra parte, giorno dopo giorno. Dobbiamo rallentare, prenderci il tempo necessario e dare una mano a questo povero pianeta. Io nel mio piccolo cerco di non usare l’aereo, uso i pannolini lavabili, le mutande mestruali, faccio insomma quel che posso».

 

Lei ha una bambina di due anni, Nina. Cosa se potesse farle un regalo cosa le donerebbe?
«Vorrei che Nina potesse crescere in un Paese capace di convivere con la natura, un Paese che la smetta di raderla al suolo. E vorrei augurarle di essere sicura, di crescere e vivere con l’autostima che le donne meritano».