Un archeologo di Ramallah trova una vecchia carta d'identità israeliana e cambia nome e vita. In un racconto «di trasferimento forzato, genocidio e razzismo» che ha conquistato la giuria internazionale del premio più influente della regione ed è in corso di traduzione in italiano. Ma che all'autore, Basim Khandaqji, potrebbe portare nuove punizioni

«Il romanzo vincitore esamina in ogni dettaglio una realtà complessa e amara fatta di frammentazione familiare, trasferimento forzato, genocidio e razzismo». È così che Nabil Suleiman, presidente della giuria dell’international Prize for Arabic Fiction, presenta “A mask, the colour of the sky” di Basim Khandaqji. E anche se conclude sottolineando che il libro si chiude su temi di «amore e amicizia come pilastri dell’umanità», l’importanza politica della scelta del vincitore del più importante premio letterario arabo è evidente. E dopo minuti di tensione silenziosa, il pubblico riunito al Fairmont Hotel di Abu Dhabi, anche i sostenitori degli altri cinque libri in gara, scoppia un applauso liberatorio. Perché, come si limita a dire il presidente, «sfortunatamente il vincitore non ha potuto essere presente a questa cerimonia»: Khandaqji infatti è da ventun anni in carcere in Israele.

 

A vent’anni, durante la seconda intifada, Khandaqji è stato condannato a tre ergastoli perché ritenuto colpevole di complicità con un attentatore suicida: gli avrebbe prestato la sua tessera universitaria per permettergli di uscire dalla West Bank ed entrare a Tel Aviv, dove si è fatto esplodere uccidendo tre persone. E forse non è una coincidenza che anche “A mask, the colour of the sky” parta da un documento scambiato: il "colore del cielo" è l'azzurro della carta d’identità israeliana che un archeologo di Ramallah, al lavoro sulla realtà storica di Maria Maddalena, trova in una giacca abbandonata. Ne approfitta per cambiare identità: Nur diventa Ur e si infiltra nella Israele ebraica per cercare di capirne la mentalità.

 

Per chi spera che la vittoria possa essere di buon auspicio per i colloqui di pace in corso in Egitto, il commento della editrice del romanzo, la libanese Rana Idriss di Dar al-Adab, arriva come una doccia fredda: «Già quando il libro è entrato nella shortlist, Basim è stato punito e messo in cella di isolamento, chissà cosa gli faranno ora…». Ma stasera è il momento della festa per lei e per Yousef, il fratello che ha aiutato Basim Khandaqji a diffondere i suoi scritti e che ha ritirato il premio. Un premio particolarmente ricco: 50mila dollari e sostegno per le traduzioni all’estero.

 

Idriss sta trattando i diritti per Francia, Spagna e per una traduzione in inglese. In Italia invece il libro era già stato comprato dalle edizioni e/o: Barbara Teresi, traduttrice dall’arabo della casa editrice, è al lavoro sull’edizione italiana che potrebbe quindi essere la prima edizione straniera del romanzo.