Le gaudenti note
C'è un nuovo strumento musicale, si chiama computer e pochi lo sanno suonare davvero
È diventato una presenza obbligata nelle nuove canzoni. A cui si sfugge solo con le ristampe. Che infatti sono sempre più frequenti. Da Springsteen a Celentano a Fabrizio De André
Lo ha detto A.G. Cook, uno dei personaggi più interessanti della scena contemporanea inglese: «Il computer è l’unico strumento folk di questa generazione», affermazione forte ma non priva di una certa evidenza, nel senso che ormai da tempo la musica si fa coi computer, e questo è fin troppo ovvio, ma l’affermazione sposta l’asticella un po’ più in alto perché ci dice che il computer non è più solo un mezzo col quale organizzare e ottimizzare il lavoro musicale, sostanzialmente fatto con gli strumenti di sempre, è proprio uno strumento, anzi “lo” strumento contemporaneo, per di più folk, ovvero viene suonato, è di per sé a suo modo espressivo, e questo sicuramente è un passaggio.
Ci dice, o meglio chiarisce ulteriormente l’impressione di essere passati definitivamente a una fase 2.0 della storia della musica. La musica è cambiata profondamente, nelle sue componenti essenziali, e il computer è lo strumento guida, lo strumento folk. Il contraltare di questa sensazione si intravede anche nel caso opposto, ovvero nella enorme quantità di classici che vengono ristampati in questo periodo.
Ne segnaliamo alcuni particolarmente interessanti. Il 7 giugno usciranno altri tre pezzi della discografia di Fabrizio De André: “Volume 8”, “Rimini”, e il disco senza nome comunemente chiamato “L’indiano”, ristampati in un formato speciale, in “audio spaziale” e con un booklet di accompagnamento. D’altra parte nello stesso giorno verranno ripubblicati ben sei album di Adriano Celentano e, trattandosi di lui, verranno stampati nel supporto Greenyl, un vinile prodotto con minore impatto ambientale. Tra questi “Il ragazzo della via Gluck”, “Azzurro”, “Svalutation”.
Segnaliamo tra le altre la pubblicazione di una edizione speciale per festeggiare i 40 anni di “Born to run” di Bruce Springsteen e abbiamo un’idea di quello che sta succedendo. La musica è cambiata e quella dei decenni passati tende a essere sempre più percepita come una sorta di classicità, anche se il termine, parlando di canzoni d’autore e di rock, sembra poco appropriato.
Succede semplicemente perché le cose che abbiamo citato - ma potrebbero essere i Beatles, i Pink Floyd o Lucio Dalla - oggi non ci sono, mancano, non esiste un equivalente di quelle musiche oppure qualcosa che ne abbia occupato il ruolo, la funzione, l’approccio. Quella musica non esiste più, detto senza alcuna nostalgia, come pura constatazione.
Oggi stiamo vivendo l’inizio di un ciclo completamente nuovo e questo aumenta quel senso di distacco che ci spinge a percepire i dischi di De André come classici. Oggi il folk è digitale.