Noi e voi
Tenetevi le vostre lezioni di moralità per voi: l'aborto non è una colpa
Un lettore di sinistra esprime dubbi sull'interruzione di gravidanza. E, senza accorgersene, rinnova tutti i luoghi comuni rilanciati dalle campagne della Destra
Cara Rossini,
68 anni, chirurgo ortopedico, non credente, votante a sinistra da sempre, sposato da tanto, due figli. Mi aiuti a capire e se le riesce non mi lapidi. Qualche settimana fa leggo nella sua rubrica la lettera di una signora che afferma con naturalezza di avere abortito due volte senza incertezza ma con sofferenza, in quanto educata alla padronanza del suo corpo, per non fare dei figli che non voleva. Credo di capire che il tema sia molto complesso e che andrebbe affrontato in modo diverso. Ma mi permetto chiederle: se la signora non voleva dei figli, fare attenzione prima, no? Del “proprio corpo” fa parte anche il feto o solo banalmente al 50 per cento? Non sarebbe etico, ove possibile, interpellare l’altra metà? E i figli avuti poi come li possiamo definire? Di serie A rispetto a quelli morti? Mi aiuti a capire la vulgata corrente secondo la quale abortire è comunque un diritto delle donne senza se e senza ma, e senza eccezioni. Colpevoli mai? E il delitto non c’è più?
Biagio Armando Fazio
La risposta di Stefania Rossini
Colpevoli mai, dottor Fazio, perché non c’è colpa nella rinuncia a fare un figlio. Ci possono essere dubbi, incertezze, sofferenze o anche spavalderie, ma non colpa, né tantomeno delitto. Da quando questo Paese ha reso legale l’interruzione di gravidanza lasciando alle persone la libera scelta, la donna che decide di sottoporsi a un aborto sa quello che fa e lo fa mettendo in conto anche il rimorso, il senso di assenza, forse il rimpianto. Lei riesce in poche righe a condensare tutte le rinnovate critiche e i rancori sul tema dell’aborto che, va ricordato, è ormai affidato in grande maggioranza a metodi farmacologici tempestivi e innocui. Invece questo governo e i suoi araldi ci impartiscono continue lezioni di presunta moralità che lei, come medico e persona di sinistra, non può non riconoscere come propaganda e nostalgia dei tempi più bui.
Per scriverci stefania.rossini@lespresso.it