Dal 9 al 13 maggio il mondo della lettura e grandi nomi della letteratura si danno appuntamento in Piemonte. Per una festa della cultura. Rinnovata nella direzione

«La nostra fame di vita è assai più grande della nostra capacità di ingestione», scriveva il grande Amos Oz, come ricorda l’antologia “Letteratura nei tempi inquieti” (Treccani): «Veniamo al mondo equipaggiati di occhi enormi. Questo è ciò che nutre l’immaginazione». E “Vita immaginaria” si intitola la 36° edizione del Salone internazionale del libro di Torino: la vita che popola la fantasia? O il suo contrario: la vita reale di chi abita i libri, li immagina, li scrive, li edita, li pubblica, li legge? «È un omaggio alla vita immaginaria in tutte le sue forme: al suo modo creativo, malinconico, fiducioso e sempre nuovo di creare altri mondi e di farli incontrare, sperando perfino che qualcuno di essi possa diventare reale», chiarisce Annalena Benini, direttrice editoriale per il triennio 2024-2026. E organizzatrice di un Salone con tutte le carte in regola persino per vincere il confronto con l’edizione record del 2023, diretta per l’ultimo anno da Nicola Lagioia e chiusa a 215 mila visitatori.

 

Un quarto padiglione del Lingotto aperto, 2.000 ospiti, 1.200 eventi, attenzione alle nuove tendenze - audiolibri, selfpublishing, TikTok Book Awards - Aie e editori pronti a confrontarsi sull’andamento della più grande industria culturale del Paese, la città a essere inondata da centinaia di appuntamenti: in teatri, ex fabbriche, piazze, giardini. Una squadra di sette curatori presidia altrettante sezioni: nomi di garanzia come Melania Mazzucco (Arte), Alessandro Piperno (Romanzo), Teresa Cremisi (Editoria), Erin Doom (Romance), Francesco Piccolo (Cinema), Francesco Costa (Informazione), Luciana Littizzetto (Leggerezza). E la Natalia Ginzburg insolita e potente degli scritti non narrativi per nume tutelare: gentile, acuta. E, forse, spia di intenti. Almeno a dare retta a Cesare Garboli che definì “Vita immaginaria” «un addio, un requiem per la virilità: o troppo esausta, nel nostro secolo, o troppo infantile».