Il commento
Recital, musical, video demenziali: e questa sarebbe una campagna elettorale?
Leader e candidati alle Europee sono impegnati in autentiche tournée in cui trionfa il populismo trasversale. Che ha come tratto comune la teatralite, malattia infantile dell’ego-politica
Dalla politica-spettacolo allo spettacolo (integrale, come avrebbe detto il filosofo del situazionismo Guy Debord) della politica. Letteralmente, perché l’ultima frontiera consiste nella tournée, e in una galassia di “eventi” di vario genere che si svolgono sui palchi dei teatri. In queste settimane di ulteriore intensificarsi della campagna elettorale – che di suo è già permanente – per le Europee, stiamo assistendo a un’ennesima commistione di generi (ed escalation comunicativo-propagandistica) che ci racconta molto delle metamorfosi di una politica fondata su eletti che si ritrovano tali con sempre meno elettori – e, dunque, sempre minore legittimazione popolare, a dispetto di tanti proclami populisti. E, infatti, la politica come siparietto a teatro in queste giornate si rivela particolarmente gettonata dai neopopulisti, anche se non risulta praticata soltanto da loro e – come, peraltro, varie cose in materia in Italia – mostra un certo grado di trasversalismo.
Il catalogo (anzi, il repertorio) è assai vario e per tutti i gusti. Giuseppe Conte gira video nei quali, con aria un po’ spiritata, colpisce un pallone giallo (il cromatismo dei 5 Stelle) e soprattutto – forse volutamente emulo di Beppe Grillo – ha avviato un tour elettorale di monologhi nelle sale teatrali. Una scelta comunicativa in linea con la sua spiccata predilezione per il format «one man show», ma non esattamente la volata più utile per i candidati pentastellati così completamente oscurati. Luigi de Magistris, l’ex sindaco di Napoli e leader di Dema, sta calcando i palcoscenici con uno «spettacolo di teatro civile» (eminentemente autobiografico, e realizzato dalla Loft Produzioni, longa manus nello show business del Fatto quotidiano) intitolato “Istigazione a sognare”.
Continua incessante – un’altra tournée a tutti gli effetti – la presentazione del libro del generalissimo Roberto Vannacci, pezzo forte della sua campagna elettorale. Goffredo Bettini, teorico per antonomasia dell’«alleanza organica e strutturale» giallorossa (che allo stato delle cose sarebbe più appropriato etichettare come strutturalmente disorganica), ha presentato il suo ultimo libro all’auditorium Parco della Musica capitolino. Nella sua recente kermesse romana una “pimpante” Forza Italia ha fatto canticchiare i propri dirigenti sulle note dei Ricchi e Poveri (categoria: musical). E non poteva mancare il pirotecnico Cateno De Luca, anch’egli in tour lungo la Penisola in versione camperista. E, oltreoceano, l’incontenibile (e devastante) Javier Milei, presidente di un’Argentina risprofondata nella crisi, si esibisce in un “recital musicale” per presentare il suo ultimo libro – ossia «poco panem e molti circenses», come ha commentato Dagospia.
La ricerca di un rapporto sempre più disintermediato (in questo caso da foyer) con i cittadini-elettori prosegue. Per dirla con la formula del politologo Bernard Manin, siamo spettatori della vera «democrazia del pubblico» nel senso teatrale. Se la teatralite è la malattia infantile della politica-spettacolo, di certo rappresenta anche una manifestazione ulteriore dell’iperpersonalizzazione. Nonché dell’ego-politica e di quel pizzico di narcisismo (per usare un eufemismo…) senza il quale, in genere, non si diventa capi partito.